lunedì 30 settembre 2013

Signora Mangano: girovita 65 centimetri

-" Sara, vai a vedere al Teatro Manzoni la mostra Making Dreams sulla collaborazione delle sorelle Fendi con il cinema; adesso c'è la settimana della moda e si entra solo su invito, ma poi e fino al 6 ottobre sarà gratuita e aperta a tutti".  Dei suggerimenti telefonici di qualche giorno fa dell'amico Walter mi fido alla grande e poi lui è uno che nel mondo della moda ci ha sempre lavorato e se ne intende. Io invece del "fashion" e ancor meno di pelli e pellicce non me ne intendo per niente, ne ho ereditata una da mia madre che ho subito regalato, ma ho colto il consiglio e lo ringrazio pubblicamente, la mostra mi è piaciuta molto.
Si è fatto un allestimento alla grande: delle passerelle di vetro montate a vista sopra la platea del teatro introducevano a vari ambienti, ognuno costruito con materiali diversi a significare anche nella concezione degli spazi la ricchezza e la varietà del made in Italy che della creatività ha fatto la sua bandiera e ogni ambiente sviluppava un tema del rapporto cinema-moda della Maison. In uno di questi le 5 sorelle Fendi, una vera dinastia, raccontano la passione per il cinema che si è sempre respirata a casa loro, nelle serate domestiche calava un telo bianco  e tutti a guardare la settima arte in religioso silenzio. 
Adoro le scenografie e i bozzetti dei costumi e ho avuto occasione di vedere gli schizzi di Leon Baskt per i balletti russi di Diaghilev, quelli di Chagall per L'Uccello di Fuoco musicato da Strawinskij, anche quelli di Picasso per il balletto Parade con musica di Satie intorno al poema di Jean Cocteau. Assolutamente straordinari i risultati quando le varie arti vanno sinergicamente a braccetto e ogni artista esprime liberamente i suoi talenti, ma del rapporto moda-cinema la mia ignoranza è profonda, a parte le misure di Silvana Mangano che adesso non hanno più segreti.
Del connubio moda-cinema non avevo mai visto quasi nulla, poche e generiche informazioni, per esempio che Gianni Versace è stato un grande nel fare costumi per la scena, che Yves Saint Laurent ha spesso vestito per lo schermo e la vita privata Catherine Deneuve, che la meravigliosa Audrey Hepburn è stata la musa di Hubert de Givenchy e chi non se lo ricorda quel tubino nero di Colazione da Tiffany, al massimo so riconoscere il rosso Valentino sulle attrici che sfilano in passerella al festival di Cannes. 

L'allestimento al Manzoni offre  l'occasione di vedere "dal vivo" i grandi saperi della creazione e della straordinaria lavorazione artigianale che le sorelle Fendi hanno messo a disposizione della settima arte, lavorando con i più grandi nomi della regia, da Visconti a Martin Scorsese e Tornatore, solo per citarne qualcuno. In bella mostra le pellicce indossate da Madonna per la sua interpretazione di "Evita", (la Peron evidentemente non amava solo le scarpe),  da Gwineth Paltrow in "The royal Tenenbaums" del 2003, da Michelle Pfeiffer per "L'età dell'innocenza"e poi ancora creazioni per un film di James Bond, per  "La leggenda del pianista sull'oceano", per "Io sono l'amore". 


La pellicola "Gruppo di famiglia in un interno" del 1974 di Visconti l'ha però fatta da padrona perché la Maison Fendi non solo ha realizzato all'epoca i capi della Marchesa Bianca Brumenti, una raffinatissima Silvana Mangano, ma ha anche provveduto al restauro del film nel 2013. In visione nella mostra "Making Dreams" il film e anche molte interviste, Bernardo Bertolucci e il critico Maurizio Porro per esempio, che raccontano   vari risvolti dell'opera. 

Ma quello che ho preferito è stato un filmato: una modella avvolta in  incredibili pellicce, ça va sans dire, ci trasporta con lei in una lunga passeggiata per la mitica Cinecittà romana. La vediamo incedere elegante e sinuosa tra scaffali stracolmi di bobine e chilometri di pellicole, tra palazzi e antichità fasulli eppure magicamente ricostruiti, tra set vuoti e nebbie artificiali, lo straordinario mondo del cinema che ci ha fatto e ci fa ancora e sempre sognare. Grazie Sorelle Fendi per la qualità del vostro lavoro e grazie Walter per il consiglio.
    

