sabato 20 agosto 2016

il caos ordinato di Francis Bacon



E ancora una volta il Forum Grimaldi di Monaco ha fatto centro con una mostra su Francis Bacon che definire bellissima è quasi riduttivo. Un allestimento da favola, come ad ogni manifestazione; 60 opere fra cui molte non conosciute poiché provenienti da collezioni private, più i quadri di grandi maestri che sono stati fonte di ispirazione per il celeberrimo irlandese. 60, un numero di tutto rispetto, ma nel contempo misurato per consentire  un'osservazione attenta del percorso creativo di questo gigante del XX° secolo.  Ho sempre pensato che fosse "un grande"-  è talmente inconfondibile e originale la sua cifra artistica- ma per anni le sue opere mi hanno comunicato malessere, il marasma ingarbugliato dell' essere umano che sembra lottare sulla tela, roba da non dormire la notte se ce l'avessi esposto in casa e poi c'è stata quella mostra a Palazzo Reale a Milano nel 2008, occasione per me preziosa per non temerlo più, condividere invece il suo disagio esistenziale, toccarlo quasi attraverso le sue rappresentazioni. (Francis Bacon: "Self-Portrait" 1976; Bacon: "Study for self-portrait" 1976)
La mostra presenta una scelta di opere realizzate nell'arco di una vita, dal 1929 al 1991, la prima organizzata a Monaco dove l'artista ha vissuto dei periodi significativi e la prima che propone uno sguardo nuovo sui suoi lavori, i legami del Maestro con la cultura e l'arte francese e le influenze che certi artisti hanno esercitato su di lui. L'ha raccontato Bacon stesso che è stata la scoperta di Picasso a Parigi quando aveva solo 17 anni a fargli venire la voglia di diventare pittore anche se non aveva alcuna formazione in questo campo. (a sinistra Picasso: Femme couchée à la mèche blonde 1932,  a destra Bacon: after Picasso "La danse" 1933,  in basso Bacon: Studies of the Human Body 1970)
Agli inizi degli anni '60, Bacon incontra per la prima volta Giacometti in un caffè parigino; hanno certo dei punti in comune, entrambi disinteressati alle richezze materiali, infaticabili lavoratori,  critici severessimi delle loro opere che hanno tutti e due in parte distrutto, entrambi generosi con gli amici; sarebbe probabilmente nata una bella amicizia se Giacometti non fosse morto troppo presto, nel 1966. (Giacometti e Bacon alla Tate Gallery di Londra nel luglio 1963; Alberto Giacometti: "Annette assise" circa 1951-52; Francis Bacon: "Seated Figure" c. 1954; Bacon: "Marching Figures" c. 1952) 
Pensando a Fernand Léger: (Leger: "Composition à la feuille" 1927; Bacon: " Watercolour" 1929
Pensando a Van Gogh. Il quadro originale di Van Gogh del 1888 "Le peintre sur la route de Tarascon" è stato distrutto durante la II guerra mondiale e  Bacon ha dipinto il quadro partendo da una riproduzione a colori. Bacon: " Study for Portrait of Van Gogh" 1956; Bacon: "Study for Portrait of Van Gogh V" 1957
Pensando a Marie Laurencin. Marie Laurencin:" Portrait of Madame Paul Guillaume" 1924; Bacon:"Study for Portrait of John Edwards" 1984
E poi non è francese, ma non poteva certo mancare Vélazquez con il suo papa Innocenzo X del 1650 che a partire dagli anni '50 tanto interesse ha suscitato in Bacon, c'è chi parla addirittura di un'ossessione dell'artista per questo soggetto. E' nel 1946 che Bacon ha dipinto i suoi primi papi che non ha mai esposto e in seguito distrutto. "Head VI" del 1949 presentato a Londra nelle stesso anno costituisce la prima apparizione pubblica di quello che è stato definito "il papa urlante" di Bacon. Ho trovato molto interessante leggere che negli anni '30 Bacon aveva comprato a Parigi un Atlante-manuale delle malattie della bocca; lo avevano interessanto illustrazioni e foto di smorfie, distorsioni, malformazioni patologiche. L'artista ripeteva spesso che voleva dipingere "il grido piuttosto che l'orrore" e la bocca era un organo che lo intrigava molto: "J'aime, pourrait-on dire, le luisant et la couleur qui viennent de la bouche et j'ai toujours espéré, en un sens, être capable de peindre la bouche comme Monet peignait un coucher de soleil". A proposito di righe e striature, ho letto invece che Bacon ammirava le pennellate verticali di Toulouse-Lautrec e parlava spesso "dell'effetto persiana" dei pastelli di Degas.  Righe e striature che stemperano  l'immagine diretta lasciando intravedere attraverso gli interstizi. ( dall'alto al basso e da sinistra a destra: Vélazquez "Papa Innocenzo X" 1650; Bacon: "Study from Portrait of Pape Innocent X" 1965; Bacon: "Head VI" 1949; Bacon: "Study after Vélazquez" 1950.
Nell'ultima sala della mostra un gigantografia del famoso atelier di Bacon al 7 Reece Mews nel  quartiere South Kensington di Londra. L'atelier era famoso per il suo disordine, per i muri schizzati di pittura, per le fotografie, lettere, riviste sparse dappertutto. Evidentemente colori, pennelli, frammenti di giornali, spezzoni di immagini battagliano sul campo della vita reale prima che sulla tela. Complessità, deformazione, ambiguità sembrano parole imprescindibili del vocabolario di Bacon, ma non l'aveva detto forse Jung che in ognuno di noi si celano altre mille persone? E Bacon mi piace perché senza infingimenti ci rende partecipi del suo caos, un caos che l'artista vuole "profondamente ordinato". 

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