Inevitabile come al solito qualche giro in bassa Galilea a un tiro di schioppo da Haifa: nuovamente a Zikhron Ya'akov una passeggiata nei favolosi giardini del benefattore (http://www.saranathan.it/2015/01/il-benefattore_15.html) occasione per vedere un albero che definirei "all'israeliana" perchè più intricato di così non è possibile e una stupenda sposa araba venuta a farsi le foto in mezzo al verde, tra l'altro mi è ormai divenuta consuetudine immortalarne ogni volta qualcuna nel giorno fatidico, qui si sposano sempre....
La novità è stata però andare a pranzare al design-hotel Elma, recentemente restaurato, opera dell'architetto Yacob Rechter degli anni '70. Costruzione interessante perché, adagiata sulla collina, malgrado le dimensioni risulta perfettamente integrata nel paesaggio. Inizialmente negli anni di socialismo puro e duro era una residenza di vacanze per lavoratori, adesso invece è stato ampliata e trasformata in un complesso alberghiero di lusso che si vuole però anche polo culturale con opere d'arte sparse in interni ed esterni e due magnifiche sale per concerti e eventi teatrali aperte al pubblico. Davanti lo spettacolo del mare e delle vasche di piscicoltura.
Il giro continua in direzione di Waldheim, minuscola frazione della vicinissima Betlemme di Galilea, da non confondersi con la Betlemme di Giudea e per la sua vicinanza con Nazareth un eminente archeologo israeliano sostiene che Gesù in realtà sarebbe nato qui e non nell'altra. Waldheim, un nome che mi fa pensare al presidente austriaco dal passato nazista e Betlemme, ovvero Beit Lechem, la Casa del Pane, insediamenti un tempo agricoli, sono state fondate da alcuni abitanti della colonia tedesca di Haifa. In post degli anni passati ho già parlato della Società del Tempio e dell'insediamento in Palestina (oltre a Haifa anche a Gerusalemme e a Tel Aviv) a fine '800 di questa comunità cristiana proveniente dalla Germania. (http://www.saranathan.it/2010/11/haifa-tra-monte-e-mare.html) (http://www.saranathan.it/2015/01/tel-aviv-stanza-513.html)
Un lungo viale alberato quale ingresso, una campagna rigogliosa tutt'intorno, una bella chiesa con un parco di sculture, case e casette di pietra, in piena Galilea un tuffo architettonico nel Wuerttemberg tedesco da cui è sbarcato in Palestina questo "Popolo di Dio". Nel 1948 la Haganah conquista la Betlemme di Galilea e vi insedia dei coloni ebrei, ci vivono all'epoca circa 170 famiglie. In anni più recenti parte dell'attività agricola ha ceduto il posto al turismo, ci si viene a fare la scampagnata domenicale e una bella mangiata sotto le fresche frasche proprio come abbiamo fatto noi un sabato. Divino un semplicissimo piatto yemenita di cui non ricordo il nome costituito da finissime sfoglie sovrapposte, come un pane fritto anche nella variante oblunga che si mangia intingendolo in un fresco trito di pomodoro in compagnia di un uovo sodo.
Meta del pomeriggio è il kibbutz Ein Dor, vicinissimo al Monte Tabor con ai piedi la cittadina di Nazareth. E' il kibbutz dove è nata Hagar, la moglie di Eldad e ci ero venuta nel 2007 per visitare la sua mamma, la Signora Ofer, passata nel frattempo a miglior vita; adesso veniamo a prendere il the con la sorella e altri parenti che vivono ancora qui. Di kibbutz, nel senso di vita e strutture comunitarie ormai ci è rimasto ben poco, forse asilo e scuola per i bambini e gli attrezzi agricoli, parte del terreno comune è stato venduto e ognuno si è costruito la casa e organizzato la sua vita come gli pare e piace. (http://www.saranathan.it/2007/10/shalom-haver.html).
Sono comunque rimaste le vecchie case e il solito casino e questo è rassicurante. Conversazione generale in ebraico veloce e capivo solo un poco, ma mi è stato dato da vedere un libro bellissimo, "In the Beginning 1948-1998", editato nel '98 per la ricorrenza dei 50 anni di Ein Dor. Una serie di foto molto significative del kibbutz quando funzionava come un vero kibbutz scattate nel corso degli anni dal padre di Hagar, il Signor Shlomo Ofer, lui e la moglie, due pionieri doc. Che bella testimonianza, come mi è piaciuto! Altro che vegetazione rigogliosa, un Monte Tabor che non sembra manco lui spelacchiato com'era, altro che attuale individualismo all'occidentale, le foto di quelle pagine raccontano di un'altra storia, parlano di ideali, sacrifici, passione e tanto olio di gomito per trovare l'acqua, per dare nuovo respiro a quella terra brulla e ostica mai lavorata prima, per costruire un nuovo futuro insieme e a tavola nelle ricorrenze si invitavano anche i vicini arabi.