Siamo a Moso, in un garni molto basic ai limiti del paese sulla strada che porta al Passo di Monte Croce al confine con la Carnia, ma questa è la vista di cui godiamo dal nostro balcone e vale di più di un hotel a 35 stelle: la Val Fiscalina, le Dolomiti di Sesto, un minuscolo orto, i covoni di fieno che asciugano al sole. Una volta ancora sorge un desiderio dal profondo di dire "grazie" a tanta bellezza che riempie gli occhi e non solo quelli.
Al nostro garni Bergland la prima colazione propone pane nero e bianco, burro, marmellata, yogurt, prugne nere cotte, muesli, fettine di formaggio e speck, è già tantissimo. Ma durante la settimana di dolci non ce ne sono, strudel e pandolce compaiono solo la domenica ed ho pensato che questo mi piace molto. Ormai sulle tavole c'è sempre di tutto, specialmente negli alberghi, le cose hanno perso la loro preziosità, risultano scontate. Questo invece fa ricordare che non tutti i giorni sono uguali, non è festa tutto l'anno, la domenica è un'altra cosa.
Certo avevo trascurato un particolare e cioè che non si tratta di una vacanza "rilassante" poiché l'amica Gastone ha antenati stambecchi, è una donna bionica, criptonite scorre nelle sue vene, non certo banale sangue rosso come nelle mie, morire prime di pronunciare l'aggettivo "stanca". E così mi ritrovo ad arrancare per monti e valli con la lingua di fuori, quadricipiti indolenziti e polpacci che gridano vendetta, ma "pare sia tutta salute".
San Candido, a pochissimi chilometri è un vero gioiello. Il paese è minuscolo, ma intimo, offre la Collegiata, il più importante edificio sacro in stile romanico dell'arco alpino orientale e la chiesa di San Michele eretta nel XII secolo e arricchita di volte gotiche. Originariamente anche lei di stile romanico, nel XVIII secolo è stata adeguata al gusto barocco del tempo risultando così testimonianza sacra di transizione fra barocco tirolese e rococò. Bello vedere i due campanili che insieme sfidano il cielo. Non manca poi naturalmente un hotel che si chiama "Al cavallino bianco", in onore di quella famosa operetta simbolo di un'Austria felix che non c'è più.
Il paese di Dobbiaco francamente non ha lo stesso fascino, il centro è meno raccolto, si sviluppa lungo un grande vialone, però ha altre carte formidabili. Tanto per cominciare il lago e persino sculture nei prati intorno, una stazione di sapore retro dove andiamo a prendere le amiche Liliana e Mariarosa che ci raggiungono, il ristorante Winkelkeller dalla gastronomia sopraffina (divini ravioli alle ortiche) e nella frazione San Silvestro la scoperta di una fontana incredibile. Ma i turchi erano arrivati fino a qui? Non erano stati fermati alle porte di Vienna?
Un discorso a parte merita, sempre a Dobbiaco, il Grand Hotel, area vicino al lago, uno straordinario complesso architettonico di primo novecento dove si organizzano concerti di musica in occasione del festival dedicato a Mahler. Negli anni 1908-09-10, nella frazione Carbonin Vecchia, il grande compositore veniva d'estate a passarci le vacanze. "Mia Almschi - scriveva alla moglie Alma- qui mi trovo stupendamente! Poter star seduti vicino alla finestra e lavorare e, al tempo stesso, respirare l'aria, gli alberi, i fiori, è una beatitudine che non avevo ancora conosciuto in vita mia.....E' inutile, l'uomo ha bisogno di sole e di calore." (Gustav Mahler. Ricordi e lettere. Il Saggiatore Milano 1960). Fra questi monti Mahler compone il Canto della Terra, la nona sinfonia e l'Adagio dell'incompiuta decima.
Che meraviglia, vorrei esserci anc'io!
RispondiEliminaNon passa inosservata, Sara, la tua riflessione sulla prima colazione e sui dolci mancanti... aspettando la domenica. Molto puntuale, doverosa, mi pare: la condivido in toto!
Errata corrige, 1a riga: anch'io. Ooops, scusate.
RispondiEliminafv