domenica 30 ottobre 2011

la zucca violina al Portello

Io l'ho sempre chiamato Piazzale Accursio, una triste e anonima piazza di periferia, mi capitava di andarci solo perché c'è l'istituto di igiene per le vaccinazioni che nei viaggi servono ed una sede distaccata del comune, alzi la mano chi non ha bisogno ogni tanto di un certificato o di rinnovare la carta d'identità.
 Negli ultimi anni però sono sopraggiunti dei cambiamenti, la zona è stata nobilitata, si parla dell' Area del Portello dove troneggia la cattedrale della modernità, IL CENTRO COMMERCIALE. Purtroppo non ci si dà più appuntamento sotto i portici, davanti alla chiesa, nei parchi, nei caffè storici, ma davanti a Zara, HM o il supermercato, i sacri marchi globali.
 Devo però riconoscere che, nel genere, questo è meno orribile di tanti altri. Si respira, ci sono spazi aperti, vari edifici dislocati, una piazza centrale, viali, tavolini  di bar e ristoranti, una libreria, l'orologio, la tintoria, la farmacia, luoghi per l'incontro e la convivialità, come un piccolo paese senza chiesa,  prati e case, ma tanto cemento. Praticamente, e qui sta la fregatura se ci si lascia abbindolare, viene offerta la possibilità di rispondere ad ogni esigenza del vivere quotidiano senza inoltrarsi nel tessuto autentico della città e poi dispiace se i vecchi negozi di quartiere scompaiono.

L'area del Portello per la verità è sempre esistita e si è sempre chiamata così, riguarda la parte sud di piazzale Accursio che va fino alla circonvallazione esterna, solo che non è mai stata fruita dalla città, era la sede dell'Alfa Romeo e della Lancia e poi per secula et seculorum aree dismesse delle medesime.

Della vecchia Alfa Romeo è rimasta, naturalmente restaurata, solo la sede degli uffici direzionali e tutt'intorno, subito dietro il centro commerciale un modernissimo quartiere con le strade dedicate a nostri illustri architetti e designers.

Alle spalle l'immenso cantiere ancora aperto chissà fino a quando che oltrepassando la circonvallazione di via Renato Serra arriva fino alla futura Milano City con un'area verde, zone residenziali ed uffici. Con la crisi che c'è in giro mi chiedo quanto costeranno quegli appartamenti e chi potrà comprarli.
Grandi opere urbanistiche stanno cambiando lo skyline di Milano, rimane però quel terribile cavalcavia. A quando la demolizione????? 
Sulla piazza del centro commerciale c'è una stupenda esposizione-vendita di zucche di tutti i tipi, persino una che si chiama Violina, come la cagnetta della mia amica Maria Rosa. La quattro zampe  è buonissima, lo sarà senz'altro anche la zucca. 

