martedì 31 luglio 2012

il babbo natale di luglio

Le amiche Silvia e Marta in vacanza a Beaulieu mi propongono una giornata on the road con loro per le Alpi di Provenza e il Var e non dico certo di no, adoro essere scorazzata in giro con tanto di chauffeur. Il bello di Nizza sono i suoi dintorni, in un batter d'occhio il paesaggio cambia, si passa dal mare ai villaggi  arroccati su speroni rocciosi, dalle spiagge a canyon e strapiombi, dalle acque blu del Mediterraneo  a quelle trasparenti di fiumi e ruscelli di montagna.

Prendiamo  la  route nationale 202, quella che porta a  Digne, ( non l'ho mai fatto ma pare che questo percorso sia bellissimo con il train de Pignes che parte dalla Gare de Provence) e la prima sosta della giornata è Entrevaux, "città reale". Fortificazione medievale eretta dal grande ingegnere militare Vauban durante il regno del re Sole e frontiera della Francia fino al  1860, Entrevaux accoglie il visitatore  con tanto di austero castello sul cucuzzolo e le vecchie pietre di un ponte che hanno rimpiazzato l'antico ponte levatoio.

 Una volta nel mese di agosto si teneva tutti gli anni una grande festa medievale in costume, con artigiani e mestieri lungo i vicoli, l'avevo vista anni addietro, adesso forse per mancanza di fondi l'evento non è più regolare. All'ingresso del borgo un pannello riporta due date che hanno fatto la storia del luogo. 1536, quando le armate di Carlo Quinto, gran nemico del re di Francia François Premier, hanno invaso e saccheggiato la valle del Var. Entrevaux conosce l'occupazione e gran parte della popolazione viene trucidata. L'anno 1542 che segna la ribellione e la riconquista degli abitanti della loro libertà dal giogo spagnolo.
 La piazza centrale e il castello vengono offerti al re francese che accetta (non so perché si usa dire che i re accettano  "graziosamente" i doni) e nomina Entrevaux "ville royale". Ma la rivoluzione francese porterà grandi cambiamenti.

L'abolizione dei privilegi nella notte del 4 agosto 1789 consacrerà la fine della Carta di Avignone del 1542 che in quanto "ville royale"  aveva attribuito ad Entrevaux dei privilegi particolari: " città del regno di Francia sotto la dipendenza diretta del Re, esonerata di tutti i tributi, prestiti, servizi e doveri". Finiti anche i diritti segnoriali, il Vescovato di Glandève che è l'antico nome del borgo e la feodalità, arriveranno la Costituzione civile per il Clero e la creazione dei dipartimenti.




Un vero solleone, faranno 40 gradi all'ombra, e mi colpiscono un babbo natale con tanto di slitta allegramente appeso alla ringhiera di un balcone e la vecchia insegna sull'antica tresoreria pubblica che adesso è diventata la sede della biblioteca municipale; vuole forse dire che il vero tesoro sono i libri?
Attraverso vestigia romane, questa arteria in effetti collegava nell'antichità Cimiez ad Apt, passiamo per il lago di Castellane con i due paesi limitrofi, Saint Julien du Verdon e Castellane. Il lago è artificiale, si è formato in seguito alla costruzione della diga di Castellane, ma non conosco la ragione del particolare, intenso colore delle sue acque.

 E dopo il lago, il fiume, il Verdon con   le sue gole straordinarie, canyons che arrivano fino a 700 metri di profondità, montagne che sembrano Dolomiti.
Les Gorges du Verdon sono una destinazione famosa, paradiso per gli sportivi, per chi ama arrampicare in piena libertà, lo chiamano freeclimbing o discendere le ripide in canoa, rafting, un'altra parola inglese. Non sono notoriamente una sportiva e mi accontento di guardare i preparativi degli anonimi eroi dell'avventura.
Grazie Silvia, grazie Marta, insieme abbiamo visto cose meravigliose, se mi invitate ancora, io sono pronta!

mercoledì 25 luglio 2012

e avanti col kitsch!

In fondo quei “Bagni Misteriosi” in pietra di Vicenza, cemento armato e vernice a tempera, realizzazione di De Chirico del 1973 nel parco Sempione vicino alla Torre Branca, li avevo visti per decenni scalcinati, corrosi dal tempo e dalle intemperie con i colori stinti e le figure umane che si erano ormai sgretolate e dissolte, una geografia della memoria che gli occhi conoscevano e riconoscevano ogni volta.

