Mentre me ne sto mollemente sparapanzata, tutte le mattine verso le 10 vedo avanzare tranquille a piedi le donne, arrivano dal loro villaggio di pescatori all'estremità della spiaggia. Stanno andando al loro posto di lavoro, tre bancarelle a cinque metri dall'acqua e a dieci metri dalla fila di sedie a stradio del resort, per non disturbare, niente a che vedere con la solerte invadenza indiana.
Per tutto il giorno, non si muoveranno di lì, mi chiedo del resto come facciano. Accolgono sorridenti chi vuole vedere le loro conchiglie e collanine senza mai insistere per far comprare la turista curiosa dalla pelle rossa come un gambero, chiacchierano e ridono tra loro, pranzano, accudiscono i bimbi più piccoli accoccolati ai loro piedi.
Le più fortunate all'imbrunire saranno raggiunte dal consorte in bicicletta ed insieme si avvieranno tutti verso casa. Eccola qui una giornata di lavoro delle ambulanti di Ngapali. Si chiudono gli ombrelloni, in pochi istanti si raccolgono e si mettono nella sporta o su un cesto in testa le mercanzie, le esili strutture di legno delle bancarelle rimangono infilate nella sabbia a ricordare che domani è un altro giorno e si ricomincia.
Passo delle ore ad osservare queste donne e i loro ritmi composti scanditi da albe e tramonti. Non posso non pensare alle ore quotidiane che un parigino o un londinese o un metropolitano qualunque del pianeta terra passano in metropolitana, nei treni, sugli autobus e la sera torni a casa, mangi e t'abbiocchi davanti alla tele col telecomando in mano perché non hai la forza di fare altro. Non posso non pensare a tutti quelli che rinchiusi nella loro scatola di metallo a quattro ruote ai semafori si mettono regolarmente le dita nel naso e imprecano contro il traffico, contro quello davanti che non avanza, contro le lancette dell'orologio che invece avanzano sempre troppo in fretta.
Camminando lungo la spiaggia e al ritorno per l'unica via all'interno che costeggia il mare, ci spingiamo fino al villaggio giù in fondo, i pescatori sono in mare, le transenne di legno non hanno le reti stese. Si potrebbe anche andare in barca su delle isolette di fronte e fare snorkeling, ma siamo troppo pigre. Durante il percorso incontriamo di tutto: un carretto sulla spiaggia, giovani con le fascine in spalla, chi stende il pesce ad asciugare al sole, chi porta la moglie a spasso in sidecar a pedali, i bambini che ci fanno le boccacce, chi porta in giro il vitello, chi il maiale.
La sera, sciambola!, invece di pasteggiare nel nostro relativamente costoso resort dalla cucina internazionale ed i tovaglioli bianchi, con Gastone ce ne veniamo sempre a cenare da una famigliola che ha piazzato tre tavoli direttamente sulla spiaggia e che con maledette squisite noccioline che quando cominci non ti puoi fermare, riso e pesce alla griglia ti offre piedi nella sabbia e tutto l'oceano davanti agli occhi.
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