venerdì 28 ottobre 2011

l'insalata russa

Ieri come al solito nuotavo e pensavo, è arrancando fra il crawl e il dorso che talvolta mi vengono le idee. Il nuoto è l'unico sport che pratico da sempre, guai senza l'acqua, ma fare tutte quelle vasche in solitario su e giù a testa vuota è noioso, allora ti spremi le meningi, ti scegli un soggetto di riflessione e il tempo passa. Ieri era giorno di bilanci, ogni tanto ci vuole, e mi sono messa a scorrere mentalmente titoli ed argomenti del mio blog, iniziato qualche anno fa giusto per condividere impressioni ed emozioni di viaggio con gli amici e poi strada facendo divenuto lui un amico vero. Che casino! mi sono detta, un vero pot pourri, dentro c'è di tutto, racconti di viaggio, ricordi familiari, riflessioni a ruota libera, barzellette, articoli di giornale, lettere d'amore ai figli, musei e quadri, ricette di cucina, da ultimo persino i ballerini di tango. Ma dov'è la coerenza? il filo conduttore? In epoca di specializzazioni, tutti sembrano essere divenuti esperti in qualche cosa, si caratterizzano per una competenza, io invece saltabecco di qua e di là senza approfondire nulla, senza tenere la rotta come dicono i marinai. Indice di confusione mentale? Incapacità di centrare un vero obbiettivo o un polo d'interesse? Superficialità diffusa?  Forse, ma c'è dell'altro, ovvero l'insalata russa; eccolo il mio filo conduttore, ho pensato, è l'insalata russa,  eufemismo prosaico e gastronomico per parlare della vita. Non si chiama forse così perché nella ricetta ci sono un sacco di ingredienti? E' colpa mia se ogni istante cambia? se l'effimero è all'ordine del giorno? se "nel cammin di nostra vita" succede di tutto? se orientarsi è un vero rebus? se il magma vitale è misterioso e inafferrabile? se nello stesso telegiornale ti fanno vedere le immagini  del dittatore libico vergognosamente linciato e poi ti informano che gli italiani non vogliono più mungere le mucche e  adesso per il latte sulle nostre tavole arrivano i sikh dall'India? se Rigoletto non aveva tutti i torti quando gorgheggiava di quella piuma al vento? Konrad Lorenz sosteneva che alla lunga cane e padrone finiscono per assomigliarsi; aveva ragione, mi è successo col mio bastardino Tom, indisciplinato e curioso di annusare di tutto come la sottoscritta, succede ora anche con il blog, diario virtuale di umori altilenanti, contraddizioni, dubbi, stupori, curiosità varie, piacere di scrivere e di condividere. Citazioni, aforismi, frasi celebri, dotte disquisizioni, in considerazioni sulla vita scrittori pensatori filosofi saggi hanno consumato migliaia di fogli bianchi, certo non mi cimento, ma amo chi come Buzzati per esempio sembra guardare dal buco della serratura frammenti infinitesimali di realtà, la lente di ingrandimento su un dettaglio, una bizzarreria, un piccolo mistero che la dicono più lunga di interi volumoni. Tra una bracciata e l'altra  mi è  venuta in mente l'insalata russa, forse avevo fame.

mercoledì 26 ottobre 2011

los hermanos bailan!

Al principio del secolo scorso il tango veniva ballato fra uomini, considerato forse disdicevole per una signora lanciarsi nei vortici di questa danza tutta sentimiento e ritmo. Sarà che non so ballare e allora trovo ancora più straordinari questi due "Fratelli Macana". Una chicca per chi mi viene a trovare....sul blog!

lunedì 24 ottobre 2011

anema 'e core sulla Martesana

Il pretesto è stato il Mercatel, qualche bancarella di vintage e cianfrusaglie  la prima e la terza domenica del mese che fanno sfoggio di sé solo nella bella stagione, in realtà volevo rivedere la Martesana, il cosiddetto Naviglio Piccolo, meno bazzicata dei Navigli di Ludovico il Moro e Ascanio Sforza più vitaioli e mondani, ma con fascino da vendere e silenziosi scorci panoramici.  Non so perché, ma quando c'è l'acqua, è sempre bello.

Ho parcheggiato la mia smart in viale Monza all'altezza dello Zelig, quel famoso cabaret milanese trampolino di lancio di tanti artisti ed ho sceso dei gradini, eccolo il canale della Martesana che collega Milano fino all'Adda. E' girando a destra, verso l'esterno che ci sono le ville più belle, ma senza la bici è dura, troppo da scarpinare, volto a sinistra, verso la Cassina de' Pomm fino in via Melchiorre Gioia.
 Ma siamo proprio a Milano? Nella metropoli  intrafficata e rumorosa? In quella realtà operosa e frettolosa? Sembrano rispondere di no le anitre, pigramente appollaiate su un copertone, gli orti lungo le sponde con la ferrovia che fa da sfondo, le ortensie dai colori ormai spenti dell'inverno che sta per iniziare, due superbe palme svettanti che forse hanno sbagliato indirizzo, loro si credono in riviera.
E anche le case non sembrano cittadine, altro che ponte della Ghisolfa o scempio urbanistico del cavalcavia di Renato Serra col più alto tasso di inquinamento della città, qui vien voglia di cambiare subito indirizzo e venirle ad abitare, certe hanno persino il ponticello davanti.
Alla Cassina de' Pomm la gente pranza fuori sotto il pergolato, il cortile interiore riporta a una lontana realtà rurale che sembra sepolta nella notte dei tempi. 
E' domenica, c'è il sole, le finestre sono aperte, nella vecchia sede del partito socialista si fa festa, forse ballano, la voce di un cantante démodé invade il canale con le note di "tenimmoce acussì anime 'e core.....", lo straordinario Roberto Murolo purtroppo non c'è più.
Avviso per gli innamorati di ogni età: nessuna nostalgia della ville lumière, per passeggiate romantiche si può fare a meno dei quais sulla Senna o di place Dauphine, la Martesana regala generosamente tutto quel che serve, musica compresa.   

