mercoledì 8 marzo 2017

just married: cronaca semiseria dalla torre di Babele

C'è sempre una prima volta nella vita e nel post di oggi di prime volte ce ne sono ben tre. Tanto per cominciare è la prima volta che in dieci anni di attività amatoriale da blogger mi capita di non scrivere per un mese intero; qualcuno magari avrà pensato a un mio viaggio in terre lontane, ma purtroppo non è andata così, ero solo in fondo al letto per un'influenza e tre ricadute successive che mi hanno malamente bloccata per tre settimane. La bellissima prima volta poi, e mi auguro anche l'ultima visti i tempi liquidi che corrono, che un mio figlio, quello più giovane, si è sposato. Era ora, da anni non faccio che assistere ai matrimoni dei virgulti degli altri e almeno uno in famiglia in piena regola ci stava proprio.

 Per l'altro mio ragazzo, il contestatore terzomondista saccopelista eccetera eccetera non  c'è nessuna speranza, ideologicamente refrattario a riti e cerimonie è già tanto che abbia paxato e in fondo non posso dire niente perché sono anch'io un bastian contrario. E' anche la prima volta che, col beneplacito degli interessati s'intende, esibirò racconti e soprattutto foto personali; mi sono permessa di farlo  in passato con le storie degli altri e questa volta mi è sembrato toccasse a me, al bando la privacy. Certo mancava il sahri e devo ammettere che il matrimonio di Marco non è stato esotico come quello del Lolli a Singapore, si fa quel che si può, (http://www.saranathan.it/2016/04/il-matrimonio-del-secolo.html) ma anche se più banalmente all'ombra della Madonnina, festeggiamenti e gozzoviglie sono durati tre giorni quasi come a Bollywood.
Trent'anni fa ci si sposava civilmente a Villa Reale davanti ai giardini pubblici, adesso si va a Palazzo Reale in piazza del Duomo. Nell'ultimo cortile, a sinistra, le mostre dei maestri del passato e a destra invece la sala comunale per registrare i fatti del presente. Ne approfitto subito per farmi fare una foto con i miei due ragazzi insieme, capita così di rado, e poi vuoi mettere la gioia di avere accanto mio nipote Noam, new entry nel club degli occhialuti che la montatura l'ha scelta a tutti i costi blu come quella della nonna, anzi della ninna come dice lui. Margherita, la sposa, che è una ragazza seria e responsabile, firma la scartoffia di rito che le compete e poi controlla bene che lo faccia anche Marco, non si sa mai.... se al ragazzo gli venisse una crisi di panico all'ultimo momento. No problem, non è scappato, anzi dagli occhi gli usciva miele puro per la contentezza.

Dopo il primo round del matrimonio civile venerdì pomeriggio e prima della cena rabelaisiana  la sera a casa dei consuoceri, aperitivo per tutti al bar di Palazzo Reale ed è stato lì che, sentendo parlare non so quante lingue di parenti e amici arrivati da ogni dove, ho iniziato a pensare seriamente alla Torre di Babele. A differenza però di quella di biblica memoria crollata perché la gente non riusciva a comunicare, questa qui stava in piedi benissimo, presentazioni e chiacchiere à volontà, alla faccia dei populismi odierni.
E poi perché stupirsi? La madre della sposa è di famiglia polacca rifugiatasi dopo varie peripezie imposte dalla guerra in Argentina, il padre per le stesse ragioni mezzo italiano e mezzo tedesco, io, figlia di madre polacca e di padre bulgaro scappati in Israele dove sono nata e il mio ex-marito, un siciliano emigrato a Milano; un bailamme assoluto che spiega bene perché l'analisi dei tormenti della psiche sia alle origini una curiosità ebraica e comunque, la nostra, è una situazione very politically correct quanto a multiculturalismo e ne vado fiera.  C'è di buono che quasi nessuno degli invitati ha toccato coppa e salame dell'impuro maiale, né gli scampi distesi sui tramezzini, cosa della quale Noam ha abbondantemente approfittato girando fra i tavoli e rimpinzandosi a più non posso. Per grandi e piccini è notorio il fascino esercitato dalle cose proibite, i suoi genitori non sono per nulla interessati alle norme kasher, ma sono vegetariani alle prese comunque con limitazioni alimentari. Ma torniamo a cose più seriose, ovvero al secondo round di domenica mattina, il matrimonio religioso in sinagoga centrale.

Avrei considerata altamente improbabile qualche anno fa un'unione in sinagoga, da laica impenitente non era un luogo che ho frequentato coi ragazzi, eppure è successo e ne sono felice, sarà che invecchiando si comprende meglio il senso delle proprie radici. Marco si presenta alle 11,30 all'entrata laterale, scortato dai suoi due amici del cuore, arrivati per l'occasione da Nizza e da Parigi; non si mollano mai e insieme sembrano i tre moschettieri. Mentre la gente si accomoda nella sala, noi genitori, lo sposo e famiglia stretta ci ritroviamo in una stanza accanto dove il rabbino capo Arbib controlla i documenti e la "ketubbà", ovvero la carta dotale tradizionale che lo sposo consegnerà alla sposa prima del matrimonio. L'uso della "ketubbà" risale intorno al primo secolo avanti l'era volgare ed è stato istituito
 al fine di tutelare la donna sia sotto il profilo economico che quello umano e morale: alimenti, vestiario, rapporti coniugali, assistenza morale e materiale, tutta una serie di garanzie messe a punto circa 2000 anni fa e che dovrebbero rassicurare persino le femministe dei nostri giorni. La ketubbà, tradizionalmente, la tiene in consegna "per sicurezza" la madre della sposa e credo che a mio figlio convenga rigare dritto perché questa mamma bis è tosta ancora di più della sottoscritta. 

