Francamente credevo di aver proprio finito la serie di post su Israele 2014, esaurite le idee, le cose da raccontare, le foto che mi avevano particolarmente intrigato in quest'ultimo soggiorno e poi inaspettatatmente mi arriva un nuovo input. Dopo "Tel Aviv. La città che non vuole invecchiare" (Feltrinelli), un testo del 2009 di Elena Loewenthal di cui ho già avuto modo di parlare in passato, ecco che l'amica Eva mi propone la descrizione vibrante e appassionata della città da parte di Tobie Nathan. Il nome dell'autore non mi giunge nuovo, con un cognome identico al mio e un titolo così intrigante "Philtre d'amour" (Odile Jacob 2013) non avevo potuto fare a meno di acquistare il suo libro visto per caso su un banco in libreria a Parigi. E poi e comunque sempre di amore si tratta: in "Filtro d'amore" questo professore universitario di etnopsicologia indaga sulle dinamiche del più antico sentimento del mondo, ovvero la passione amorosa, in "Tel Aviv ou la passion des marges" postfazione al libro "Tel Aviv sans répit" di Ami Bougamin (Editions Autrement 2009) è questione delle emozioni che sa suscitare quella città bianca sulle rive del Mediterraneo.
https://tobienathan.wordpress.com/cosmopolitiques-savoir-et-politique/%E2%80%A2-tel-aviv-ou-la-passion-des-marges/
domenica 18 gennaio 2015
giovedì 15 gennaio 2015
il benefattore
Gli ultimi giorni passati a Haifa prima del rientro in Italia, hanno offerto nuove scoperte della città. Tanto per cominciare la funicolare che dalla stazione nella parte bassa della città permette in un attimo di arrivare sulle alture del Monte Carmelo, laddove si estende l'attuale centro città; purtroppo funziona sottoterra e non si vede un bel niente.
Poi il mercato Talpiot, oggi discretamente malandato e urgerebbe restauro, ma significativo esempio di architettura modernista, come abbondano a Tel Aviv; costruito negli anni '40 dall'architetto galiziano Moshe Gerstel emigrato in Palestina nel '35. Su internet ho trovato una foto di come si presentava l'edificio all'interno nei tempi d'oro degli inizi e non c'è paragone col presente, uno spazio tutto aperto con una grande vetrata come tetto e il mercato che si sviluppava su due piani e non solo al pianterreno come attualmente.
Altro spazio interessante degli anni '70 la Cinemateca che ospita l'annuale Film Festival di Haifa, ormai attivo da una trentina d'anni. Leggo che nel 1913, in occasione del 150° anno della sua costruzione, vi si era tenuta la mostra "Torino e la Mole Antonelliana", lo storico edificio simbolo della città sabauda, oggi sede del bellissimo museo nazionale del cinema. Ignoravo che originariamente la Mole Antonelliana fosse stata progettata per diventare una sinagoga.
Sempre sul Carmelo Eldad mi ha fatto fare un bel giro al quartiere Kababir dove svettano i due minareti dell'imponente moschea. A completare il variegato mosaico religioso della città molto tollerante ed ecumenica in materia, è solo in questo quartiere che vive la comunità di mussulmani Ahmadi. L'Ahmadyya è un gruppo indiano islamico, fondato nel tardo XIX° secolo che promuove la pace fra le nazioni opponendosi a qualunque forma di coercizione religiosa o di violenza. Considerati eretici, perseguitati e ostracizzati in vari paesi dell'area orientale mussulmana proprio per questa loro interpretazione "aperta" del Corano, gli Ahmadi sono stati costretti a scappare dai loro paesi d'origine ed a chiedere asilo politico in vari paesi dell'occidente.
A Dalyat al-Karmel, poco distante dai giardini del Benefattore e a una ventina di chilometri a sud-est di Haifa, ho avuto occasione di visitare anche il Santuario dell'ordine delle Carmelitane Scalze: dal tetto dell'edificio una visione straordinaria su tutta la vallata sottostante. Purtroppo c'era foschia ma pare che con tempo nitido si arrivi a vedere il monte Hermon con la cima innevata.
Tre settimane volate tra fine ottobre e novembre e ormai finite da un pezzo, non si può certo dire che ne parli in tempo reale. Ero scappata dall'Italia per non dover festeggiare il mio compleanno ed ecco che la cugina Dorit mi ha fatto la sorpresa di una torta con su scritto 120: aiuto, per il momento ne ho poco più della metà ma pare che si usi così, l'augurio di campare oltre il secolo, sai che faticaccia, speriamo di no. Dopo averne visti diversi, ho la certezza che i tramonti di Haifa non hanno nulla da invidiare a quelli di Tel-Aviv e mi sono anche portata a casa delle idee per le decorazioni della tavola: non c'è bisogno di composizioni floreali che oltretutto costano un patrimonio, bastano melanzane, cavolfiori o altre verdure a piacere, come ho visto in un ristorante.