Così mi ha fatto specie trovare questa volta la fontana restaurata, come un'opera non rinnovata ma nuova, l'opacizzazione di un ricordo caro. Già, a certe cose “malgrado tutto” ci si affeziona e così avviene anche per la nostra quotidiana frequentazione col kitsch, un certo “brutto” di cui spesso si sa riconoscere la volgarità ed il cattivo gusto ma che fa parte di un immaginario lungamente praticato e che ci ha sempre accompagnato: questo il tema della bella mostra alla Triennale: “Gillo Dorfles. Kitsch: oggi il Kitsch”.
 La prima cosa che mi viene in mente quando pronuncio la parola kitsch è la gondola di Venezia in bella mostra fra altri “gioielli” sopra un buffet che lo straordinario Gian Maria Volonté in balia di un'incazzatura potente afferra e scaglia contro il muro in una memorabile scena del film La classe operaia va in Paradiso. 
Vannetta Cavallotti: L'accadimento  1985
Non manca mai la gondola di Venezia in tutte le bancarelle e negozi di souvenir, naturalmente presente anche nella mostra, è un must, possiamo anche contare sempre sul Duomo di Milano, la Torre di Pisa, il Colosseo, i santini di papi, santi e Madonne  e, perché no?, anche sul dito medio di Cattelan in inequivocabile posizione in piazza della Borsa a Milano e queste sono solo alcune chicche delle specialità italiane, ma fortunatamente o sfortunatamente non so, ogni paese ha il suo autoctono kitsch da esibire, dalla torre Eiffel alla Statua della Libertà passando per le piramidi, i cioccolatini di Mozart, Mao Zedong in cera, le matriosche attualizzate a forma di Bin Laden, le ballerine di flamenco in plastica. 
Rutger van der Velde: Today is the first day of the rest of your life 2012
 Il rapporto fra Gillo Dorfles e il kitsch inizia nel lontano 1968 quando nel suo primo libro (il kitsch Antologia del cattivo gusto Mazzotta editore) dedicato all'argomento il critico e semiologo si mette ad analizzare cosa sia e cosa significhi quel kitsch che invade subdolamente il quotidiano, l'arte, i processi del vivere, il nostro modo di comunicare e già allora, con acuta lungimiranza ammonisce: “ il kitsch è necessario conoscerlo, anche frequentarlo e, perché no, qualche volta utilizzarlo, a patto di non farsi prendere la mano. Perché ilcattivo gustoè sempre in agguato”. 

Carla Tolomeo: Lunelune panchetta  2009
Appurato che farebbe parte integrante e non eliminabile della modernità, obbiettivo della mostra è chiedersi come il kitsch sia cambiato e si sia evoluto in questi decenni, quali le sue diramazioni e applicazioni, come l'arte, attraverso scelte intenzionali o casuali degli artisti faccia riferimento alla cultura del kitsch. 
Carlo Rizzetti: Salvador Dali's Mae West  2005
 Sia Dorfles che gli altri esperti di osservazione e analisi della realtà interpellati constatano che il kitsch da manifestazione tutto sommato marginale sia diventato onnipresente e per svariate ragioni: il passaggio con relativa diffusione su larga scala dal pezzo unico alla serialità degli oggetti grazie alla produzione industriale, l'esuberanza dei mezzi della comunicazione di massa, il dominio imperante della società dell'immagine, facilità e immediatezza del messaggio per raggiungere un numero sempre più ampio di ascoltatori e spettatori con la conseguenza che “ciò che poteva essere un elemento negativo si trasforma in un elemento positivo dal punto di vista dell'efficacia nel mercato e quindi nel marketing. Dato che il marketing rappresenta uno dei fattori fondanti dell'arte contemporanea, anche la pubblicità e, naturalmente, la televisione, hanno voluto e dovuto servirsi di questo elemento, un tempo considerato deteriore; oggi invece ritenuto insostituibile perché efficace”. 
Cracking Art Group: Dalì a là (Omaggio a Avida Dollars  2004