giovedì 26 settembre 2013

fedeltà al plurale

lo stupendo e fedelissimo amico Baldo
Nessuna intenzione di parlare di tradimenti vari, politici- ideologici- erotico-sentimentali- frizzi e lazzi- cazzi e mazzi, al contrario, il pensiero si concentra sul suo speculare opposto, la-le "fedeltà". Come suona bene, che bella parola, mi piace anche tanto il suo significato, quello che ci sta dietro. In francese ancora di più, "fidélités" perché graficamente c'è il plurale che traduce  meglio la vasta gamma delle possibilità, i tanti campi in cui la parola può spaziare ed esercitare il suo fascino. Speriamo che quelle quattro consonanti e tre vocali non diventino un "caro estinto" perché il suo uso e consumo non vanno più tanto di moda, sollecitati- curiosi- eclettici- distratti- aperti al nuovo e al cambiamento come siamo diventati; le ventate di modernità spesso la spazzano via, risulta troppo faticosa, scomoda, impegnativa, spesso anche noiosa, meglio relegarla là in un angolo dove finisce tutta ricoperta di polvere. Quest'estate mi è capitato di rifletterci tanto, succede alla mia età di fare dei bilanci. Ho pensato che se mi si chiedesse di identificarmi con un animale non avrei ombra di dubbio, risponderei senza esitazione "un cane" quello splendido quattro zampe, se di pura razza bastarda ancora meglio, sempre fedelissimo al suo padrone che talvolta non se lo merita proprio di essere così amato perché è anche capace di abbandonarlo su un'autostrada torrida ai primi d'agosto, chissà come mai. Noi invece, i due zampe eretti, crediamo di essere liberi, ma i "guinzagli" in realtà ce li abbiamo, eccome! Sono o dovrebbero essere i nostri valori, le cose in cui crediamo, la coerenza a scelte tentate, sogni, affetti, famiglia, amici; magari sono diventati logori, magari certi hanno fatto cilecca, magari un po' ci hanno deluso, però ci hanno accompagnato per una vita, come si fa a voltare le spalle e non tenere conto che nel frattempo anche noi siamo invecchiati e non sprizziamo più scintille, abbiamo probabilmente deluso e sbagliato un bel numero di cose? Per fortuna le esperienze della storia privata e di quella collettiva talvolta insegnano qualcosa, servono a cambiare salubremente idea, ci mancherebbe altro, questo non significa "tradire" ma crescere, per fortuna una certa flessibilità aiuta, strada facendo, a correggere il tiro, ma credo che la fedeltà sia un approccio interiore che vada salvaguardato, mi sembra prezioso. Il mio caso è disperato, credo di essere inguaribilmente fedele "a priori", persino a un sassolino raccolto durante una passeggiata, alla tuta da ginnastica ormai piccola e deformata di chissà quanti anni fa, a un articolo di giornale ritagliato che ha offerto un istante di emozione, a una vecchia pentola  brunita di alluminio che usava la mamma quando faceva il budino, alla sabbia  di una spiaggia lontana ospitata in un ex barattolo di marmellata sopra una mensola; certi oggetti non hanno solo un valore servile,  ci hanno accompagnati, entrano anche loro nel nostro mondo e come tali ci invitano alla fedeltà del ricordo.
"Un uomo che non sa da dove viene, non sa nemmeno dove va" sostiene lo scrittore Marek Halter, invitando tutti alla riflessione, alla conoscenza  e alla fedeltà forse più fondante, quella  verso le proprie radici e la propria storia, un tema che mi sta molto a cuore e ci ritorno spesso. Marek Halter, scrittore, leader dell'antirazzismo mondiale, come molti altri prestigiosi ospiti e più dibattiti interessanti, sarà presente con una lectio magistralis alla prima edizione del festival internazionale di cultura ebraica che si terrà a Milano da sabato 28 settembre a martedì 1 ottobre e ci andrò senz'altro. Questione di ascoltare, questione di imparare, questione di pensare, questione di fedeltà.     www.jewishandthecity.it 



domenica 22 settembre 2013

chicche parigine

Per smussare la seriosità del post precedente e per terminare con leggerezza i giorni parigini, vorrei proporre qualche chicca di questo mio ultimo soggiorno. Per fortuna a Parigi si può contare su un patrimonio immenso e straordinariamente valorizzato, musei, giardini, angoli magici e curiosità che la città, vero pozzo di S. Patrizio,  offre generosamente perché adesso che ci vive mio nipote Noam mi sa che ci farò spesso una capatina, non vorrei perdermi le ultime mostre ma soprattutto lui che cresce .


Chicca numero 1: il villaggio di Charonne



Non solo non ci ero mai stata, ma non ne avevo nemmeno mai sentito parlare; grazie Francesco che come uno chef di alta gastronomia che vuole sorprendere vista e palato cerchi sempre per me itinerari insoliti.

