Kolo Moser |
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Vienna 1900 dunque, grande laboratorio di idee, fucina di pensiero, clima fruttuoso per l'arte e per la scienza, come la Parigi fra le due guerre, come New York durante il secondo conflitto mondiale, riparo sicuro per artisti e scienziati europei. Mecenati della borghesia e saloni intelletuali sono allora in grande fermento, si cerca di conciliare tradizione e modernità: Hugo von Hofmannstahl, Arthur Schnitzler e Franz Werfel sperimentano nella scrittura, Gustav Mahler, Alban Berg e Schoenberg spingono lontano le loro ricerche musicali. Mentre Freud inizia a parlare di psicanalisi , Adoolf Loos rivoluziona l'architettura, Klimt avvolge le sue creature sulle tele in un colorato manto di eros e thanatos e Schiele con Kokoschka provocano con il loro espressionismo dalle forme e dalle tinte forti. Curioso notare che l'anno 1918 vede da una parte la fine del primo conflitto mondiale, ma anche la morte di quattro grandi esponenti della Secessione: Klimt, Otto Wagner, Kolo Moser e Egon Schiele.
Prima una visita al Wien Museum 400 opere grafiche di Klimt, tra stampe, litografie ed acqueforti; poi nello straordinario Quartiere dei Musei ( sorto all'interno dell'area un tempo destinata alle scuderie imperiali e dove si trovano ora il Leopold, il Mumok, lo Zoom ovvero il Museo per i bambini, la Kunsthallee e varie altre strutture culturali nonché caffè e ristoranti) e mi chiedo perché a Milano non sia possibile a differenza di altre città europee e americane creare un polo museale di tale bellezza, immancabile la mostra al Leopold, che possiede la più grande collezione al mondo di opere di Schiele.
Ma, già che c'eravamo abbiamo fatto una capatina anche al modernissimo Mumok per l'arte contemporanea, dove mi ha interpellata il significato artistico dell'opera "Halbvoll/halbleer" del 1975, un bicchiere d'acqua "Mezzo pieno/ mezzo vuoto" appunto dell'artista ceco Frantisek Lesak. D'accordo l'arte concettuale, l'arte povera, la Minimal Art, la Landart, ma malgrado tutti gli sforzi ho spesso problemi con l'arte contemporanea e se qualcuno mi volesse spiegare gli sarei molto riconoscente.
Bellissima all'esterno come all'interno la struttura dello Zoom, pieno di atelier creativi affollati di bambini e genitori.
Al Belvedere Superiore finita purtroppo la mostra "Gustav Klimtl/ Joseph Hoffmann, i pionieri del Modernismo" stupenda comunque quella attualmente in corso "I 150 anni di Gustav Klimt", con documentazione e opere della vita intima e familiare del pittore. Ciliegina finale i suoi quadri oro, apoteosi della raggiunta maturità artistica, il Bacio, Giuditta e Salomè.
Come ultimo flash dei giorni viennesi vorrei parlare del Museo di Arte Popolare, ricco di opere religiose e rurali austriache dove siamo andate perché si teneva una mostra sull'atelier di Moda di Emilie Floege, intimissima amica per tutta la vita di Klimt. Elena, sorella di Emilie, aveva sposato Ernst, fratello del pittore. Con Elena e l'altra sorella Pauline, Emilie aveva aperto nel 1904 il Salone di Moda "Sorelle Floege" nella vivace arteria di Mariahilferstrasse. Il Salone ebbe subito grande successo, un indirizzo prezioso per la Vienna che contava, Emilie viaggiava fra Londra e Parigi per portare a Vienna le ultime novità in fatto di tessuti e l'arredamento dell'atelier in bianco e nero in pieno art nouveau concepito da Hoffmann e Kolo Moser e realizzato dalla celeberrima Wienerwerstaette aveva lo stesso carattere moderno e rivoluzionario delle creazioni vestimentarie delle tre sorelle. E poi grazie alle sorelle Floege, una grande novità, per i loro vestiti moderni, morbidi e dal sapore anche folklorico non occorreva mettere il corsetto, considerato all'epoca necessaria prigione corporea. Il Salone chiuse i battenti nel 1938 e non credo serva dire il perché.
Della mostra per la verità siamo state deluse, solo qualche racconto e l'esposizione di campioni di stoffe prodotti dall'atelier delle sorelle Floege mentre con Gastone ci aspettavamo di trovare vestiti e modelli, ma tutto il male non viene mai per nuocere perchè è stata l'occasione per vedere due opere di fine 1700 della collezione permanente del museo: una stufa in ceramica e una scultura lignea di arte popolare che simboleggia il legame per la vita di due persone sotto l'occhio benedicente di Dio. Queste creazioni non c'entrano un bel niente con la Secessione, ma sono bellissime lo stesso.
Ammirevole articolo. Se posso, visiterò il Palazzo della Secessione, visto che non sono riuscita a visitare la mostra a Palazzo Reale a Milano. Non voglio perdermi il Beethovenfries. Penso che piacerà anche alla mia mamma.
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