La mia amica Liliana ha due peculiarità: la prima, è molto simpatica, la seconda, è nata a Bollate dove ha felicemente trascorso infanzia e giovinezza. Lei, la sua Bollate, la ama svisceratamente, ne parla sempre come se fosse un luogo imprescindibile, l'ombelico del mondo. Sarà per attribuirle scherzosamente dimensione internazionale, sarà per sfottere la sottoscritta sempre sugli aerei verso paesi lontani, sarà perché ne è realmente fiera, ma Liliana la sua Bollate la pronuncia Bolleite all'inglese e si inventa gemellaggi incredibili, a seconda delle circostanze, con Londra, New York o Città del Messico.
Ci fa ridere un sacco e ha finito per suscitare la curiosità di noi tutte, le amiche del cuore. Così domenica mattina 15 aprile, giorno ecologico di blocco automobilistico, pioggia battente e con un cielo che più grigio non si può, forse in sintonia col gemellaggio londinese, eccoci alle 9,45 alla stazione Cadorna per partire alla scoperta di Bolleite, caput mundi. Il giorno scelto non è casuale, rientra nella
Settimana fra le Groane, progetto che coinvolge 16 comuni del territorio a nord ovest di Milano in concomitanza con la "Settimana della Cultura" promossa dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali. L'obbiettivo è quello di valorizzare un patrimonio ricco di storia e luoghi a molti sconosciuto e di aprire le porte di ville, chiese, musei e palazzi non sempre accessibili.
Per cominciare due corroboranti chilometri a piedi nel parco delle Groane (polmone verde di 200 ettari) dalla stazione verso Castellazzo di Bollate dove, finalmente in via di restauro, ha sede la soprannominata "piccola Versailles" e cioè
Villa Arconati. Nel 1300 semplice cascina agricola del borgo fortificato, nel XVII° secolo diventa una delle più prestigiose e rinomate "ville di delizia" della Lombardia grazie a Galeazzo Arconati Visconti collezionista di spicco che vantava tra le proprie raccolte il Codice Atlantico di Leonardo poi donato alla Biblioteca Ambrosiana.
Straordinari gli esterni, i giardini all'italiana, la torre d'acqua su progetto di Leonardo per provvedere all'irrigazione visto che il terreno è in pianura, la limonaia, le varie fontane per rinfrescare l'ambiente e divertire gli ospiti, i vari teatri, quelli di Diana e Andromeda e quello di Ercole riservato solo agli uomini; non spazi chiusi come noi potremmo interpretare oggi, ma nicchie ricavate in giardino dove di giorno artisti circensi allietano i bambini e dove la sera si riuniscono gli adulti. Per loro dalle Diane e dalle Andromede di pietra sgorga vino e non acqua, un vero fasto.
Straordinari gli interni. Accanto alla biblioteca la statua di Pompeo Magno che Galeazzo Arconati si è fatto mandare da Roma e in villa ci sarà anche un laboratorio per il restauro delle statue e la loro riproduzione in gesso per quelle che all'esterno sfidano le intemperie. Si dovrà poi a Giuseppe Antonio Arconati, alto funzionario dello stato austriaco, la riqualificazione settecentesca della villa: la risistemazione del giardino, il tripudio di barrocchetto lombardo per lo scalone principale, la Sala della Musica, la sala per le feste detta la Sala di Fetonte opera dei fratelli Galliari, scenografi di corte. Proprio il fatto che il decoro degli spazi non sia stato affidato a dei pittori ma a degli scenografi sottolinea la teatralità dei luoghi, il desiderio dei proprietari di offrire ai propri ospiti stupore, gioco e divertimento e non affermazione di potere.
Ultima sorpresa di villa Arconati la mostra "Non rompete le scatole" che si tiene in certe sale del pianterreno. L'ideatore Adriano Pasquali ha pensato al titolo intrigante e non metaforicamente ha invitato tutti a non rompere le scatole ( quelle delle risme della carta per fotocopiatrici), ma ad utilizzarle come supporto per una libera espressione creativa da esporre in una grande collettiva.
Un'antica pergamena del XII° secolo nell'archivio della chiesa parrocchiale San Martino testimonia poi che originariamente Bollate era un borgo circondato da mura e con due castelli, uno sul fiume Pudiga e uno costruito sopra l'antico castrum romano. Il Pudiga attraversava a vista varie strade del paese, come a Milano i Navigli, e Liliana ce le mostra constatando con rimpianto come l'attuale geografia dei luoghi sia cambiata rispetto ai suoi ricordi giovanili.
