La strada da Lécony a Franceville è bellissima e magnificamente asfaltata; si passa per la zona "des Eaux claires" per via delle acque cristalline del fiume Lécony che nasce dal Canyon Rosa nei Plateaux Batéké e dove i bambini dei villaggi vicini amano fare il bagno e per Bongoville, la cittadina dal nome della famiglia presidenziale.
In occasione della CAN, Coupe d'Afrique des Nations, il XXVIII° Campionato di Calcio Continentale Africano tenutosi fra gennaio e febbraio 2012 le cui fasi finali si sono svolte in Gabon e Guinea Equatoriale, a Bongoville si sono costruiti un immenso villaggio olimpico e vari stadi in giro per il paese.
Fa riflettere il fatto che si siano create strutture importanti e costose ora lasciate inutilizzate per solo 2 o 3 partite disputate. Lungo la strada anche lo scheletro di un liceo scientifico iniziato e mai terminato, l'ipotesi fortunatamente non condotta a termine di studenti che dalle città avrebbero dovuto trasferirsi nel cuore della giungla per studiare. L'impressione di iniziative incomprensibili, di progetti abortiti sul nascere, di costruzioni lasciate a metà, di investimenti sprecati, accompagna spesso il viaggiatore nel suo girovagare e anche se, dai nomi altisonanti e dall'architettura modernissima, apparentemente c'è tutto, ministeri- centri- uffici- organizzazioni- alberghi, si finisce per scoprire che spesso sono dei contenitori vuoti dove dentro non succede nulla o tutto funziona a stento, più apparato che sostanza e chiaramente visibili il degrado delle strutture sia per il clima che per l'incuria generale.
Franceville, prima denominata Francheville poiché abitata da schiavi affrancati, nel 1886 contava due magazzini, un negozio, poche case coloniali, un villaggio riservato al personale africano, ora grazie al boom demografico e allo sfruttamento delle ricchezze minerarie della regione, è la terza città del Gabon ( più di 40.000 abitanti) dopo Libreville e Port Gentil. Per la sua posizione isolata ed estrema e per ragioni economiche la regione dell'Alto-Ogooué è stata sotto l'amministrazione del Congo geograficamente più vicino dal 1925 al 1946, fino a quando la ferrovia Transgabonese ha finalmente collegato Franceville alla capitale. Da allora per svilupparsi Franceville ha largamente beneficiato di una politica di decentralizzazione e l'arrivo al potere del past presidente Bernard-Omar Bongo, nativo della regione, ha largamente contribuito all'espansione, decollata negli anni 70.
Franceville è la città più bella perché a parte il centro, Potos, caotica zona di mercato, si estende su un vasto territorio verdeggiante e collinare, manca ancora un cinema o un centro culturale, ma ci sono l'aeroporto, l'Università e, fiore all'occhiello, il prestigioso Centro Internazionale di Ricerche Mediche ( CIRMF) che, con più di 500 pubblicazioni al suo attivo, opera all'avanguardia in vari campi, dagli studi sull'ambiente e l'ecologia applicata alla parassitologia e virologia con particolare attenzione al pericolosissimo virus Ebola.
Ci siamo ritrovati a Franceville il 31 dicembre, a Potos grande fermento di acquisti per il cenone imminente. Le donne africane sono molto "coquette", in un bugigattolo all'interno del mercato, fra una profusione di odori alimentari resi più intensi dall'aria caldo-umida, i parrucchieri lavorano alacremente per valorizzare le bellezze locali; chi vende parrucche e extension fa quattrini a palate perché tutte le adoperano utilizzando i propri capelli solo come base per le varie applicazioni.