 Un tempo altra era la denominazione, forse si diceva propaganda, ma Dorfles fa notare come anche nel passato si sia fatto uso di elementi kitsch: “...spettacolarità superficiale... Credo che, in questo senso, anche prima della nostra epoca, le grandi manifestazioni pubbliche, ludiche, sportive, agonistiche abbiano avuto degli elementi di kitsch. Allora non si chiamavano così, ma avevano proprio lo stesso scopo: di essere facilmente comprensibili dalla popolazione in toto.” e impossibile non pensare a strumenti, metodi e linguaggi delle dittature di ogni epoca e latitudine.
Martin Parr: Miami, Florida 1998  Magnum Photos/ Contrasto
 Interessante anche la riflessione dell'architetto Vittorio Gregotti che notando come “anche il monumento antico è divenuto anzitutto valore economico turistico ed è su questo anziché sulla conservazione specifica e sulla cura del suo contesto che si concentra l'attenzione pubblica......Disneyland è alle porte perché è ovunque” sottolinea pure lui il passaggio dal kitsch dell'oggetto,  in fondo innocuo, alla raffinatezza della contemporaneità che con quella  spettacolarità superficiale cui fa riferimento Dorfles, arriva addirittura a pensare kitsch, un atteggiamento kitsch del pensiero e del modo di operare. 

Corrado Bonomi: Piccoli Uomini - Benito  2002
 Sorridendo, ridendo, con stupore, curiosità, sconcerto e talvolta disgusto giriamo con le amiche per l'esposizione, la mostra è molto eloquente e non lascia drammaticamente scampo: tutti, ma proprio tutti, anche quelli che sanno nuotare, rischiano di annegare nella moderna sovraesposizione di kitsch; media, fotografie, pubblicità, pornografia, sport, arte, ovunque un oceano di kitsch, come un'immensa piovra dagli irresistibili tentacoli che avanza e tutto divora. Aiuto! Si salvi chi può!   
Statuette nano: icona del brand Love Therapy di Elio Fiorucci
Catalogo della mostra: Gillo Dorfles Kitsch oggi il kitsch  Editrice Compositori         

venerdì 20 luglio 2012

Bressanone: l'atrio del cielo

Con una spruzzata di ironia che non guasta mai mi dico che finalmente sono finite scarpinate e vacanze montane e me ne torno a casa a riposare pigramente. Sulla strada del ritorno però ci fermiamo qualche ora a Bressanone in val d'Isarco dal nome dell'omonimo fiume ed è una graditissima sorpresa perchè è molto bella.
 Brixen, come la traduce il tedesco, è una cittadina dalla storia molto antica, ma dove il barocco l'ha fatta da padrone; architettonicamente è dunque molto diversa dall'austera romanica e gotica Avignone nel Vaucluse provenzale, eppure queste due città  hanno suscitato in me un'impressione di profonda vicinanza. In entrambe, malgrado il loro importante ruolo politico-religioso nella storia, non è la spiritualità che vi si respira, quella lasciamola aleggiare per luoghi sacri e vicoli intra muros della Gerusalemme vecchia, ma il potere temporale della Chiesa, l'istituzione religiosa nella sua espressione più terrena  e secolarizzata.
  Città papale, Avignone, per circa cento anni, da quel 1309 in cui  Clemente V° e gli altri otto papi che gli sono succeduti l'hanno  scelta come propria sede di residenza; città vescovile, Bressanone,  antico stato ecclesiastico dai complessi equilibri  politico-istituzionali e dinastici durato circa otto secoli ( dall'inizio dell'XI° al 1801). Il Palazzo dei Papi di Avignone sarà contemporaneamente residenza papale, luogo di culto, fortezza e sede amministrativa e parimenti avrà autonomi poteri politico-religiosi la figura del principe-vescovo di Bressanone, uno dei tanti  signori del Sacro Romano Impero di Germania secolarizzato nel 1806 da Napoleone e inglobato dopo la Restaurazione del 1815 nell'Impero d'Austria.
Leopoldus v. Spaur  principe-vescovo 1747-1778
Questa fusione di funzioni spirituali e temporali nell'ambito del Sacro Romano Impero è frutto della politica dei re tedeschi durante l'alto medio evo che contavano sui vescovi da loro nominati per arginare l'influenza delle potentissime famiglie nobiliari. Tutta Bressanone si articola splendidamente intorno a questi luoghi del potere politico-religioso, l'area del palazzo vescovile, con castello e cittadella fortificata  ora divenuto Museo Diocesano, il Duomo con il suo chiostro straordinario tutto affrescato, la chiesa di San Michele.