Altro spazio interessante degli anni '70 la Cinemateca che ospita l'annuale Film Festival di Haifa, ormai attivo da una trentina d'anni. Leggo che nel 1913, in occasione del 150° anno della sua costruzione, vi si era tenuta la mostra "Torino e la Mole Antonelliana", lo storico edificio simbolo della città sabauda, oggi sede del bellissimo museo nazionale del cinema. Ignoravo che originariamente la Mole Antonelliana fosse stata progettata per diventare una sinagoga.
Sempre sul Carmelo Eldad mi ha fatto fare un bel giro al quartiere Kababir dove svettano i due minareti dell'imponente moschea. A completare il variegato mosaico religioso della città molto tollerante ed ecumenica in materia, è solo in questo quartiere che vive la comunità di mussulmani Ahmadi. L'Ahmadyya è un gruppo indiano islamico, fondato nel tardo XIX° secolo che promuove la pace fra le nazioni opponendosi a qualunque forma di coercizione religiosa o di violenza. Considerati eretici, perseguitati e ostracizzati in vari paesi dell'area orientale mussulmana proprio per questa loro interpretazione "aperta" del Corano, gli Ahmadi sono stati costretti a scappare dai loro paesi d'origine ed a chiedere asilo politico in vari paesi dell'occidente.
Coloratissima, trandy e vivace rehov Masada tutta gremita com'è di locali alternativi e angoli sfiziosi. Qui le tubature stradali diventano dei gufi, i vecchi dischi in vinile si trasformano in rivestimento murale e in un bar dove ci siamo fatti un buon caffé con il benestare dell'intramontabile foto del Che, ho fotografato un cartello divertente, l'autorizzazione a staccare un'etichetta e portarsi via un sorriso.
Bella ma di tutt'altro genere, quello superchic, e in un altro quartiere sderot (viale) HaNadiv; calma assoluta, nessun locale o negozio ma un lungo verdissimo viale alberato costellato di ville ultramoderne e case Bauhaus. HaNadiv in ebraico significa " il benefattore".
HaNadiv, il benefattore per eccellenza in Israele è lui, il barone Edmond de Rothschild e sempre a lui si pensa nel pronunciare la parola, mi spiega Eldad che mi porta poi nei dintorni di Haifa, sulle alture vicino al villaggio turistico di Zichron Yaakov dove ci sono "i Giardini del Benefattore", "Gan HaNadiv". Accipicchia del Perù che posto, bellissimi i giardini e con una manutenzione impeccabile del verde, ma quello che mi ha più colpito è il Mausoleo che il barone ha fatto costruire per se e la moglie entrambi seppelliti lì.
Il barone Edmond del ramo francese dei Rothschild è stato senz'altro un filantropo e mecenate d'eccezione, ineguagliabile il suo sostegno finanziario e organizzativo a fine '800 per la prima grande migrazione (Alyah) sionistica verso la Palestina e per altre molteplici istituzioni, all'attivo ben 5 viaggi in Israele per seguire da vicino l'avvio delle sue numerose iniziative di prima industrializzazione di quella terra ostica e vergine e sarà nientepopodimeno che Ben Gurion a pronunciare il suo elogio funebre, ma il memoriale che si è fatto costruire, francamente, mi è parso eccessivo, sembrava di entrare, che ne so, nella tomba di un faraone, di un re, nulla a che vedere con la modestia e semplicità che mi è più congeniale della tomba di Ben Gurion nel kibbutz di Sde Boker. (http://www.saranathan.it/search/label/Israele%202007)
A Dalyat al-Karmel, poco distante dai giardini del Benefattore e a una ventina di chilometri a sud-est di Haifa, ho avuto occasione di visitare anche il Santuario dell'ordine delle Carmelitane Scalze: dal tetto dell'edificio una visione straordinaria su tutta la vallata sottostante. Purtroppo c'era foschia ma pare che con tempo nitido si arrivi a vedere il monte Hermon con la cima innevata.
Tre settimane volate tra fine ottobre e novembre e ormai finite da un pezzo, non si può certo dire che ne parli in tempo reale. Ero scappata dall'Italia per non dover festeggiare il mio compleanno ed ecco che la cugina Dorit mi ha fatto la sorpresa di una torta con su scritto 120: aiuto, per il momento ne ho poco più della metà ma pare che si usi così, l'augurio di campare oltre il secolo, sai che faticaccia, speriamo di no. Dopo averne visti diversi, ho la certezza che i tramonti di Haifa non hanno nulla da invidiare a quelli di Tel-Aviv e mi sono anche portata a casa delle idee per le decorazioni della tavola: non c'è bisogno di composizioni floreali che oltretutto costano un patrimonio, bastano melanzane, cavolfiori o altre verdure a piacere, come ho visto in un ristorante.
