Lasciando Santa Fe in direzione di Denver usciamo da quell'area sterminata che comprende gli stati di Arizona, Colorado, Nevada, New Messico, Utah, l'itinerario turistico classico di chi visita il sud-est degli States e che gli americani chiamano virtualmente Grand Circle; esiste addirittura la Grand Circle Association i cui membri, immagino, vegliano e si impegnano per la salvaguardia di questo straordinario patrimonio umano e naturalistico.
Una giornata intera in macchina perché Denver non è dietro l'angolo, per i nostri amici americani si tratta di noccioline, loro sono abituati alle grandi distanze. Tuttavia a una quarantina di chilometri da Santa Fe il nostro anfitrione ha deciso una sosta per farci visitare Il Santuario di Chimayo. All'interno un bellissimo altare ligneo tutto dipinto, retabli e oggetti sacri intagliati.
Si tratta di un edificio di importanza storica perché questa chiesa spagnola in adobe rappresenta il luogo di pellegrinaggio più importante del sud-ovest. Ogni Venerdì Santo quasi 30.000 pellegrini arrivano fin qui a piedi anche da Albuquerque.
Però Cheryl e Jere sono rimasti molto sorpresi: l'ultima volta che erano venuti qualche anno prima avevano trovato un'atmosfera raccolta, il Santuario di estrema semplicità e sobrietà, proprio come lascia intuire una vecchia foto d'epoca mentre ora organizzazione alla grande, vialetti cementificati, aree ristoro, bancarelle piene di prodotti, un certo odore di business col sacro. Non vorrei mancare di rispetto, ma mi ha particolarmente colpito il cartello di uno strano sincretismo gastronomico-religioso.
Preferisco senz'altro questa rappresentazione naif del luogo.
La mattinata è poi finita in gloria intorno a un grande tavolo sotto le fresche frasche al poco distante Rancho di Chimayo quotato per la sua eccellente cucina messicana. Tranne la sottoscritta (astemia) come al solito i commensali pasteggiano a margarita (tequila, lime, ghiaccio, sale sul bordo del bicchiere) che a vederli bere pare scendere in gola come acqua di sorgente. Alla boutique del Rancho in vendita delle croci con le piume colorate che così non le avevo proprio mai viste, arazzi e dipinti di angeli condottieri che sembrano reduci dalle Crociate medievali.
Lungo il percorso abbiamo incontrato sterminate campagne irrigate, fattorie solitarie, una casa particolarissima che mi ha fatto pensare alla magica fantasia di un Hundertwasser locale, le Rocky Mountains sempre più vicine e sempre più ammantate di bianco.
Nella sosta ad Alamosa, un altro di quei paesotti anonimi americani in cui non andresti a vivere per nulla al mondo, sorprende in buon gusto e il calore dell'accoglienza del caffè La Puente. Un gruppo di cittadini di Alamosa coinvolti in situazioni di disagio sociale e materiale hanno creato l'Associazione La Puente, un vero centro di accoglienza per combattere uniti la povertà e l'indigenza in questa San Luis Valley del Colorado. Dapprima semplice ospitalità agli homeless, i senza tetto, poi progressivamente un'organizzatissima rete di solidarietà che offre svariati servizi, dai pasti caldi agli aiuti alimentari in casa, dall'assistenza ai bambini a un centro di ascolto e di intervento per i problemi della gente.
Quasi alle porte di Denver, che vedrò per la prima volta illuminata di notte dal balcone di Marco, ci facciamo un hot dog di modeste proporzioni e non gigante come quello dell'insegna, fa un freddo barbino e rimpiangiamo già cactus, deserti e sole; fotografo una stalagmite di ghiaccio e immortalo Cheryl e Jere che sempre con contagioso entusiasmo hanno condiviso con noi frammenti del loro bellissimo paese.
Nessun commento:
Posta un commento