Stamani c'era un cielo che più blu non si può, sole splendente a tutto tondo, raggi caldi entrano nella stanza ed illuminano tutto. Nel silenzio di una domenica mattina oziosa improvvisamente dei suoni indistinti arrivano da lontano, appena percettibili prima, poi sempre più precisi e forti. Spalanco la finestra e mi affaccio, un artista di strada appoggiato ad un lampione sveglia con la sua tromba la strada sonnecchiosa e pigra e la musica poco a poco invade tutto come i fiocchi bianchi e timidi di una nevicata improvvisa, come le primule appena fiorite che sembrano dire,- eccoci qua, è arrivata la primavera-. Le note di Besame mucho, la vie en rose, tea for two si disperdono nell'aria, entrano dalle finestre aperte, dalle fessure di quelle chiuse, dalle intercapedini dei muri, circolano per i cortili, si poggiano su sedie, divani e libri, si infilano ovunque e volano leggere. Che meraviglia-ho pensato- sono proprio a Parigi, quella delle foto di Cartier-Bresson, di Prévert e di Brassens, quella di Gérard Philippe e Marcel Carné.
La casetta nuova di Francesco " parva sed apta mihi" è stata una bellissima sorpresa, sembra finalmente una spazio umano e non più la grotta di un bonzo himalayano in procinto di dissolversi nel nirvana. C'è una saletta, una minuscola camera da letto, un corridoio, un bagno solo per magri (soprattutto per usufruire del water dovrò perdere qualche chilo) e un angolo cucina, 32 metri quadri, ma tagliati benissimo.Se penso al suo antro dell'epoca di Normale Sup, al casino imperante di Tegucigalpa, all'anonimato di Madrid, alle possibili piattole del monolocale precedente di Parigi (poltrona raccattata per strada che aveva molte avventure da raccontare), qui, veramente, mi sembra di essere in un 5 stelle extralusso, ma soprattutto sa finalmente di casa. Il proprietario precedente gli ha lasciato in eredità un sacco di cose: 8 piatti di cui 3 uguali, due tazzone bianche per il caffè con una terza uguale senza manico, il bollitore per l'acqua, televisione ( subito regalata all'indiano che pulisce l'immobile), stoviglie a volontà, pentole basic, 4 sedie (due all'indiano), un microonde-forno (sono in trattativa per farglielo tenere ), un letto con materasso comodissimo. La Slide ha fatto il resto, due tavoli, tre sedie, libreria, insomma, mangiamo seduti a tavola, una conquista non indifferente. Per prendermi in giro ho trovato al mio arrivo scatole di pasta e di muesli con fiori di cartone ritagliati messe sui ripiani a mò di decorazione, cosa non fà un figlio per quietare una terribile madre ebrea!!!! Filiamo d'amore e d'accordo e camminiamo per strada mano nella mano, una vera delizia, come gli innamorati di Peynet. Francesco non dice nulla se mi accendo l'ennesima sigaretta ( posso perfino fumare in casa, un vero privilegio), se guardo una vetrina ed entro in un negozio, se compro l'insalata già lavata nel sacchetto, se non mangio fave, ceci, fagioli, piselli secchi che lui da buon vegetariano consuma a quantità industriali; da parte mia, accetto di mangiare sempre in casa invece che nei ristorantini come mi piacerebbe, non gli ho comprato il portasapone, una tovaglia per il tavolo, la centrifuga per l'insalata, i tovaglioli di carta, uno stend-ibiancheria (appendo mutande e calze lavate dove capita), utilizzo con consumata disinvoltura l'unico strofinaccio quasi reperto archeologico;insomma c'è uno sforzo reciproco di accettazione e non invasione, la base per andare d'accordo, volersi bene non basta (ci abbiamo messo del tempo per capirlo, ma alla fine ci siamo arrivati). La posizione è eccezziunale veramente, place de la Bastille, possiamo fare tutto a piedi: il Marais attaccato, al Louvre in venti minuti, ile saint Louis o della Cité, rive gauche con Montparnasse, quartiere latino e Saint Germain de Prés in mezz'ora e poi è al quinto piano (luminosissimo) con ascensore, proprio non male per le vecchie case parigine. Dalla finestra in rue de la Roquette, animatissima notte e giorno, si vedono una miriade di tetti, il teatro Opéra-Bastille e la parte terminale della Colonna di luglio di place de la Bastille con un angelo tutto dorato in cima.
C'è la Parigi sfavillante delle vie del lusso, case di moda, gastronomia e boutique mirabolanti, quella monumentale dei palazzi del potere e della storia, quella culturale di università, teatri, musei ed istituzioni, quella verde di parchi e giardini che non finiscono di stupire per la cura e la ricchezza floreale, quella frenetica che corre a mille all'ora al ritmo di una metropoli mondiale, ma non ne parlerò, molti la conoscono o potranno comunque scoprirla da soli. Parlerò invece di una Parigi vista dal buco della serratura, microstorie o microimmagini rivelatrici però di uno dei mille mondi che fanno unica la ville lumière.