Il primo Duomo in stile carolingio risale al X° secolo, sostituito da uno romanico  dopo un grande incendio nel 1174. E' della metà del '700 l'attuale duomo barocco commissionato dal principe-vescovo Kaspar Ignaz von Kuenigl: "Ora costruiamo il duomo. Deve assomigliare ad un grandioso salone, ad un autentico atrio del cielo. La sua caratteristica non sia lo stucco lustro, bensì il marmo". La processione che si tiene la terza domenica del tempo pasquale è una manifestazione popolare e religiosa di grande richiamo e pare che vi partecipasse regolarmente il cardinale Ratzinger in occasione delle sue permanenze a Bressanone.


Semplicemente meraviglioso l'attinente chiostro con i suoi affreschi gotici in 15 arcate dei  XV°-XVI° secoli. Leggo nell'opuscolo esplicativo che rappresenta il monumento artistico più  significativo di tutto l'arco alpino.
.Non sono una grande amante di arte sacra, ma a prescindere dalle opere, e durante la visita ne scopriremo certe di grande rilievo, quale originaria residenza dei principi vescovi di Bressanone, è il  Palazzo Vescovile stesso a offrire assoluto interesse. Sale di grande magnificenza, meravigliose stufe in maiolica, arazzi, mobili, quadri  di pregio, il rinascimentale cortile interno.

 La prima costruzione risale al 1200, trasformato in castello rinascimentale a fine '500 e due secoli dopo, voluto sempre dal principe-vescovo Kaspar Ignaz, l'ampliamento grazie alla nuova ala settentrionale con le sue sale di rappresentanza chiamate "appartamento imperiale". Dopo la secolarizzazione il palazzo verrà abitato solo in parte dal Vescovo che  trasferirà poi la residenza della nuova Diocesi a Bolzano. Dal 1974 il palazzo è museo e archivio diocesano.
Intorno al 1800, il principe vescovo Karl Franz Lodron sia per la cappella aulica che per una camera del proprio appartamento ordina due grandi "presepi" agli intagliatori- scultori Augustin Alois Probst e Benedikt Nissl. L'incredibile presepe di Probst, in miniatura, che contiene più di cinquemila figurine e racconta tutta la storia di Cristo partendo dalla Natività fino alla sua Passione sulla Croce non è che il primo di  una  collezione veramente straordinaria  del Museo Diocesano di presepi provenienti da  varie parti d'Italia. (la tempesta sul lago di Tiberiade nella foto qui accanto).  Mi hanno particolarmente colpito i "presepi ebraici" se li posso così definire che francamente non mi era mai capitato di vedere, la rappresentazione miniaturizzata cioé di momenti di vita e festività ebraiche come la Celebrazione del Tempio e Succot, la festa delle capanne.



Nell'attuale mostra temporanea del museo "Fede e devozione: simboli, immagini" stupende le maquette pop-up tridimensionali del primo '700 e certi ex-voto, sculture in legno o dipinti su vetro.
Ultima chicca di Bressanone è il bellissimo edificio della facoltà di Teologia. Un gentilissimo professore incontrato davanti all'androne ci racconta che all'epoca d'oro erano iscritti   fino a 600 seminaristi,  poi negli anni '70 una completa crisi di vocazioni, non c'era più nessuno, per questo l'Università ha aperto ai laici. Adesso ci sono 400 persone laiche che frequentano i corsi e fra loro 300 donne.

Rileggendo il post prima di pubblicarlo, trovo che sia troppo serio, assomiglia a una lezione di storia da bigino Bignami piuttosto che a una spensierata visita a Bressanone. Me ne scuso, non era certo questa l'intenzione. Purtroppo rimangono le vecchie abitudini da prof. con la mania di documentazione, spesso a posteriori, della storia di luoghi e monumenti che ho la fortuna e l'occasione di visitare. Vorrà dire che chiederò venia a quel meraviglioso San Vito, martire della Fede, in legno policromato del 1500 ammirato nella mostra Fede e devozione del Museo Diocesano.