mercoledì 19 ottobre 2011

1 X 1 - 10 x 1 - 1027 X 1

Ma quanto può valere la vita di un uomo? Iniziare un post con questa domanda è come darsi e dare un pugno nello stomaco, me ne rendo conto, tanto più se la risposta  è impossibile. Il mio vuole essere solo un modestissimo tentativo di riflessione aperta. In prima battuta mi verrebbe da dire che non c'è spazio per nessun mercanteggiamento,  una vita vale quella vita, unica sempre e insostituibile sempre, ma la realtà si articola notoriamente in modo molto più complicato. Se per esempio un povero cristo o un vip, ammesso che abbiano entrambi una polizza assicurativa, si spezzano una gamba o si accecano di un occhio, non è la stessa cosa, il valore attribuito agli organi cambia, in base a sofisticati calcoli e cavilli assicurativi i rimborsi saranno profondamente diversi e non mi sembra giusto, una gamba resta una gamba e un occhio un occhio, non ci metteremo certo a fare le graduatorie sociologiche del dolore. In tempo di guerra e in situazioni  "politiche" poi intervengono innumerevoli altri fattori, l'esempio, l'ammonimento, lo scambio, il valore simbolico e la vita del singolo finisce per assumere altri significati. Leggevo l'altro giorno "Memorie di guerra" con una  prefazione del Generale Cadorna.  Sono le Memorie che il Feld Maresciallo Kesselring, (condannato a morte nel luglio 1947, pena poi commutata in detenzione perpetua) ha pubblicato in Germania con un titolo ben più eloquente "Soldat bis zum letzten Tag" (Soldato fino all'ultimo). Senza fare distinzione di grado e di responsabilità egli definisce come la più alta qualità del soldato il " saper soffocare, malgrado qualsiasi dubbio, la critica pregiudizievole, di modo che le unità dipendenti, vivificate dalla fiducia del capo, non possano far altro che obbedire e combattere" e tuttavia ammette "che in molti casi gli ordini dall'alto sono stati giudicati assurdi, ma perché i singoli combattenti non erano in grado di valutare la concatenazione degli avvenimenti". (1). Per i 33 soldati tedeschi saltati per aria a Roma quel 23 marzo 1944 nell'attentato di via Rasella ad opera di una formazione partigiana, ventitré ore dopo i tedeschi fucileranno 335 uomini tra militari e civili, l'eccidio delle Fosse Ardeatine, 10 ostaggi per ogni tedesco ucciso (Kappler ne aggiunse arbitrariamente altri cinque). Lo afferma Kesselring stesso nelle sue Memorie: " l'ultimo ordine di Hitler stabilì la rappresaglia nella proporzione di 1: 10ed incaricò della sua esecuzione il Servizio di sicurezza "; (1). Ammesso che sia lecito affermare una cosa del genere, alla fine è andata "relativamente bene" perché inizialmente Hitler avrebbe valutato un rapporto di 1 a 50, la distruzione dell'intero quartiere e la deportazione da Roma di 1000 uomini per ogni tedesco ucciso. Nel suo libro, Kesselring, le formazioni antifasciste ed i partigiani li chiama "bande"e una sua direttiva del 17 giugno 1944 recita: "La lotta contro le bande dovrà pertanto venir condotta con tutti i mezzi disponibili e con la maggior asprezza. Difenderò qualsiasi comandante che, nella scelta e nel rigore dei mezzi impiegati, abbia oltrepassato la misura moderata da noi considerata normale". (1) E' risaputo che l'aggettivo "normale" si presta ad ogni ambiguità, figuriamoci se poi si tratta di stabilire quale sia la misura moderata considerata normale dai tedeschi durante la seconda guerra mondiale.
Il soldato israeliano Gilad Shalit di 25 anni, dopo oltre cinque anni da prigioniero di Hamas nella Striscia di Gaza, ieri è tornato, finalmente libero, a casa. Per due anni, lui miope, è rimasto senza occhiali, non ha mai visto la luce del sole, non è mai stato visitato dalla Croce Rossa. Per la libertà di Shalit il governo israeliano rilascerà complessivamente 1027 palestinesi, fra loro terroristi responsabili di attentati, linciaggi, massacri. La stampa è piena di articoli, tanti pareri autorevoli, li ho letti tutti, ma mi rimane quella domanda iniziale e la consapevolezza di un'impossibile risposta.