Ce ne andiamo a pranzare a New Garage, il ristorante più "in" del centro, Francesco riceve deliziose banane fritte e un pesce che è più grande di lui e non ci sta nel piatto. Qui lunghe chiacchiere con Aymar il proprietario, un gigante dalla risata esplosiva che con quei meravigliosi denti bianchi che hanno tutti da queste parti risulta ancora più bella. Come al solito, magia della comunicazione africana, il contatto umano si crea velocemente e Aymar ci invita per il cenone a casa sua, ci sarà solo la famiglia stretta, chiedo giusto per curiosità il menù: scimmia, pitone, lombrichi, gazzella, cinghiale, porcospino...e le nostre bestie abituali. Lo so, sarebbe stata una bella occasione per conoscere "dal di dentro" una riunione familiare, ma non ne ho approfittato preferendo come molte altre volte per l'ultimo dell'anno andarmene a letto presto a leggere dopo essermi fatta 4 formaggini vache qui rit e del pane. I ragazzi invece ci sono andati scoprendo che "la famiglia stretta" era rappresentata da una trentina di persone.
Nel nostro albergo (che come altri nel paese appartiene a qualche membro della famiglia presidenziale) abbiamo la fortuna di un incontro appassionante, Jean-Louis Albert, di professione specialista in campo biomedico, che per lavoro ha vissuto in molti paesi dell'Africa centrale. Non solo spettatore negli anni di guerre, conflitti e delle difficoltà storico-politiche che hanno accompagnato molte realtà locali e di conseguenza profondo conoscitore dell'Africa, Jean-Louis, da appassionato naturalista è anche studioso di insetti e farfalle, ne ha addirittura scoperta una nuova specie da lui repertoriata come "KEDESTES ekouyi".
A casa sua ci mostra qualche esemplare della sua ricchissima collezione di farfalle notturne dai colori pallidi, e diurne, cromaticamente ben più vivaci, io ne approfitto per fotografare anche due delle sue bellissime maschere in salotto. Per chi vuole sapere tutto sul Gabon e in modo approfondito, vale veramente la pena di guardare il documentatissimo sito web di Jean-Louis e le sue note di viaggio.
E poi a circa un'ora di 4X4 da Franceville c'è stata la stupenda avventura del ponte di liane. La località si chiama Poubara e risulta una sintesi di tradizione e modernità perché per arrivare al vecchio ponte tutto intrecciato secondo tecniche tradizionali dell'Alto-Ogooué si passa per una stazione idroelettrica che sfrutta l'energia di cascate e della forte corrente delle acque. Fa un certo effetto vedere scritte in cinese, ma ormai imprescindibile dovunque l'alacrità del levante.
E poi a circa un'ora di 4X4 da Franceville c'è stata la stupenda avventura del ponte di liane. La località si chiama Poubara e risulta una sintesi di tradizione e modernità perché per arrivare al vecchio ponte tutto intrecciato secondo tecniche tradizionali dell'Alto-Ogooué si passa per una stazione idroelettrica che sfrutta l'energia di cascate e della forte corrente delle acque. Fa un certo effetto vedere scritte in cinese, ma ormai imprescindibile dovunque l'alacrità del levante.
Seguendo scrupolosamente le regole tradizionali la struttura viene rifatta ogni anno e durante la cerimonia di inaugurazione del nuovo ponte la gente del villaggio ringrazia quello vecchio per i servizi resi.
Notoriamente non sono una gran sportiva, ho anche pensato a un tentativo di Francesco di sbarazzarsi della sottoscritta, -mamma se n'è andata portata via dalla corrente- suonava bene, in fondo sarebbe stata una fine avventurosa, non certo banale, e invece no, ce l'ho fatta e ne sono molto fiera.
Per misteriose e insondabili ragioni, con il conquistato biglietto in mano che già è un'impresa ed essere passati indenni dagli innumerevoli controlli con documenti alla mano, tutti coloro che salgono sul treno a Franceville direzione Libreville, noi compresi che scenderemo alla Lopé, vengono ammassati sullo stesso vagone. Sembra un carro bestiame, non scrivo a cosa ho pensato, aria condizionata rotta, caldo da svenire, donne, uomini, bambini, bagagli, masserizie, bastoni di manioca "odorosa", tutti insieme appassionatamente. Girando per il treno alla ricerca di una qualche forma di salvezza si scopre che tutti gli altri convogli sono completamente vuoti. Mi vengono in mente le parole di Padre Leandro: "ça c'est l'Afrique".
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