Così, senza nessun senso della realtà, prima di arrivare fino a qui e vederla "in carne e ossa" mi sono cullata nell'idea di una città storica, preservata rispettosamente antica fra ciliegi in fiore, ponticelli, laghetti piene di carpe rosse e signore in kimono, in qualche modo imbalsamata nel tempo, un Mulino Bianco del Sol Levante insomma.
Che ingenuità! Come pensare che una metropoli di un milione e mezzo di abitanti, visitata da 40 milioni di turisti all'anno in un paese moderno e all'avanguardia come il Giappone godesse di un'immunità urbanistica, di uno statuto speciale fuori del tempo, di un lasciapassare della storia senza conoscere la speculazione edilizia e l'avanzare del cemento finanziato dai ricchi investitori di Tokyo o nuovi modelli comportamentali importati dall'Europa e dall'America?
A Kyoto è nato e continua a svilupparsi il gigante dell'elettronica dei giochi video Nintendo mentre tentano di sopravvivere le ultime case di legno e il manager in giacca, camicia e cravatta si accompagna con la moglie in abito tradizionale. Nelle brume dell'alba per le strade di Kyoto succede che i monaci intenti a fare il giro delle case per la questua giornaliera del cibo incrocino ragazze giapponesi, filippine, cinesi e thailandesi che rientrano dal loro lavoro nei bar, nei ristoranti, nei locali notturni. Chi si è appena alzato e chi se ne va a letto a dormire.
A Kyoto c'è proprio di tutto: l'areoporto e il mitico Shinkansen, il treno super rapido, gli autobus, la metropolitana sotterranea, ma anche un vagone pittoresco che si incunea in un budello talmente lungo e stretto che sembra quasi sfiorare le vecchie case.
Per le passeggiate romantiche ci sono persino i calessi senza i cavalli, ma tirati a mano da giovani baldanzosi , come li abbiamo visti nel vivace quartiere di Arashiyama sulle rive del fiume Oi, pieno di ristoranti e negozietti dove al tempo di Heian l'imperatore e la sua corte venivano a passeggiare e a divertirsi. Chi lo sa se anche qui ce l'avevano un cantautore locale che come il nostrano Odoardo Spadaro negli anni 50 gorgheggiava " com'è delizioso andar sulla carrozzella, sulla carrozzella sotto braccio alla mia bella...."?
Nel quartiere di Gion infine, un sapore rétro e apparentemente autentico come me lo aspettavo, case di legno, persiane abbassate, vicoli e vicoletti,, canali d'acqua, selciati di pietra, lanterne rosse che segnalano case da tè e ristoranti. Quando si è come noi dei turisti diurni e non notturni impensabile incontrare gheishe e maiko, le apprendiste gheisha, anche se per la verità mi sarebbe piaciuto vedere i loro volti bianchi, le loro capigliature così costruite, assistere a un'esibizione delle loro arti tradizionali cui sono state lungamente formate, la musica con lo shamisen, sorta di mandolino a tre corde suonato con un plettro d'avorio, la danza, la cerimonia del tè e l'arte floreale.
Quell'anima del "tempo che fu" certo è rimasta e ne abbiamo avuto sentore nei nostri giri fra templi, giardini e santuari, nei quartieri di Arashiyama e di Gion dove alle ore giuste magari avremmo incontrato le ultime geishe in circolazione, nei fascinosi giochi di luci e ombre fra gli alberi dei rigogliosi boschi circostanti, ma quel che è certo è che per le strade di Kyoto si aggira una seconda anima, quella del presente, con il traffico, i centri commerciali, i palazzoni, i marchi della moda occidentale, il telefonino incollato all'orecchio e le ragazzine con lo zainetto colorato sulle spalle e i leggings attillatissimi sulle gambe. Quanto queste due anime convivano pacificamente, non so dire.
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