giovedì 18 settembre 2014

sempre più vicini, sempre più lontani

Nell'inserto "La Lettura" del Corriere della Sera del 7 settembre, ho letto un articolo del filosofo Giovanni Reale che ha suscitato varie riflessioni: l'articolo si intitolava "Heidegger anti-web: le cose ci sfuggono se sono troppo vicine". Non conosco diversi pensatori che l'autore evoca per sostenere i suoi ragionamenti, sottolineare cioè non solo gli aspetti positivi, ma anche quelli negativi della rivoluzione informatica, alcune citazioni però mi hanno colpito. Quella per esempio del filosofo francese Paul Virilio secondo cui la rivoluzione dell'informatica costituirebbe una "tragedia della conoscenza", "una confusione babelica dei saperi individuali e collettivi" poiché, spiega Reale "l'automatizzazione delle conoscenze e dei saperi, infatti, si sostituisce alla diretta "interazione fra le cose e l'intelligenza degli uomini" e, quindi, elimina i linguaggi delle vive parole e delle cose, e provoca "una dimenticanza della realtà" nel suo spessore ontologico, sostituendola con il virtuale". Una dimenticanza non solo delle cose, ma anche degli altri uomini.  E Giovanni Reale cita poi Karl Jaspers che già nel lontano 1939 si interrogava su "...questo mondo della responsabilità anonima, che grazie alla propria arte di organizzazione ha poi portato a un mondo della reciproca estraneità. Chi è il vicino con cui viviamo?" Probabilmente banalizzando questi concetti, ho cercato di applicarli e verificarne la validità nella mia modesta realtà, quella cioè di una blogger che ogni giorno passa delle ore davanti al computer, uno scrivere solitario, un isolamento progressivo che mi porta delle gratificazioni ma che certo ha ridotto grandemente gli spazi della mia socialità. In qualche modo sono cambiata, non ho più lo stesso bisogno dell'incontro, cerco meno il confronto diretto con "l'altro" perché mi "autosoddisfo" attraverso la conversazione virtuale con lo schermo, in fondo l'occasione di dire in quella sede, a ruota libera, i miei pensieri senza un autentico confronto-riscontro umano, con il rischio reale di diventare un orso solitario che lancia parole nel vuoto, cosa che in parte sta già avvenendo. Attraverso un programma che mio figlio Francesco mi ha installato, posso poi verificare giornalmente in quanti mi hanno letto, quali articoli, da quali paesi; sono contenta, anonimi lettori servendosi probabilmente del traduttore automatico molto impreciso, ma comunque meglio che niente, o italiani che vivono all'estero, scelgono o capitano per caso sul mio blog dai paesi più lontani e più disparati, entro così nelle case del Bahrein e del Giappone, in Cina e persino in Uzbekistan, viaggio virtuale da un certo punto di vista assolutamente "straordinario". Però cosa ne so di dove vado a finire? Chi sono questi fantomatici lettori? Che scambio reale, umano, abbiamo insieme? Non consapevole dei risvolti filosofici, per la verità ci ho già pensato in passato a questa vicinanza sempre più lontana, ho anche esplicitato il desiderio di un "contatto" in un post di qualche tempo fa http://www.saranathan.it/2013/07/toc-toc-se-ci-sei-batti-un-colpo-per.html, ma è un'impresa impossibile,  una battaglia da Don Chisciotte contro i mulini a vento e non a caso Reale riporta nel suo articolo le parole di Hans-Georg Gadamer, che non conosco, ma che mi sembrano molto eloquenti: "Nel frattempo si comincia a parlare di una "computer age", nella convinzione non infondata che l'intero stile di vita fra gli uomini stia cambiando radicalmente. Quando un tocco di bottone rende raggiungibile il vicino, questo sprofonda in una lontananza irraggiungibile".  Allora che fa? Abbandono l'opportunità virtuale e per tornare alla realtà lascio perdere il blog e mi ributto nel confronto del tu per tu in carne ed ossa? Certo che no, ma facendo attenzione al consiglio finale, ovvio ma non scontato, con cui il filosofo termina il suo articolo: ..."che l'uomo impari a fare uso in "giusta misura" delle sue creazioni, e a non diventarne schiavo, come in molti casi sta succedendo".            

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