Di tutte le proposte museali, le case d'artista sono in assoluto quelle che preferisco. Magari sono polverose e trasandate, magari necessiterebbero di un restauro, spesso rimangono poche opere perché i capolavori sono finiti nei prestigiosi musei del mondo o presso fortunati collezionisti, ma senza voler fare parapsicologia da quattro soldi, hanno un'anima, c'è lo "spirito loci" che aleggia e qui sta il bello. Ho goduto del privilegio di vederne diverse, da quelle di Hemingway a Key West e Cuba a quelle di Goethe a Francoforte e Weimar (dove c'è anche la casa di Schiller), dalle costruzioni Bauhaus a Dessau dove hanno vissuto Klee e Kandinsky allo studio di Freud a Vienna e Londra fino alla dacia di Cechov l'estate scorsa a Yalta per non parlare del cabanon di Le Corbusier e della straordinaria casa-fondazione di Henry Moore a una trentina di chilometri da Londra e ogni volta è stato un incanto, non sono mai stata delusa, i luoghi parlano e raccontano delle persone che li hanno abitati e questa atmosfera particolare e familiare, nessun museo la può restituire.
Per una grave forma di artrite gli arti inferiori di Renoir si paralizzano, il Maestro vede con terrore deformarsi progressivamente anche le mani e teme il momento in cui non potrà più tenere il pennello fra le dita; ha bisogno di caldo e con la moglie Aline ed i tre figli, comincia a frequentare il sud, vicino al Mediterraneo. Soggiorna a Magagnosc, Cannet, Nizza e infine nel 1907 acquista il "Domaine de Collettes" a Cagnes-sur-mer, una fattoria modesta ma con tre ettari di terreno fitti fitti di aranceti ed ulivi secolari.
Renoir adorerà l'olio di quegli ulivi, lo chiama "un régal des dieux" un ricco dono degli dei. Versato su una fetta di pane grigliato caldo con un pizzico di sale sarà sempre il primo a gustare la nuova spremitura dell'anno come racconta il figlio Jean, famoso cineasta nel suo commovente libro di ricordi "Pierre-Auguste Renoir, mon père" (ed folio Gallimard). Nel grande parco viene costruita una casa con tutte le comodità dell'epoca, per il pittore un grande atelier interno ed uno esterno tutto vetrate. Ogni angolo un diverso riflesso di luce, un nuovo spunto interpretativo.
Secondo i ricordi del figlio Jean, Cagnes-sur-mer ai tempi di Renoir era un villaggio di prosperi contadini, non si interessavano alla pittura dell'illustre artista che con loro si sentiva a proprio agio informandosi di come era andato il raccolto, ognuno possedeva il suo giardino con l'orto, le galline ed i conigli, i fiori degli aranceti venivano raccolti per le profumerie di Grasse, i pescatori vendevano le alici argentate appena tolte dalle reti che per Renoir erano "le migliori al mondo".
Una casa semplice, una vita semplice, come semplice era l'artista, eppure viveva su una sedia a rotelle, dipingendo fino all'ultimo soffio di vita scorci di natura, i figli che giocavano e crescevano e l'universo femminile, sue modelle sovente le cameriere che giravano per casa, "purché il loro incarnato non respingesse la luce":
"Ces sont des études d'après mes bonnes. J'en ai eu quelques-unes d'admirablement faites, et qui posaient comme des anges. Mais il faut ajouter que je ne suis pas difficile. Je m'accomode fort bien du premier cul crotté venu...pourvu que je tombe sur une peau qui ne repousse pas la lumière" (Ambroise Vollard: En écoutant Cézanne, Degas, Renoir ed. Les Cahiers Rouges Grasset). Le mani malate del pittore dalla pelle sempre più sottile e fragile vengono avvolte in panni per poter in qualche modo agguantare il pennello senza essere ferito dalla durezza del legno del manico.
Renoir amava ricevere, (da lui si mangia la miglior zuppa di pesce, la bouillabaisse, sostiene il pittore Caillebotte), Renoir amava la gente, la casa era sempre piena ed a Collettes sfileranno estimatori (Jean racconta di un giapponese venuto a piedi dalla frontiera italiana per vedere il Maestro all'opera), numerosi artisti, da Cézanne a Matisse, i più grandi mercanti d'arte dell'epoca, i Durand-Ruel, i Vollard, i Bernheim, quelli che hanno creduto negli impressionisti e li hanno sostenuti e fatti conoscere quando in Europa non li voleva ancora nessuno, mercanti divenuti nel tempo amici dell'artista. A Collettes Renoir dipingerà "Les grandes Baigneuses" , opera che l'artista ritiene essere quella della maturità, un momento d'arrivo e di completezza della sua cifra artistica. Alla morte del padre i figli decidono di donarla al Louvre che all'inizio -scrive sempre Jean- declina l'offerta, i responsabili del museo trovano i colori del quadro troppo "chiassosi". Solo l'offerta di acquisto da parte del magnate di Filadelfia Barnes, naso fino e meno miope dei professoroni europei, fa cambiare idea e il dono viene infine accettato dal tempio dell'arte, dov'è tuttora.
"Cagnes semblait attendre Renoir et lui-meme l'adopta, comme on se donne à une fille dont on a revé toute sa vie et que l'on découvre à sa porte après avoir parcouru le monde entier. L'histoire de Cagnes et de Renoir est une histoire d'amour.... (Jean Renoir: Pierre-Auguste Renoir, mon père)
A Cagnes in lontananza si scorgevano le montagne che Renoir amava, ma da lontano, sullo sfondo, come nei quadri di Giorgione, soleva dire. Dalla terrazza a Collettes poteva invece godere di questo panorama; nelle belle sere d'estate si metteva con la famiglia a guardare i pescatori che rientravano al porto ed era sempre Renoir a scorgere la prima barca.