Forse connesso all'antico e scomparso castello sul fiume si trova Palazzo Arese, ora Radice Fossati, col suo bel portale in cotto probabilmente del primo Quattrocento e lo stemma degli Arese. Bellissima nell'angolo dell'edificio la Cappella della Madonna della Neve, adattamento di uno studiolo seicentesco con il ciclo sacro e profano di affreschi, otto Muse (nel '500-'600 modelli decorativi della Roma papale) e la Madonna col Bambino di ispirazione raffaellesca.
Bollate per noi non ha più segreti, l'amica ce ne ha mostrato ogni anfratto intriso di ricordi, dalla sua casa di bambina alla Cascina Bergamina del '400 dove vivevano i suoi nonni paterni, dal famoso mercato delle pulci della domenica colmo negli anni '80 di nuovi cimeli garibaldini anticati ad hoc per Bettino Craxi che bulimicamente comprava tutto al vecchio bar socialista Coop Circolo Nuova Luce frequentato dal suo papà, dalla casa dove trovò rifugio la poetessa Ada Negri durante la guerra a quelle costruzioni che hanno mantenuto la struttura rurale, dallo zio Battista calciatore in auge fra i fascisti che però di nascosto approvvigionava la resistenza all'attuale negozio di computer Wellcome, un tempo macelleria e prima sede del MSI, ricordando quella volta in cui qualcuno vi scaricò dentro una camionata di sterco.
Di Bollate al passo con i tempi attraverso nuovi edifici e strutture, ho particolarmente apprezzato il rispetto e la salvaguardia del patrimonio storico e urbanistico che seppur ampliato e rimodernato ha però mantenuto la sua identità di paese agricolo e industriale, felice integrazione fra passato e presente. Ne sono testimonianza le sue numerossisime corti dai nomi tutti rigorosamente in milanese addobbate a festa sia per le processioni religiose della Madonna del Rosario che più profanamente per i giorni del Carnevale e la chicca finale, la stupenda fabbrica Borroni.
Come a Milano, Lambrate, l'Ansaldo, tutta la zona delle vie Tortona, Bergognone e Savona, la
fabbrica Borroni di Bollate rappresenta uno splendido esempio di archeologia industriale che ha preso la strada dell'arte trasformandosi in sede espositiva di pittura e scultura contemporanea.
La fabbrica inizia la sua attività nel 1890 come filanda, produrrà poi bambole ( "la fabrica di pigott" dove ha lavorato anche la mamma di Liliana), trenini elettrici e in attività fino al 2001, colle per cucine.
La collezione permanente del proprietario e mecenate artistico Eugenio Borroni, iniziata nell'88, comprende ora circa 500 opere, principalmente di pittura mediale e della nuova figurazione italiana. Particolarmente interessante un primo nucleo, ormai storico, che vanta un centinaio fra le opere più significative della Scuola di Via degli Ausoni di Roma, una scuola formatasi negli anni '80 alla ricerca di nuove soluzioni artistiche.
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Marco Tirelli: Senza Titolo 1986 |
Scuola così denominata perché il gruppo, fra cui Marco Tirelli, Bruno Ceccobelli, Piero Pizzi Cannella, lo scultore Nunzio, ha gli atelier nei locali dell'ex pastificio Cerere in via degli Ausoni nel quartiere romano di San Lorenzo e il luogo diventa in quel periodo un importante centro di cultura artistica.
Evidente come anche nella nuova vocazione espositiva rimanga integro il fascino di un edificio industriale ottocentesco con i suoi vecchi ambienti di grande respiro ristrutturati. Un luogo veramente da scoprire e che si può visitare gratuitamente tutto l'anno previo appuntamento.
La Fabbrica Borroni si trova in via Matteotti 19, a cinque minuti a piedi dalla stazione; consiglio di andarci passando da via Gramsci; con le sue belle villette moderniste eclettiche sembra di essere nel quartiere Coppedè di Roma. Certo l'espressione "caput mundi" è esagerata, giusto per prendere in giro Liliana, ma la sua Bolleite raccontata da lei con entusiasmo e affetto riserva proprio delle belle sorprese.