Nel XII c'è il marché d'Aligre, uno dei più economici della capitale, bancarelle di frutta e verdura a profusione. Nella sua parte coperta, Francesco ha scoperto il posto associativo la Commune libre d'Aligre, un luogo d'incontro del quartiere che funziona così: chi vuole si propone per cucinare una serata una cena completa, antipasto,piatto, dessert per tutti, 25-30 persone in settimana, una cinquantina il week-end. Il pasto non deve costare più di 3 euro, massimo 3 euro e cinquanta che ti vengono rimborsati, puoi portarti amici o famiglia ad aiutarti oppure l'associazione ti trova qualcuno, se poi suoni o fai uno spettacolino sei superbenvenuto. L'ho trovato geniale, conosci gente, dai vita al quartiere, valorizzi delle risorse che magari non sai di avere. Antipasto di mozzarella (il filone da pizza che costa di meno) e pomodori, pasta con cavolfiore pinoli ed uva passa, pere al vino, il menù proposta che potrei lanciare se abitassi qui, dovrei starci dentro coi costi.
Nel 10ème arrondissement ci sono la rue Saint Denis e rue du Faubourg Saint Denis. Naturalmente non sono chic per niente, sennò Francesco non mi ci avrebbe portato. Caos e sporcizia presenti, ma sotto controllo, molte signore e signorine sembrano disponibili per il mestiere più antico del mondo, certe facce d'uomo francamente non vorrei incontrarle a mezzanotte. Sfilano tutte le razze ed i colori, si va dal giallo al nero intenso con tutte le gradazioni intermedie, occhi a mandorla, all'insù ed all'ingiù, zigomi sporgenti, in dentro in fuori, pronunciati e non, repertorio infinito di nasi. Ho visto perfino un tuareg, i mitici uomini blu del deserto, tutto inturbanato di blu come Lawrence d'Arabia, spuntavano solo gli occhi, due carboni ardenti, jallabà lunga fino ai piedi. Ho cercato al suo fianco l'inseparabile cammello, ma non c'era, per inoltrarsi nel deserto metropolitano servono altri mezzi. Un'amica di Francesco che abita da quelle parti mi ha detto che alla demografia della strada manca un esquimese, ha ragione, non l'ho visto neanch'io. Ci sono due passages (Parigi ne offre tantissimi e molto belli) le Passage du Prado e le Passage Brady, assolutamente all'altezza come eterogeneità alle strade cui appartengono.
A Porte de la Chapelle c'è il quartiere indiano, sari, ristorantini, stoffe colorate, attori sorridenti di Bolliwood, gioielli e bigiotteria improbabile, Ganesh di tutte le dimensioni, odore inebriante d'incenso; francamente mi chiedo che cosa sono andata a fare fino in Kerala, l'India è qui, vicinissima, con uno spaccato completo e credibile.
Al limite del Marais, in rue de Bretagne, l'interessante Marché des Enfants Rouges: tanti chioschi, specialità di ogni paese, la possibilità di portar via o mangiare sul posto. Infine vicino a boulevard Barbès, il quartiere più sgarrupato di Parigi, per i coraggiosi c'è da visitare Chateau Rouge, tutto rigorosamente africano, pelle bianca rara, circolazione notturna a proprio rischio e pericolo. Francesco ha qui i suoi fornitori abituali di manioca, dentro il negozio una puzza di pesce affumicato.... no comment!
Due librerie da non perdere: Shakespeare and Company sul quai attaccato a Notre-Dame. Vecchia storica libreria inglese, grande fascino, un appartemento pieno di stanze e grondante di libri, poltrone squinternate per chi vuole leggere sul posto. Fino a pochi anni fa il viaggiatore di passaggio sprovvisto di giaciglio trovava ospitalità. E' stato il luogo parigino per eccellenza della mitica beat generation, da Ginsberg a Corso e Borroughs, ma ci andavano anche Hemingway, Ezra Pound, Gertrude Stein. I mostri sacri della ribellione poetica erano visibili anche al Relais Hotel Vieux Paris ed alla libreria, entrambi in rue Git le Coeur, quest'ultima uno spazio talmente saturo di libri che l'accesso è un'ardua impresa.
Consiglio d'amica: trovare sempre il tempo per prendere un the alla menta alla Grande Moschea di Parigi, accanto al Jardin des Plantes.
Povero Baudelaire, il poeta più grande (secondo me, s'intende). Al cimitero di Montparnasse è in una modestissima tomba con madre e patrigno. Sulla lapide per l'odiato ed odioso patrigno, il generale Aupick, 7 righe di titoli ed onoreficenze, per il gigantesco poeta solo "figliastro del generale, età e data di morte". Così va il mondo.
Ho pensato però che il mio spleen è molto fortunato, non sta chiuso fra le 4 mura di una stanza o nel bistrot sottocasa, non vede sempre quel "ciel bas et lourd", io lo faccio viaggiare, lo porto in giro per il mondo.