Si scende al Métro Porte
de Bagnolet nel 20° Arrondissement, si sale una scala ed ecco la rue Irénée Blanc che con altre stradine limitrofe offre  un silenzioso, pittoresco borgo campagnolo, villette individuali, giardini e alberi di vite a volontà; qui il tempo si è fermato, si potrebbe pensare di essere dovunque, ma non certo in piena Parigi dove il tempo non si ferma mai. Come in ogni paesino che si rispetti non manca la chiesa e la piazza, Place e rue S. Blaise. La rue S. Blaise è la strada principale di quello che era un tempo l'antico villaggio di Charonne, assorbito dalla grande metropoli nel 1860. Borghesi e aristocratici della capitale portavano qui spesso e volentieri i neonati a balia e si facevano costruire delle residenze secondarie. Gli SDF parigini, (sans domicile fixe) hanno scoperto questo angolo ben prima di noi perché ci hanno piantato la loro tenda-dimora.
http://www.mairie20.paris.fr/mairie20/jsp/site/Portal.jsp?page_id=887
Chicca numero 2: l'Hotel de Sully
Attuale Centro dei Monumenti Nazionali, quell'organismo pubblico del Ministero della Cultura che gestisce più di 100 monumenti nazionali di grande prestigio, la costruzione di questo "Hôtel Particulier" la si deve a un ispettore delle finanze che nel 1624 voleva la sua dimora accanto al centro del potere, la Piazza Reale, oggi place de Vosges nel Marais. Solo dieci anni dopo il luogo divenne proprietà del primo duca di Sully, ministro delle finanze e soprintendente degli edifici del re Enrico IV e ha appartenuto alla famiglia fino al XVIII° prima di diventare patrimonio dello Stato nel 1944. Se si entra al 62 di rue Saint-Antoine è bellissimo accedere alla Place des Vosges attraversando edifici e giardini dell'Hôtel de Sully.

 Chicca numero 3 sempre nel Marais: i giardini degli Archivi Nazionali
Negli anni ci sono passata davanti non so quante volte senza mai entrare e la scoperta di questa bellezza nascosta la devo all'amico Eugenio che abitando lì vicino ci va spesso a leggere e passeggiare.

Creati durante la Rivoluzione Francese, gli Archivi Nazionali raccolgono, conservano e valorizzano gli archivi delle amministrazioni centrali dello Stato e anche atti privati e notarili di Parigi dal VII° secolo fino ai nostri giorni. Leggo che entro quest'anno sta per essere ultimato, o forse lo è di già, un nuovo sito progettato dall'architetto Massimiliano Fuksas a Pierrefitte-sur-Seine dove verranno trasferiti gli archivi posteriori al 1790. Si fa notare l'Hôtel de Soubise destinato da Napoleone I nel 1808 a far parte del grande complesso degli Archivi Nazionali. L'edificio adesso ha una funzione museale con anche esposizioni tematiche, luogo di incontro fra il passato e il pubblico perché presenta i più importanti documenti della storia di Francia.
Chicca numero 4:  Les Marionnettes du Marais.
C'è la Storia maiuscola, ma anche quella con la s minuscola.  Il negozietto in rue Elzevir della vivacissima  Roxana, una peruviana che vive da molti anni a Parigi, è una vera delizia e luogo di poesia. La fiaba di Cappuccetto Rosso e tante altre sono rappresentabili in una mano, Coloratissime marionette da infilarsi sulle dita tutte fatte rigorosamente a mano con tre ferri da maglia nell'atelier poco distante.
Chicca numero 5 e sempre nel Marais: Menkes



Anche da noi sta andando molto di moda ballare  il tango, lanciarsi in ritmi afro-cubani, abbandonarsi freneticamente a salse, merengue e compagnia e poi, con i tempi che corrono non si sa mai, spuntano anche le metamorfosi in Drag-Queen notturne. Per essere allora superfighe-supercazzole come diceva il compianto Tognazzi nel film "Amici miei", non si può non entrare da Menkes,  fornitissimo di tutto l'abbigliamento necessario.



Ultima chicca delle serie: Le Balajo


Di notte purtroppo ormai cerco di andare a letto presto e di baldoria non ne faccio più, ma la rue de Lappe, prima traversa a destra di rue de la Roquette tre passi dalla piazza della Bastiglia, attaccata a casa di Francesco, di giorno è pressoché deserta e sonnecchia silenziosa ma la sera è un casino gigante, un brulicare frenetico di gente di tutte le età, razze e colori fra locali, ristoranti e ristorantini. Spicca l'insegna del dancing Balajo che sembra un invito in milanese ai vortici della danza. Sono andata dentro a guardare, divertente ambientazione belle-époque.








Naturalmente è forse inutile dire che la vera chicca number one del soggiorno parigino è mio nipote Noam, ma questa è un'altra storia ..........