Angkor, per cinque secoli capitale dell’antico Impero Khmer, è il più grande complesso di edifici sacri del mondo, perfetta fusione di creatività architettonica e spirituale. Situato nella provincia di Siem Reap, circa 300 km a nord di Pnhom Penh, quest'opera di straordinaria bellezza emerge dal profondo della giungla cambogiana mostrando ciò che rimane dei circa 70 templi e monumenti che, nel periodo di massimo splendore della civiltà khmer, facevano parte di un vasto centro religioso e politico. Ottava meraviglia del mondo, Angkor non può essere paragonata a nessun altro luogo al mondo tanta è la sua severa perfezione: una collezione di meravigliose cattedrali e monasteri buddisti, con templi alti come montagne, descritto come un Atlantide tropicale, una magica foresta di pietre, un miracolo architettonico.
Oggi è la più importante attrazione turistica della Cambogia, ma è anche il cuore, l’anima e l’orgoglio della nazione, meta di pellegrinaggio per tutti i cambogiani e tappa obbligata per i viaggiatori. Gran parte di Angkor fu abbandonata nel XV secolo e i templi furono gradualmente inghiottiti dalla giungla. Il sito destò interesse negli studiosi solo alla fine del XIX secolo, dopo la pubblicazione postuma del libro “Voyage à Siam et dans le Cambodge” da parte del naturalista francese Henri Mouhot. Furono compiuti molti sforzi per liberare i monumenti dalla giungla che rischiava di distruggerli completamente, e l'opera di restauro continua ancora oggi.
Cuore del complesso è il tempio di Angkor Wat, il più monumentale e il meglio conservato. Circondato da un vasto fossato, vi si accede da un lungo viale lastricato che mostra in tutto il suo splendore la costruzione su tre livelli e le elaborate torri disposte ai lati con la principale al centro alta oltre 60 metri a simboleggiare il centro del cosmo dove dimorano gli dèi. All'interno, nelle gallerie e nei portici, bassorilievi ineguagliabili rappresentano schiere di danzatrici sacre e battaglie mitiche cantate nei poemi sacri indù “Ramayana” e “Mahabharata”.
Oltre all'Angkor Wat, altri due magnifici templi assolutamente da visitare sono il Bayon, 200 immagini scavate nella roccia a formare 54 torri, e il Ta Prohm, il tempio nella giungla i cui ingressi sono custoditi sotto enormi radici di piante secolari. Il primo è formato da torri a forma di tiara, giganteschi volti alti sette metri sormontati da fiori di loto ti fissano sorridenti, un sorriso enigmatico e senza tempo, il famoso sorriso Khmer di Angkor, mentre la pietra sembra respirare solo per gli dèi, in una raffigurazione palpabile del potere divino. Il Ta Prohm è un santuario letteralmente seppellito dalla giungla. La natura selvaggia si è ripresa il suo posto e tutte le tonalità del verde sembrano essere concentrate in questo luogo.
Radici e liane si sono impossessate della pietra, alberi giganteschi crescono radicati in cima alle torri, angoli cupi e bui lasciano spazio alla luce del sole che filtra a fatica tra la ricca vegetazione. Si dice che un tempo nel Ta Prohm vivessero migliaia di persone, tra cui oltre 2.000 monaci e 600 danzatrici belle come le apsaras, le ninfe celesti scolpite sui muri. Tra i labirinti di questi templi vive oggi un popolo di monaci, bambini, donne con la testa rasata, mendicanti e storpi che chiedono l’elemosina nella penombra, tra le luci che filtrano dalle fessure delle pietre, e pregano in ginocchio, continuamente avvolti dal fumo degli incensi, chini con la testa rivolta verso la terra.
Tiziano Terzani scriveva nel 1993: «Angkor è splendida ora. E così va vista. Vista oggi come la vide nel 1860 con immenso stupore Henri Mouhot che viaggiava nell’Indocina appena diventata colonia… ci sono vari modi per avvicinarsi ad Angkor, io dopo aver letto un po’ di quel che negli anni si è accumulato nella mia biblioteca e soprattutto dopo essere stato una decina di volte a vagare nell’immenso parco dei templi, ho scelto per i miei figli l’approccio più naturale: niente lezioni preparatorie, niente carta da portarsi dietro. Solo la propria pelle, permeabile come una spugna».
Il testo si trova a: www.motortravel.it/angkor.php
Bagan in Myanmar e Angkor in Cambogia sono due luoghi assolutamente "unici". Forse la migliore opzione possibile è veramente ammirare e stupire in silenzio, adoperando per sentire, come scrive Terzani, "solo la propria pelle".
