Lasciati i fasti decadenti viennesi, ci si tuffa completamente nella modernità del Whitney e la vista che si gode dal terrazzo è forse la cosa più bella, ma non solo la vista, la favolosa terrazza aperta sul fiume riserva anche la sorpresa di certe opere, una con nove occhi addirittura in carne e ossa. Certo non apprezzo tutto e come al solito le perplessità la fanno da padrone, ma le emozioni di ciascuno di noi sono un mondo misterioso e sto zitta. Quelle salamelle di stoffa viste al bookshop del museo che si ispirano a non so quale artista però me le sarei comprate se non fossero costate uno sproposito. (Arthur Lee: "Rhythm" 1930 bronzo; Paul McCarthy: "White Snow" 2012 bronzo; per l'avvenente signorina mi scuso ma non conosco l'autore)
Il Whitney Museum dedicato all'arte americana a partire dal 1966 e per una cinquantina d'anni è stato ospitato in un edificio progettato dal famosissimo architetto modernista Marcel Breuer, ma con l'ampliamento della collezione (da 2000 a oltre 19000 opere) erano naturalmente sorti problemi di spazio, ecco perché si è incaricato il nostro Renzo Piano, noto specialista di spazi museali, di ideare la nuova sede, che è stata inaugurata nel 2015.
Ho trovato il mio Hopper come speravo con due tele famosissime, il suo "Autoritratto" del 1925-30 e "A Women in the Sun" del 1961, ovvero la moglie Josephine Nivison che gli ha servito da modella come in molti altri lavori; certo ci sono l'occhio e la sensibilità dell'artista a interpretare l'immagine, comunque complimenti alla signora che all'epoca di questo quadro aveva 78 anni.
Grande ricchezza espositiva e molte mostre tematiche a Whitney, mi limito superficialmente a quello che mi ha più colpito: per esempio la fotolitografia "Left Right Left Right" di Annette Lemieux, "Woman with Dog" di Duane Hanson, una signora col suo cane che appariva più vera del vero, l'acrilico su legno e scarpe da tennis dorate "Lineup" di Gary Simmons e la splendida scenografia della mostra "Dreamlands: Immersive Cinema and Art, 1905-2016".
Grande ricchezza espositiva e molte mostre tematiche a Whitney, mi limito superficialmente a quello che mi ha più colpito: per esempio la fotolitografia "Left Right Left Right" di Annette Lemieux, "Woman with Dog" di Duane Hanson, una signora col suo cane che appariva più vera del vero, l'acrilico su legno e scarpe da tennis dorate "Lineup" di Gary Simmons e la splendida scenografia della mostra "Dreamlands: Immersive Cinema and Art, 1905-2016".
"Left Right Left Right" del 1995 di Annette Lemieux. fotolitografia
"Woman with Dog" del 1997 di Duane Hanson
"Lineup" del 1993 di Gary Simmons
Dulcis in fundo, una riflessione sulla precarietà della vita umana e in questo caso anche dell'arte offerta da Urs Fischer che ha creato una scultura in cera del suo amico, pure lui artista, Julian Schnabel. "Standing Julian" del 2015 in fondo non è altro che una grande candela che viene accesa ogni mattina e spenta ogni sera alla chiusura del museo. Una proposta di arte effimera che accetta di scomparire lentamente e progressivamente come la vita stessa e secondo i ritmi dei materiali usati. Quando l'abbiamo vista a novembre la testa se n'era già andata in fumo, ma l'amico Guy al Whitney già due mesi prima si era fatto ritrarre accanto e allora mancava solo il cranio.
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