Salomonicamente il Danubio divide in due parti la città, Buda e Pest, ma saggio come un vecchio fiume che si rispetti non fa preferenze, sono equanimamente belle e interessanti entrambe.
E' però vero che oltre le bellezze intrinseche di una città, nell'incontro hanno grande peso le circostanze esterne in cui la si visita. A Budapest avevo passato un week-end nell'ambito di un viaggio di lavoro in Ungheria una caterva di anni fa con mio marito e scrivere ora il sostantivo con l'aggettivo possessivo accanto mi fa una certa impressione perché ormai sono single da un bel pezzo.
Si era ancora in pieno realismo socialista, l'atmosfera, i palazzi, la città, ricordo perfettamente l'impressione avuta, tutto mi era sembrato grigio, opaco e triste. La memoria di altro arranca, forse perchè la mente è selettiva e vorrebbe ricordare solo i momenti sereni; diluviava, faceva un freddo becco e avevamo litigato a sangue per una cazzata, è sempre per delle cazzate che si inizia a litigare, avevo impiegato due ore del nostro poco tempo a disposizione per trovare un telefono funzionante per chiamare mia madre, ovvero la suocera.
Sono solo rimasti pefettamente impressi i coloratissimi barattoli di conserve di verdure esposti al mercato, ne avevo comprati e di ritorno a casa non li abbiamo mai mangiati, come spesso succede con gli acquisti fatti nell'euforia del viaggio. Da questo punto di vista Budapest non è cambiata, al mercato li ho ritrovati sempre in bella mostra, ma questa volta li ho solo fotografati.
Questa volta è stato tutto diverso, come se incontrassi la città per la prima volta, come se gli occhi fossero vergini e la sua bellezza mi ha incantata. Non sono certo la sola a risentirne il fascino se è vero che una grandissima parte di Budapest è sotto la tutela del Patrimonio Mondiale Culturale dell'Unesco: dal panorama dalle rive del Danubio al quartiere del Castello di Buda, da alcuni edifici dell'Università al Parlamento, dall'Accademia Ungherese delle Scienze alla Piazza degli Eroi e la lista è ben lungi dall'essere finita.
Cielo blu, faceva caldo e c'era il sole, gli anni sono passati e con loro quel triste grigiore dei "compagni" per niente compagni, i palazzi hanno ricevuto una bella spruzzata di restauri e di gioventù, caffé, strade, teatri e ristoranti sono gremiti, la gente sembra aver voglia di godersi la vita e con le buone amiche ci si diverte sempre. Dicono che in Ungheria ci sia una grave crisi economica e non sono i soli, dicono che nel paese spirino venti reazionari e xenofobi, ma non se ne accorge certo il turista in cinque giorni di permanenza.
- "Ma è mai possibile che trovi sempre tutto bello?"- mi dice mio fratello con la stessa aria canzonatoria di quando eravamo ragazzi, nei miei confronti quell'ironia non è mai venuta meno. Cosa ci posso fare se mi entusiasmo perché per fortuna il mondo è bello, se la natura è spesso generosa e fantasiosa e se gli uomini in secoli e millenni hanno saputo costruire cose eccelse?
Purtroppo non ci sono solo quelle, lo so bene, in questi giorni per esempio in Italia è drammaticamente d'attualità il terremoto, ma non mi sembra proficuo solo piangere, lamentarsi e criticare, preferisco guardare con gli occhiali blu e sottolineare il buono, questa per lo meno è la direzione.
A volte mi coglie il rammarico, vorrei essere capace di inventare storie, attingere a un patrimonio interiore di fantasie, pensieri e parole senza aver bisogno di stimoli e spunti esterni come sa offrire per esempio il viaggio, ma poi sul Corriere di qualche giorno fa ho letto una frase di Tiziano Terzani e mi sono consolata:
" Ero vuoto. Vuoto come è vuota una spugna, pronta però a riempirsi di quello in cui è tuffata. La metti nell'acqua e d'acqua s'imbeve, la inzuppi nell'aceto e diventa acida. Non avessi viaggiato non avrei mai avuto niente da dire, da raccontare; niente su cui riflettere".
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