Proviamo ad immaginare la sua storia. Lui se ne nuota bello tranquillo ( si fa per dire, è un carnivoro molto attivo, predatore d'assalto ama cibarsi di calamari, crostacei e tanti altri pesci e nelle teste mozzate al mercato risultano certi denti aguzzi) nelle immensità degli abissi marini, dai seicento fino a 1500 metri di profondità. Con fatica e lunghissimi ami i pescatori lo strappano al suo mondo maestoso e sotterraneo.
E' difficile vederlo vivo, dato che normalmente muore per il rapido sbalzo di pressione, mentre l'amo lo porta in superficie. Difatti quando è lì allineato sul banco del mercato i suoi occhi sono piatti, come rinsecchiti. Il fatto che la pressione non schiacci gli animali che vivono a quelle profondità è dovuto all'elevato contenuto di acqua presente nelle cellule del loro organismo e il loro grasso è leggero, nel senso che contiene per lo più acidi grassi insaturi, caratteristica che li protegge dal congelamento alle basse temperature degli abissi marini.
Questo comporta un'enorme perdita di volume del pesce sciabola al momento della sua preparazione e per questo lo avvolgono subito a friggere in una pastella o sulla griglia. Ecco come finisce l'espada a Madeira, fritto con una banana sopra. E' veramente leggero e squisito, le mie sono lacrime da coccodrillo, ho profanato anch'io diverse volte la sua libertà oceanica, ma non posso esimermi dal pensare che la sua è veramente una brutta storia, dagli abissi alla padella, appunto.
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