mercoledì 29 luglio 2015

declinazioni di blu: Raoul Dufy a Nizza

Straordinaria ed indimenticabile la bellezza della "Fata Elettricità" dipinta in occasione dell'Esposizione Universale (1938-39) da Raoul Dufy in quella immensa sala al Museo d'Arte Moderna de la Ville de Paris (http://www.saranathan.it/2015/03/sara-elievna-stern-alias-sonia-delaunay.html ) e per rivedere questo artista solare, grande cantore di Nizza e dei colori della Costa Azzurra bisogna andare al Museo di Belle Arti Jules Chéret sulla collina di Baumettes, un po' délabré e scrostato, ma sempre pieno di fascino. La moglie, Emilienne Brisson qui ritratta, una nizzarda sposata da Dufy nel 1911, offrirà 20 opere del marito alla sua città natale e in un secondo tempo,  nel '64, arricchirà il suo dono con altre 64 pitture, disegni e ceramiche. 
Variazioni minime e ogni volta diverse di uno stesso panorama: due palme, quattro palme, sei palme, orizzonti tersi o nuvole scure, superficie d'olio o onde increspate, barche adagiate sull'arenile, calessi, panchine, la città in lontananza e i passanti sulla promenade risolti in verticali righe nere perché l'unico protagonista sembra essere questa simbiosi di cielo e mare con le sue declinazioni infinite di blu. La vista di quella magica curva della Baia degli Angeli come la si vede dall'Hotel Suisse mi è particolarmente cara perché papà l'ha fatta tutti i giorni per decenni quella passeggiata e negli anni giovanili, nelle sue brevi incursioni nizzarde dalla fredda Vienna, alloggiava anche lui all'hotel Suisse, piazzato proprio lì su quella curva, punto privilegiato d'osservazione.
Nella visione artistica variano anche i mezzi espressivi che Dufy padroneggia a meraviglia, oli, gouaches, acquarelli, matita, inchiostro di china, carboncino, litografia, ma non cambia la fedeltà al soggetto, quella curva, quel mare, quella Nizza e nelle sue mani sapienti anche il bianco e nero ha la forza del colore. Non ricordo chi diceva che l'artista vede oltre, vede lontano, vuole saperne di più, sempre nella ricerca spasmodica di cogliere ogni minimo dettaglio, le variazioni costanti di una realtà precaria e fluttuante e penso per esempio all'accanita ricerca delle innumerevoli versioni dell'"Uomo che cammina" di Giacometti.
Finito il tempo degli impressionisti che con tavolozza e cavalletto si piazzavano in mezzo alla natura, boschi, campagne, le rive dei fiumi. La finestra risulta essere per Dufy una postazione privilegiata di osservazione, anche Bonnard e Matisse di finestre ne fanno un grande uso. Forse lo sguardo può acutizzarsi di più, cogliere meglio i segreti di una porzione di realtà. Quella di Dufy è una pittura non di plein air ma d'atelier, quello stesso paesaggio colto dalla finestra dell'hôtel Suisse sottolinea che si tratta di un paesaggio interiorizzato, ripensato prima di essere fissato sul foglio bianco, non è solo traduzione emozionale di ciò che l'occhio vede.
Nel chiuso dell'atelier si prova, si pensa, si da forma e colore ai ricordi come quella Jetée Promenade tanto amata dagli artisti dipinta in più versioni negli anni 1926-'27 quando per la prima volta Dufy viene sulla costa e la Jetée fa bella mostra di se sul mare, ma è ancora schizzata in opere di fine anni '40 quando l'artista ritorna a Nizza e lei nella realtà  non esiste più, smontata pezzo per pezzo nel '44 dalle truppe di occupazione naziste che avevano bisogno di ferro per i carri armati della Panzerdivision;  il profilo della Jetée torna a vivere sulla tela grazie alla memoria interiore di quel paesaggio.  
Raoul Dufy proviene da Le Havre, dalla Normandia, figuriamoci se non ha esperienza dell'acqua, ma l'oceano è una cosa, il Mediterraneo un'altra, urgono colori nuovi, tanti blu per luminosità nuove, quel suo caratteristico profilo nero che disegna i contorni e dilata la luce. Durante tutta la sua vita bagnanti, conchiglie, studi di onde, i temi marini del suo nord come del sud accompagneranno la sua opera e le sue finestre aperte si sono spalancate sulla Manica come sulla Baia degli Angeli.
E poteva mancare il famoso Carnevale? 
 Chi può parlare di un artista meglio dell'artista stesso? 
"Si je pouvais exprimer toute la joie qui est en moi!"...
"Les tableaux ont débordé de leur cadre pour se continuer sur les robes et sur les murs"...
"Je fais de la couleur l'élément créateur de la lumière"...
"Le pinceau passe à l'intérieur, s'installe derrière les fenêtres"....
e alla poetessa-collezionista americana Gertrude Stein bastano cinque parole:
 "Raoul Dufy is a pleasure" 














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