Le cattedrali di vetro sono veramente spettacolari, ma mi chiedo se si tiene presente che per pulirle ci vogliono prestanze fisiche da consumati funamboli, altro che stipendi da fame, uno che rischia la vita così bisognerebbe pagarlo un patrimonio e proprio sul Corriere della Sera di due giorni fa leggevo che i riflessi della luce sulle vetrate disorientano i volatili migratori che vanno a sbattere contro i vetri. Una carneficina, nella sola Midtown di Toronto pare muoiano in questo modo assurdo 500 uccelli al giorno.
In avenue de Montaigne o Faubourg Saint Honoré a Parigi, nella Fifth avenue di New York, nel quadrilatero della moda a Milano, in via Condotti a Roma per dare prestigio al marchio bastano dei negozi lussuosi e scintillanti, in Giappone no, se a Ginza o a Omotesando non hai il tuo grattacielo personale non sei nessuno e evidentemente ne vale la pena, il business tira se si investono tutti quei quattrini per costruirli. Ci vuole un grattacielo, ed è a questo punto che fanno il loro ingresso le archistar, gli architetti internazionali e soprattutto giapponesi già famosi o in divenire.
Herzog & de Meuron per Prada, Renzo Piano per Hermès, Future System per la boutique Comme des Garçon, Toyo Ito per Tod's, Kumiko Inui per Dior, Shigeru Ban per Swatch, Jun Aoki per Vuitton e la lista sarebbe ancora lunghissima. Certo si possono preferire le vecchie pietre e i reperti archeologici, però bisogna ammettere che sono veramente bravi questi architetti giapponesi, non a caso lo studio Sanaa che ha concepito l'estensione del Louvre a Lens inauguratosi il 12 di questo mese, ha ottenuto il Pritzker, in qualche modo l'equivalente del premio Nobel in architettura.
Il Giappone è un paese molto regolamentato e strutturato, pochi sembrano essere gli spazi possibili per la fantasia e la creatività individuale; in questo panorama formalmente omologato l'urbanistica rappresenta un'isola felice, i piani regolatori meno rigidi che in occidente offrono agli architetti una grande libertà di cui loro, fortunatamente, approfittano a piene mani. Veramente straordinaria a questo proposito la St. Mary's Cathedral del grande Kenzo Tange a Tokyo, questa sì e non solo simbolicamente una vera cattedrale. La precedente, una struttura gotica in legno è stata distrutta dal fuoco di un raid aereo nel 1945, al suo posto nel 1963 è sorta l'attuale in laminato galvanizzato e martellato.
Herzog & de Meuron per Prada, Renzo Piano per Hermès, Future System per la boutique Comme des Garçon, Toyo Ito per Tod's, Kumiko Inui per Dior, Shigeru Ban per Swatch, Jun Aoki per Vuitton e la lista sarebbe ancora lunghissima. Certo si possono preferire le vecchie pietre e i reperti archeologici, però bisogna ammettere che sono veramente bravi questi architetti giapponesi, non a caso lo studio Sanaa che ha concepito l'estensione del Louvre a Lens inauguratosi il 12 di questo mese, ha ottenuto il Pritzker, in qualche modo l'equivalente del premio Nobel in architettura.
Il Giappone è un paese molto regolamentato e strutturato, pochi sembrano essere gli spazi possibili per la fantasia e la creatività individuale; in questo panorama formalmente omologato l'urbanistica rappresenta un'isola felice, i piani regolatori meno rigidi che in occidente offrono agli architetti una grande libertà di cui loro, fortunatamente, approfittano a piene mani. Veramente straordinaria a questo proposito la St. Mary's Cathedral del grande Kenzo Tange a Tokyo, questa sì e non solo simbolicamente una vera cattedrale. La precedente, una struttura gotica in legno è stata distrutta dal fuoco di un raid aereo nel 1945, al suo posto nel 1963 è sorta l'attuale in laminato galvanizzato e martellato.
Che dire? Se questi sono i risultati, salutiamo rispettosamente (in senso architettonico) il dio shopping. Dopo essere venuta da queste parti e aver visto la sudditanza locale per il "Marchio" comprendo meglio le code milanesi davanti ai negozi del lusso di via Montenapoleone e dintorni. Un paio di mutande costa 150 euro eppure sono tutti lì ordinatamente in fila come se si distribuisse il pane gratis. Noto che le scarpe si "elevano" come i grattacieli e segnalo che anche il Giappone tradizionale in fatto di moda si sta dando da fare proponendo le ultime novità.
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