La Ketubbà di Margherita è bellissima, tutta dipinta a mano da un suo cugino pittore di Bruxelles e il padre la mostra fieramente. Intanto fra un'attesa e l'altra gli uomini si confrontano  i rispettivi orologi, e poi dicono di noi donne che siamo civette....Io invece guardo compiaciuta il mio ragazzo seduto fra papà naturale e papà acquisito, che chiccheria la cravatta dello stesso colore delle kippot (i copricapi) celesti che gli sposi hanno fatto fare uguali per tutti gli astanti.

Arriva finalmente la sposa, noi l'aspettiamo sotto la "chuppà", il baldacchino nuziale, simbolica espressione della volontà dei futuri coniugi di vivere insieme sotto uno stesso tetto.  Margherita è bellissima, incede lenta e sorridente fra mammà e papà e Marco le va incontro per il passaggio di consegne. Le solleva il velo per verificare che sia proprio lei. Alla faccia della fiducia nel prossimo, viene da pensare, ma questa usanza deriva dall'antica  fregatura che si era cuccato Giacobbe.  Già, lui si era innamorato di Rachele, ma il suocero Labano, celata sotto il velo, gli rifila la sorella Lea con la scusa che da primogenita doveva maritarsi prima e solo dopo sette anni il patriarca potrà impalmare come seconda sposa la prescelta Rachele. Più prudente controllare dunque, in fatto di memoria gli ebrei se ne intendono.  
Come nelle messe cattoliche il momento che preferisco è quando il prete dice "scambiatevi un segno di pace" e ci si stringono le mani, qui ho trovato bellissimo il momento in cui si apre l'Aròn haKodesh (l'Armadio sacro che contiene i rotoli della legge) e il rabbino mette il Tallèd (lo scialle bianco di preghiera) sulla teste dei due giovani con una benedizione, a sottolineare l'unione del nuovo nucleo familiare. 
E poi uno due tre liberi tutti.....la calca della gente per salutare gli sposi, baci e auguri a mai finire, io che corro fuori per fumarmi finalmente una sigaretta dopo emozioni e stress, Noam che va a giocare ai bellissimi giardini della Guastalla proprio davanti al Tempio e che si mangia non so quante caramelle per acconsentire alle foto e gli sposi che ci vengono col fotografo che da le direttive e che mi dice regolarmente di togliermi dai piedi perché intralcio. Certo le sue saranno più belle, ma io preferisco arrangiarmi da sola e guardandole penso, ove mai non lo sapessi, che sono mezzo metro più bassa di tutti, pazienza, e chi ci sta in equilibrio su certi tacchi?! 

Un momentino ancora, calma e sangue freddo che il tormentone non è finito, rimane l'ultimo round, quello della festa serale in una ex-fabbrica riattata molto trandy di via Mecenate, in culo ai lupi come si suol dire. Location bellissima, il fascino sobrio di un'area industriale trasformatasi in conviviale occasione di incontri e feste. All'ingresso poltrone e mega cornice Slidedesign che suscitano diverse fantasie: gli sposi scelgono di amarsi in poltrona, la ninna si fa immortalare col nipote che poi se ne va a disegnare per terra con un amichetto polacco, i due papà optano per tre giovani guaglione.

Al piano superiore troveremo le tavole imbandite, un gruppo musicale inarrestabile, non ha fatto manco cinque minuti di sosta fino alle tre del mattino, danze scatenate e ometto di dilungarmi sui dolori ai polpacci l'indomani mattina. I matrimoni israeliani sono unici per questo, grande casino collettivo, divertimento assicurato e guai a chi non balla. Schwiegermutter e mother in law sono accettabili, suegra e suocera li trovo nomi tremendi, ma è andata, sono irrimediabilmente diventata suocera ufficale e oltretutto senza nessuna fatica perché Margherita e genitori, la Liliana in particolare, sono stati una macchina da guerra, hanno organizzato tutto loro e li ringrazio di cuore, solo in due occasioni mi hanno fatto assaggiare due primi piatti per scegliere il catering, sai che fatica, meglio di così si muore e per una volta nessun rimpianto di non avere la figlia femmina. "Mazal tov", in bocca al lupo ragazzi, la mia cronaca per voi l'avrei voluta più ironica e mordente, ma non ce l'ho fatta, sono troppo di parte e voi siete "piezz e core".


PS: allego due video, quello proposto dal gruppo musicale del matrimonio e gli auguri musicali dei cugini Tami e Mino che non hanno potuto presenziare.

    

3 commenti:

  1. bellissimo blog Sara !!
    la "voce d'Africa"....sconvolgente x bravura e bellezza !!

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  2. Merci Sara pour cette page spéciale de ton blog qui illustre magnifiquement un grand moment de ta vie familiale. J'ai aimé, le bonheur de Marco et sa jolie épouse, les tendresses et les baisers. Comme elle à l'air sympathique ! J'ai aimé le petit Noam, sa vivacité, son sourire ravageur, le sérieux inébranlable de Francesco, la classe des beaux parents, les chaussettes des pères, le collier rouge de Sara, l'imperméable de Joseph, les décors Slide, le dvd de la fête immense et magnifique. J'ai également aimé les kipas bleues, le rituel et l'émotion de tous et bien sûr, les sourires de Sara heureuse du bonheur de son fils chéri. Camille

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