Urbanisti, architetti, paesaggisti, designer: molteplici ora gli indirizzi di studio, ma un tempo non era così, agli albori del novecento l'architetto si presenta come un "tuttologo", vero demiurgo globale nell'immaginare e progettare il vivere dell'uomo dall'oggetto di uso comune, alla singola abitazione, all'organizzazione di intere aree urbane se Walter Gropius fondatore del Bauhaus può riassumere nel 1919 il manifesto-programma del movimento in sole quattro parole "dal cucchiaio alla città", sintesi poi riproposta negli anni 50 da Ernesto Nathan Rogers che ne farà addirittura il titolo di un libro.
L'architetto come un vero "filosofo" a largo spettro del vivere poiché al di là della registrazione del presente immagina, sogna, denuncia come sarà, potrebbe essere o pericolosamente diventare il futuro dell'abitare. Molte le riflessioni suscitate dalla interessantissima mostra "La città nuova. Oltre Sant'Elia. 1913 Cento Anni di Visioni Urbane 2013" che si tiene a Como nella settecentesca dimora nobiliare Villa Olmo che fra le sue mura ha visto passare personaggi del calibro di un Napoleone e Garibaldi. Complice una domenica finalmente di sole in questo mese di maggio che sembra novembre ci sono andata e ne scrivo subito perché quest'esposizione non bisogna perderla, chiuderà i battenti a metà luglio. Oltre la mostra, in regalo lo spettacolo del lago e delle sculture ispirate al mondo del mare nel giardino davanti alla villa.
Se l'ha intuito la letteratura con scrittori visionari come Jules Verne, non saranno certo gli architetti, reali progettisti delle scatole con porte e finestre che ci contengono, a non capire che il mondo è cambiato prima lentamente poi sempre più in fretta e continua a farlo, che le città si sono trasformate in metropoli e certe perfino in megalopoli visto che ormai quasi il 70% della popolazione mondiale si è trasferita dalle campagne nei centri urbani. Ed ecco allora in visione alcuni esempi che hanno precorso i tempi, che hanno saputo guardare lontano a partire dagli stupendi schizzi e bozzetti presentati per la prima volta nel 1914 in occasione della mostra Nuove Tendenze di quella Città Nuova mai realizzata del comasco Antonio Sant'Elia che accompagnati da un vivace pamphlet rivisto dalla mordace prosa di Marinetti sarebbe poi diventato il Manifesto dell'architettura futurista.
Ecco gli straordinari bozzetti per la scenografia di Metropolis, capolavoro filmico del 1927 del regista tedesco Fritz Lang ( il film è vedibile in una sala della mostra). Opera che farà dire al grande Bunuel: "il cinema sarà l'interprete più fedele dei più audaci sogni dell'architettura". Realizzati virtualmente sullo schermo con grande effetto suggestivo quei principi di un'architettura che voleva lasciarsi alle spalle "tradizione, stile, estetica, proporzione" un'architettura che nel '900 cerca uno sviluppo "verticale" e sfida il cielo come forse solo le cattedrali gotiche avevano osato nel passato.
Ecco la silhouette di una città con i grattacieli fra il verde secondo il progetto globale di Le Corbusier per Une Ville Contemporaine de trois millions d'habitants messo a punto con Pierre Janneret e presentato al Salon d'Automne di Parigi nel 1922; progetto ideale di una città da edificare su una pianura vergine. (Con gli amici dell'Associazione Le Corbusier ho avuto il privilegio di visitare nel Punjab Chandigarh, una città questa volta reale progettata e realizzata da "Corbu" negli anni 50).
Ecco emergere invece nel progetto di Broadacre di Frank Lloyd Wright il netto rifiuto della grande città di cui New York è simbolo per eccellenza, l'idea di decentralizzazione, di alternativa agli spazi verticali, la sua visione di spazi aperti. Wright propone una "free city", "non semplicemente perché essa è basata sulla unità minima individuale di un acro (o più), ma, ancor più importante perché quando la democrazia costruisce qualcosa, questo è la città naturale della libertà nello spazio, nella quale l'uomo si rispecchia" come leggo nel catalogo della mostra nell'articolo di Jean-Louis Cohen dedicato all'architetto americano. E Cohen scrive ancora:" la città non scompare più tra i vapori dell'inquinamento metropolitano, ma si dissolve nel territorio....."
E in anni più recenti che dire del progetto del 1964 "Walking City: Moving" di Ron Herron o di "No-Stop City. Veduta di città" del 1970 del gruppo Archizoom Associati
o di "Monumento continuo. New-New York" del 1971 di Superstudio o ancora di "The birth of RMB City" del 2009 del cinese Cao Fei? Non sono architetto e non ho competenze in materia, ma leggendo il catalogo e le didascalie esaustive lungo il percorso museale comprendo che si tratta di diverse scuole di pensiero, riflessioni, denunce, proposte, visioni legate di volta in volta ad interrogativi dell'architettura e al contesto storico del momento. Sono stata però affascinata dallo slancio creativo di questi lavori; forse come per la moda, non è che tutti i modelli incredibili che sfilano in passerella verranno poi realizzati e indossati, ma testimoniano di un potere della fantasia e del pensiero, indicano possibili ed impossibili direzioni e orientamenti.
Non immaginaria ma esistente e reale invece la cotoletta squisita che mi sono mangiata al Ristorante Il Gatto nero sulle alture di Cernobbio e altrettanto reale la vista mozzafiato che si godeva dalle finestre. Bellissima poi la Villa Bernasconi in stile liberty acquisita dal comune di Cernobbio.
Per non sprecare il tramonto un giro a fine giornata nella Como storica: