La globalizzazione avrà certo i suoi buchi neri, ma è fantastico pensare che alle 6 del mattino ho preso il Malpensa Express in piazza Cadorna ed alle 15,30 ero in Rehov Ben Yehuda al 121, seduta sul divano del mio nuovo appartamentino sorseggiando una tazza di nescafè calda, sigarettina in bocca, of course, e una fettina di strudel portatomi da mia cugina Tami in segno di benvenuto.
Gerusalemme è unica, città magica, spirituale, mistica, bellissima, e nei mesi torridi dell'estate più fresca e vivibile perche situata sulle alture, ma nello scegliere la mia base non ho esitato un attimo, Tel Aviv alla grande. "Gerusalemme prega e Tel Aviv si diverte", recita non a caso un vecchio detto. Come si fa a vivere dove la religione spunta da ogni pietra, (anzi, 3 religioni) l'aspirazione alla santità rende tutto e tutti più austeri, per non dire intolleranti. A Tel Aviv, secolare, godereccia, irrequieta, irriverente, si può invece peccare in santa pace, lo fanno tutti, ho visto certi wurstel di Francoforte rosolare sulle griglie e di sabato, il sacro giorno del riposo, qui le spiagge sono affollate mentre a soli 80 kilometri si sta tutto il tempo davanti al Muro del Pianto e poi ho ancora un sacco di problemi da risolvere nell'al di qua, figuriamoci se mi cimento anche con l'al di là.
Il mio residence, Ben Yehuda Apartments, è formato da due stabili di quattro piani, a parte i nuovi grattacieli, tutta l'architettura della città è piuttosto bassa. Uno è stato restaurato ed è chicchissimo con prezzi corrispondenti, l'altro è di mattoni rossi, delabré e un pò malconcio, sto naturalmente in quest'ultimo. Certo, non abbastanza raffinato per la mia amica Thea, quando dopo i ragazzi verrà a trovarmi, ma ideale per Francesco, trappista notorio; pensavo anzi che prima del suo arrivo potrei stracciare un pò la moquette e fare qualche macchia unta sui muri, risulterà così ancora più autentico, come piace a lui. Spartano e in miniatura, nell'appartamentino c'è tutto: miniangolo cucina con bollitore, piastra elettrica, microonde, piatti e bicchieri perfettamente sparigliati, vasca da bagno moderatamente sbeccata, salottino con divano letto, tele, tavolo per 4, il mio pc milanese sempre in funzione, camera da letto con mega armadio. Purtroppo sulle ante c 'è anche un grande specchio, scomodo memento dei chili di troppo, ma pazienza, se tutto deve scorrere, come dicono i saggi di ogni latitudine, lasciamo fluire anche la ciccia. La posizione è eccezziunale veramente, sette minuti a piedi dal mare e quattro dal centro, centrissimo, la Dizengoff street, grande arteria alberata come i boulevard parigini, cuore pulsante della città per movimento, caffè, negozi. Neanche disfatta la valigia, ci sono andata subito ieri pomeriggio, perchè purtroppo alle 6 il sole se ne era già andato, troppo tardi per la spiaggia. Caffè e terrazze all'aperto super affollate, gioventù vivace e bella, molti cani senza guinzaglio, come piace a me, gatti immensi e gioviali che passeggiano indisturbati. Mi ha colpito in particolare il numero di boutique con abiti da sposa e da sera, ma qui si sposano sempre? fanno festa sempre? e poi devo scrivere dei negozi di pedicure e manicure; d'apprima ne ho visto uno, da una parte fila di banchetti con mani, unghie e smalti a profusione, dall'altra le donne gambe in aria, le ragazze chine a lavorarci sopra, un'orgia di alluci e talloni . Credevo fosse un nuovo istituto estetico studiato così dall'ultimo architetto di grido, ma poi in giro per le strade ne ho visti altri di negozi concepiti uguale, merce e clienti dietro grandi vetrate totalmente a vista, assenza assoluta di privacy. Dalla strada, naso appiccicato alla vetrina, ho fatto ok con la mano ad una futura kamikaze della vita a due che si provava un vestito bianco con strascico che le stava benissimo, ma mi domando: nel mio girovagare, mi capiterà di vedere anche una visita ginecologica in diretta? Oltretutto di solito nei paesi caldi, le architetture prevedono finestre piccole, per proteggere dal sole e dal caldo, qui invece il contrario, anche nelle case prevalgono sempre vetri e vetrate di grandi dimensioni rispetto alla muratura.
In questi primi giorni non ho voglia di fare troppo la turista, preferisco lasciarmi vivere, andare in giro a caso, dimenticare la Lonley Planet, osservare la gente nei suoi movimenti quotidiani. Scoperto il bellissimo parco sul fiume Yarkon, rematori in canoa sotto un cielo colorato di rosso tramonto, sembrava di essere sulla Senna, in una piazza mercatino delle pulci, Gastone, ti ci porterò senz'altro, lunghissima passeggiata sul lungomare bello e semplice, rivestito solo di legno. Cena a base di omlette con patate e cipolle e insalata araba, pomodori sbucciati e tagliati piccoli piccoli con cetrioli, insieme è d'obbligo un cosiddetto capuccino tutto latte, molta schiuma e quasi niente caffè. Questo menù non l'ho scelto io, è esattamente quello delle mie due vicine di tavolo. La lista era tutta scritta in ebraico, come fare? ho guardato a fianco, ho puntato l'indice ed ho detto:" the same".
C'è sempre qualcuno che mi chiede se venire in Israele è pericoloso. Non credo proprio, la gente vive normalmente, c'è ora atmosfera serena nell'aria; francamente credo sia molto più rischioso prendere la metropolitana a Milano, fare una passeggiata con possibilità stupro a Roma, circolare di sera nella zona pedonale di Nizza, con un altissimo tasso di microcriminalità. Certo, quando entri in uno spazio pubblico, in un grande magazzino, in una stazione, ti controllano all'ingresso la borsa, questione di abitudine, può succedere che nella sacca c'è chi mette una bomba invece che le patate.
Per finire una storiella che il giornalista Lorenzo Cremonesi ha scritto ieri sul Corriere della Sera, la dice lunga sul modo di pensare da queste parti: un rabbino, particolarmente intraprendente è solo in mezzo a un'isola deserta. Ma presto si organizza per pescare, raccogliere acqua piovana, coltiva persino la terra. Alla fine costruisce due sinagoghe. -Come mai due?- gli chiederanno incuriositi i salvatori, anni dopo. Risposta: " Perchè nella seconda io non metterò mai piede".
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