(1)  Albert Kesselring: Memorie di Guerra  Garzanti 1954

martedì 18 ottobre 2011

angoli di periferia milanese


A pensarci bene mi rendo conto che conosco meglio Parigi, Nizza o Londra della mia Milano e non è una bella cosa, in fondo in questa città ci abito da sempre e le voglio bene, dovrei pure testimoniarlo prima o poi. Scontate la curiosità e l'energia che si scatenano in viaggio, a casa ci si impigrisce, quel "c'è sempre tempo" o "prima o poi ci andrò" rallentano occhi e gambe. Ho deciso di rimediare e comincio dalla Bovisa, complici queste belle giornate che ottobre ci regala.
Nato come zona industriale periferica della Milano nord, tutto attraversato dalla ferrovia, a partire dagli anni '50 del secolo scorso, il quartiere subisce un graduale declino per lo smantellamento delle molte industrie della zona. Gli ultimi anni hanno però visto un proliferare di cantieri e il recupero di alcune strutture industriali dismesse, operazione in uso da sempre a New York per esempio, molto più recente da noi.

In piazza Pompeo Castelli seguo il cartello Triennale Bovisa e  imbocco una lunga strada con le pareti rosse tutte istoriate, è sabato, nel quartiere solitamente popolato di giovani non c'è anima viva. Ci sono già venuta più volte a vedere delle mostre, ha un suo fascino questa succursale della Triennale per la moderna semplicità che vi si respira.



Nel cortile dello spazio museale, c'è sempre il bellissimo e luminoso bar-ristorante, purtroppo hanno chiuso da qualche mese la libreria, forse non era sufficientemente frequentata.

In questo momento c'è una mostra dal titolo ambizioso "Il futuro è a Milano? Colani Biodesign Codex Show". Opere, progetti, installazioni e prototipi  di vari settori che pongono la natura e l'uomo al centro della riflessione di Luigi Colani, industrial designer, artista, filosofo ed architetto, considerato un guru dell'eco-design che già negli anni '60 predicava il risparmio energetico, la riduzione dei consumi e l'impiego di fonti alternative. Veramente avveniristici dei suoi prototipi di macchine del futuro, ho pensato ai film di Batman, tre modelli pare siano già stati realizzati. E fanno riflettere queste parole di Colani: " Tornare indietro per andare avanti. L'umanità deve tornare alle origini e reintegrarsi con la natura e il BioDesign ci indica come vivere in armonia e in pace con essa. Possiamo imparare a salvaguardare quella che conosciamo e amiamo".
Proprio di fronte alla Triennale Bovisa una vecchia casa riattata e  colorata; credo appartenga al comune e fuori c'è scritto che è un centro studi per l'Expo 2015.
Bella sorpresa urbanistica, a pochi metri di distanza, gli edifici delle sedi staccate del Politecnico di Milano, un polo di eccellenza, una delle pochissime realtà universitarie italiane riconosciute anche all'estero. La zona è divisa in due Campus universitari, quello Nord per la facoltà del Design ed Architettura (ricavato da un ex-industria) e quello sud per Ingegneria con varie specialità.
Ho passeggiato per i viali del campus e mi sono letta il giornale bella tranquilla seduta al sole nello stupendo bar degli studenti, loro non c'erano, perché? di sabato non si studia?
 Poco lontano dal Politecnico il prestigiosissimo Istituto per la ricerca, la formazione e l'informazione sulle scienze biomediche "Mario Negri", fondazione no profit. E' stato il primo istituto di ricerca in Italia indipendente dall'università, dall'industria e dai privati. Ha iniziato ad operare nel 1963 grazie al lascito testamentario del filantropo milanese Mario Negri.  Nei primi anni solo 22 ricercatori, nel 2006 pare fossero 900.
Il modernissimo passante ferroviario Milano Bovisa collega questo angolo di periferia con la città. Qui non siamo in centro, nessuna sfavillante vetrina, i monumenti dell'area, a testimonianza di archeologia industriale, sono le vecchie strutture dei gasometri, quel che resta della grande centrale di produzione e stoccaggio del gas di città, ormai dismessa e in demolizione. Mi piace questa Milano.