Il nostro programma degli ultimi giorni per la verità era diverso, avevamo previsto la ciliegina finale, San Pedro e il deserto dell'Atacama, ma questo paese deve fare drammaticamente e costantemente i conti con ogni sorta di calamità naturale. Sull'Atacama si è abbattuto nei giorni scorsi il cosiddetto "invierno boliviano", piogge torrenziali, un fiume è straripato e molte strade sono chiuse ed inaccessibili, sconsigliato andarci e momenti difficilissimi per le popolazioni locali.
Scriverò al mio ritorno milanese della Serena, questa bella e tranquilla città coloniale e della gita alla valle dell'Elqui, tutti vigneti dove si produce il famoso brandy locale, il Pisco, ma subito mi preme raccontare della nostra visita in gita organizzata di un giorno alla Riserva naturale del pinguino di Humboldt, alla Puenta Choros, 120 chilometri a nord dalla Serena. Già la strada per arrivarci è uno spettacolo, si passa da paesaggi semi desertici a sabbia e dune, sembra di essere nel deserto del Sahara.
Arrivate in pulmino alla Puenta Choros, un'ora su una barcarola per scendere sull'Isla Damas e girare invece in barca intorno all'isla Choros, la riserva, che rispettosamente appartiene agli animali e non agli uomini. Le onde ci sono, eccome, uno seduto dietro a noi ad ogni sussulto del mare non fa che esclamare "madre de Dios". Ridiamo come matte.
Gastone e la sottoscritta affrontano invece intrepidamente i marosi perché per sicurezza ci siamo trangugiate una pillola di Mercalme, i navigatori si mostrano espertissimi e poi il nostro giubbotto di salvataggio e la nostra scialuppa si chiamano "il regreso del moicano", il ritorno del moicano, un nome una garanzia, meglio di un film di Sergio Leone.
Non sono una naturalista esperta e non riesco nemmeno a ricordare tutte le informazioni dateci dalla guida della riserva che ci accompagnava, dico solo che abbiamo incontrato vari tipi di gabbiani e di cormorani, i pinguini di Humboldt e leoni di mare, questi ultimi pigramente adagiati al sole. Il maschio riconoscibile perché scuro e più grosso è circondato dal suo harem, che evidentemente non è unica prerogativa del genere umano.
E a questo punto devo dire una verità lapalissiana che probabilmente ho già avuto modo di scrivere, ma che ripeto senza problema, nella vita cioè ci vuole sempre e comunque fortuna, "suerte" come dicono da queste parti e neanche i pinguini ne sono esentati.
Si, ci vuole "suerte" per nascere pinguino di Humboldt. Ho visto diversi reportage sulla vita dei pinguini di altre specie, poveri cristi, una vita faticosissima, le trasmigrazioni, oltre 100 chilometri al giorno per cercare il cibo per i piccoli nel gelo e nella tormenta, tanti nemici in agguato, i piccoli che spesso muoiono di fame.
Questi di Humboldt, simpaticissimi, alti 30 centimetri, una vera pacchia, vivono tutto l'anno sull'isola, solo una piccola salitina sulle rocce in alto per deporre le uova, qualche su e giù giornaliero per provvedere alla prole, spesso teporino del sole e sciambola, l'ozio assicurato. Ne sono certa, se fossi pinguino, vorrei essere un pinguino di Humboldt. Sull'isola di Choros hanno un solo vero nemico, la nutria, che pare adori la frittata, ma in fondo quale vita non ha le sue difficoltà?
A Choros, loro ci stanno da dio, infatti nel 1990 quando è stata creata la riserva erano in 600 e adesso sono 6000.