Nel XII c'è il marché d'Aligre, uno dei più economici della capitale, bancarelle di frutta e verdura a profusione. Nella sua parte coperta, Francesco ha scoperto il posto associativo la Commune libre d'Aligre, un luogo d'incontro del quartiere che funziona così: chi vuole si propone per cucinare una serata una cena completa, antipasto,piatto, dessert per tutti, 25-30 persone in settimana, una cinquantina il week-end. Il pasto non deve costare più di 3 euro, massimo 3 euro e cinquanta che ti vengono rimborsati, puoi portarti amici o famiglia ad aiutarti oppure l'associazione ti trova qualcuno, se poi suoni o fai uno spettacolino sei superbenvenuto. L'ho trovato geniale, conosci gente, dai vita al quartiere, valorizzi delle risorse che magari non sai di avere. Antipasto di mozzarella (il filone da pizza che costa di meno) e pomodori, pasta con cavolfiore pinoli ed uva passa, pere al vino, il menù proposta che potrei lanciare se abitassi qui, dovrei starci dentro coi costi.
Nel 10ème arrondissement ci sono la rue Saint Denis e rue du Faubourg Saint Denis. Naturalmente non sono chic per niente, sennò Francesco non mi ci avrebbe portato. Caos e sporcizia presenti, ma sotto controllo, molte signore e signorine sembrano disponibili per il mestiere più antico del mondo, certe facce d'uomo francamente non vorrei incontrarle a mezzanotte. Sfilano tutte le razze ed i colori, si va dal giallo al nero intenso con tutte le gradazioni intermedie, occhi a mandorla, all'insù ed all'ingiù, zigomi sporgenti, in dentro in fuori, pronunciati e non, repertorio infinito di nasi. Ho visto perfino un tuareg, i mitici uomini blu del deserto, tutto inturbanato di blu come Lawrence d'Arabia, spuntavano solo gli occhi, due carboni ardenti, jallabà lunga fino ai piedi. Ho cercato al suo fianco l'inseparabile cammello, ma non c'era, per inoltrarsi nel deserto metropolitano servono altri mezzi. Un'amica di Francesco che abita da quelle parti mi ha detto che alla demografia della strada manca un esquimese, ha ragione, non l'ho visto neanch'io. Ci sono due passages (Parigi ne offre tantissimi e molto belli) le Passage du Prado e le Passage Brady, assolutamente all'altezza come eterogeneità alle strade cui appartengono.
A Porte de la Chapelle c'è il quartiere indiano, sari, ristorantini, stoffe colorate, attori sorridenti di Bolliwood, gioielli e bigiotteria improbabile, Ganesh di tutte le dimensioni, odore inebriante d'incenso; francamente mi chiedo che cosa sono andata a fare fino in Kerala, l'India è qui, vicinissima, con uno spaccato completo e credibile.
Al limite del Marais, in rue de Bretagne, l'interessante Marché des Enfants Rouges: tanti chioschi, specialità di ogni paese, la possibilità di portar via o mangiare sul posto. Infine vicino a boulevard Barbès, il quartiere più sgarrupato di Parigi, per i coraggiosi c'è da visitare Chateau Rouge, tutto rigorosamente africano, pelle bianca rara, circolazione notturna a proprio rischio e pericolo. Francesco ha qui i suoi fornitori abituali di manioca, dentro il negozio una puzza di pesce affumicato.... no comment!
Due librerie da non perdere: Shakespeare and Company sul quai attaccato a Notre-Dame. Vecchia storica libreria inglese, grande fascino, un appartemento pieno di stanze e grondante di libri, poltrone squinternate per chi vuole leggere sul posto. Fino a pochi anni fa il viaggiatore di passaggio sprovvisto di giaciglio trovava ospitalità. E' stato il luogo parigino per eccellenza della mitica beat generation, da Ginsberg a Corso e Borroughs, ma ci andavano anche Hemingway, Ezra Pound, Gertrude Stein. I mostri sacri della ribellione poetica erano visibili anche al Relais Hotel Vieux Paris ed alla libreria, entrambi in rue Git le Coeur, quest'ultima uno spazio talmente saturo di libri che l'accesso è un'ardua impresa.
Consiglio d'amica: trovare sempre il tempo per prendere un the alla menta alla Grande Moschea di Parigi, accanto al Jardin des Plantes.
Povero Baudelaire, il poeta più grande (secondo me, s'intende). Al cimitero di Montparnasse è in una modestissima tomba con madre e patrigno. Sulla lapide per l'odiato ed odioso patrigno, il generale Aupick, 7 righe di titoli ed onoreficenze, per il gigantesco poeta solo "figliastro del generale, età e data di morte". Così va il mondo.
Ho pensato però che il mio spleen è molto fortunato, non sta chiuso fra le 4 mura di una stanza o nel bistrot sottocasa, non vede sempre quel "ciel bas et lourd", io lo faccio viaggiare, lo porto in giro per il mondo.
Ciao Sara, sei sempre magnifica, leggerti è un piacere, ci fai viaggiare con te, condividere le tue emozioni... che MERAVIGLIA! Bello il nido di Francio, vedi, mai dire mai.
RispondiEliminaDopo ciei azzurri cavalcati da nuvole lievi, mare da sogno, profumi di calda estate,spiaggie vuote o quasi, sono rientrata nel grigio di Milano...Tu quando rientri???
Un bacio grande, ma proprio grande, a te e a Francesco,alida