Sulla lunga via del ritorno mi sono fatta prima una fumatina nella sala apposita dell'aeroporto di Singapore, la più bella che abbia mai vista e qualche ora dopo in quella del Cairo, di cui non posso certo scrivere la stessa cosa, ci voleva la maschera anti-gas. Con gli occhi ancora pieni del verde della rigogliosa foresta tropicale, mi ha colpito osservare dall'aereo la distesa color sabbia di pietra e terra della capitale dell'Egitto.
Oggi è la più importante attrazione turistica della Cambogia, ma è anche il cuore, l’anima e l’orgoglio della nazione, meta di pellegrinaggio per tutti i cambogiani e tappa obbligata per i viaggiatori. Gran parte di Angkor fu abbandonata nel XV secolo e i templi furono gradualmente inghiottiti dalla giungla. Il sito destò interesse negli studiosi solo alla fine del XIX secolo, dopo la pubblicazione postuma del libro “Voyage à Siam et dans le Cambodge” da parte del naturalista francese Henri Mouhot. Furono compiuti molti sforzi per liberare i monumenti dalla giungla che rischiava di distruggerli completamente, e l'opera di restauro continua ancora oggi.
Cuore del complesso è il tempio di Angkor Wat, il più monumentale e il meglio conservato. Circondato da un vasto fossato, vi si accede da un lungo viale lastricato che mostra in tutto il suo splendore la costruzione su tre livelli e le elaborate torri disposte ai lati con la principale al centro alta oltre 60 metri a simboleggiare il centro del cosmo dove dimorano gli dèi. All'interno, nelle gallerie e nei portici, bassorilievi ineguagliabili rappresentano schiere di danzatrici sacre e battaglie mitiche cantate nei poemi sacri indù “Ramayana” e “Mahabharata”.
Oltre all'Angkor Wat, altri due magnifici templi assolutamente da visitare sono il Bayon, 200 immagini scavate nella roccia a formare 54 torri, e il Ta Prohm, il tempio nella giungla i cui ingressi sono custoditi sotto enormi radici di piante secolari. Il primo è formato da torri a forma di tiara, giganteschi volti alti sette metri sormontati da fiori di loto ti fissano sorridenti, un sorriso enigmatico e senza tempo, il famoso sorriso Khmer di Angkor, mentre la pietra sembra respirare solo per gli dèi, in una raffigurazione palpabile del potere divino. Il Ta Prohm è un santuario letteralmente seppellito dalla giungla. La natura selvaggia si è ripresa il suo posto e tutte le tonalità del verde sembrano essere concentrate in questo luogo.
Radici e liane si sono impossessate della pietra, alberi giganteschi crescono radicati in cima alle torri, angoli cupi e bui lasciano spazio alla luce del sole che filtra a fatica tra la ricca vegetazione. Si dice che un tempo nel Ta Prohm vivessero migliaia di persone, tra cui oltre 2.000 monaci e 600 danzatrici belle come le apsaras, le ninfe celesti scolpite sui muri. Tra i labirinti di questi templi vive oggi un popolo di monaci, bambini, donne con la testa rasata, mendicanti e storpi che chiedono l’elemosina nella penombra, tra le luci che filtrano dalle fessure delle pietre, e pregano in ginocchio, continuamente avvolti dal fumo degli incensi, chini con la testa rivolta verso la terra.
Tiziano Terzani scriveva nel 1993: «Angkor è splendida ora. E così va vista. Vista oggi come la vide nel 1860 con immenso stupore Henri Mouhot che viaggiava nell’Indocina appena diventata colonia… ci sono vari modi per avvicinarsi ad Angkor, io dopo aver letto un po’ di quel che negli anni si è accumulato nella mia biblioteca e soprattutto dopo essere stato una decina di volte a vagare nell’immenso parco dei templi, ho scelto per i miei figli l’approccio più naturale: niente lezioni preparatorie, niente carta da portarsi dietro. Solo la propria pelle, permeabile come una spugna».
Il testo si trova a: www.motortravel.it/angkor.php
Bagan in Myanmar e Angkor in Cambogia sono due luoghi assolutamente "unici". Forse la migliore opzione possibile è veramente ammirare e stupire in silenzio, adoperando per sentire, come scrive Terzani, "solo la propria pelle".
Sulla lunga via del ritorno mi sono fatta prima una fumatina nella sala apposita dell'aeroporto di Singapore, la più bella che abbia mai vista e qualche ora dopo in quella del Cairo, di cui non posso certo scrivere la stessa cosa, ci voleva la maschera anti-gas. Con gli occhi ancora pieni del verde della rigogliosa foresta tropicale, mi ha colpito osservare dall'aereo la distesa color sabbia di pietra e terra della capitale dell'Egitto.
La sottoscritta ringrazia una volta ancora l'inossidabile Patrizia, alias Gastone, infaticabile organizzatrice di tappe ed itinerari e cultrice di ristorantini sfiziosi a qualunque latitudine. Una reciproca sopportazione e una amicizia che durano dai banchi del liceo, solo 45 anni, una quisquilia.
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