venerdì 9 gennaio 2015
martedì 6 gennaio 2015
Tel Aviv: stanza 513
Mamma che gioia è stata ritrovare la mia Tel Aviv vivace ed accogliente come sempre, io l'adoro questa città! Per i dieci giorni di soggiorno di fine novembre questa volta niente appartamentino in affitto, ma una stanza nel centralissimo albergo Prima, la 513, e per fortuna che non sono superstiziosa perché c'è chi pensa che il 13 porti sfiga. Ci ha pensato Eldad a prenotarmela, lui ci va spesso, e ho capito subito perché, è semplicemente stupenda, all'angolo dell'ultimo piano, una finestra che non finisce più e davanti solo il mare, come un olio dipinto davanti agli occhi che da buon umore ad ogni risveglio..
La prima foto che ho scattato dalla finestra della 513 mi è sembrata riassumere perfettamente i due opposti ritmi della città, le macchine che scorrono veloci sul lungomare e la gente sparapanzata al sole o a mollo nell'acqua: la vita di corsa di chi lavora e quella al rallentatore di chi si gode la vacanza.
Stufa del freddo milanese è arrivata Gastone e ogni giorno si ritorna a vedere insieme un quartiere della città, il piacere di ritrovare angoli noti e la curiosità di scoprire cosa c'è di nuovo. Continua per esempio il progressivo restauro degli immobili vecchi e segnati dal tempo, non manca mai in un'atmosfera di festa la vivace creatività degli artigiani al mercato di Nachalat Binyamin il venerdì mattina e, immancabilmente presente all'appuntamento, la splendida signora col cappello, che rivedo puntualmente davanti alla sua bancarella di bigiotteria e che non posso fare a meno di fotografare tutti gli anni, si sa che l'essere umano è un animale abitudinario e ritrovarla è una sicurezza.
Rassicurante certezza è anche ritrovare i soliti tramonti mozzafiato
Di totalmente nuovo, invece, questa volta c'è Sarona, che non è una grande sara, vabbé che sono narcisa ma non esageriamo. Sarona è un'area restaurata che l'amica Miriam mi aveva mostrato, in completo abbandono, alcuni anni fa: http://www.saranathan.it/2010/11/haifa-tra-monte-e-mare.html . Sarona ha alle spalle una storia lunga e articolata: all'epoca della Palestina ottomana una colonia agricola modello fondata da un gruppo di coloni protestanti tedeschi che avevano acquistato una sessantina di ettari di terreno sulla pianura di Sharon (Sarona) al proprietario Monastero ortodosso di Jaffa. Una quarantina di villette abitate a fine '800 da 269 soci con le rispettive famiglie con anche una casa comunitaria e un'azienda vinicola.
L'esercito britannico che amministra la regione dal '17 requisisce un certo numero di case fra cui quella comunitaria che diventa ospedale militare. Nel '18 gli 850 abitanti tedeschi di Sarona vengono internati vicino Al Cairo, ma alcuni saranno poi autorizzati a ritornare. Negli anni '30 diversi coloni particolarmente fra i giovani si entusiasmeranno per la nuova ideologia, iscrivendosi al partito nazionalsocialista e andando a militare nella Wehrmacht, Adolf Eichmann in visita alla colonia, sarà accolto con tutti gli onori. Allo scoppio della seconda guerra mondiale quel migliaio di coloni tedeschi residenti non verrà più espulso ma il luogo sarà chiuso, perimetrato da filo spinato e circondato da sentinelle inglesi, ma poi progressivamente e fino al settembre '45 molti verranno deportati, chi nel campo di Tatura in Australia, chi in quello di Wilhelma in Palestina.
Terminato nel '48 il mandato britannico, il nuovo governo israeliano appena istallatosi occupa i luoghi, denominati Kirya, per l"amministrazione sia militare che civile dello stato appena nato. Quando poi negli anni '70 la Kyria diventerà un quartiere residenziale di lusso, i difensori del patrimonio dovranno lottare contro i piani di demolizione. 18 case verranno infine preservate perché considerate di interesse culturale storico ed ora, la riabilitazione delle stesse e di tutta l'area con ristoranti, giardini, aree per eventi, parchi giochi per i bambini. Bellissimo il contrasto fra le villette di Sarona e gli altri grattacieli tutt'intorno, fra cui spiccano le torri dell'Azrieli Center.
Tornando a piedi in albergo la sera, un altro bagno di folla in piazza Rabin. Era il 4 novembre, lo stesso giorno di quel 4 novembre 1995 in cui Rabin è stato assassinato per mano dell'estremista israeliano di destra Yigal Amir. Molti giovani in Kikar Rabin accanto alla tomba dello statista per ricordarlo ed esprimere con forza il desiderio sempre presente di una futura pace.
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