Nella sua biografia leggo una lunga fila di esposizioni e retrospettive importanti ovunque in giro per il mondo e numerose partecipazioni al Documenta di Kassel, forse la più prestigiosa rassegna quinquennale di arte contemporanea e anche alla Biennale di Venezia; a quanto pare Ralf Winkler, alias A.R. Penck è un nome nuovo solo per la sottoscritta, perché nella presentazione alla mostra e con quel suo background così ricco, viene presentato come uno dei più grandi artisti tedeschi della fine del XX° secolo. Non è certo la prima volta che la Fondation mi offre l'occasione di scoprire con grande interesse qualcuno di cui ignoravo nome ed esistenza come è stato il caso l'anno scorso con Gérard Garouste (http://www.saranathan.it/2015/08/gerard-garouste-figlio-pittore-pazzo.html). Per rompere il ghiaccio e iniziare a fare conoscenza con l'artista perché non osservare autoritratti e autosculture che A.R. Penck propone di se stesso? Appaiono subito evidenti le mille sfacettature della sua tavolozza e dei suoi interessi.
Dal 1987 A.R. Penck si è stabilito in Irlanda, a Dublino, dove tuttora vive e lavora, ma è tedesco, nato nel '39 a Dresda e ho subito pensato che questo fosse un fattore molto significativo, certamente determinante nella sua evoluzione artistica, ribellione e bisogno di libertà. Nascere in quel periodo nella Germania nazista, vivere la prima infanzia nella città più bombardata e rasa al suolo pressoché completamente dalla guerra, ritrovarsi in seguito negli anni bui della Germania dell'est, a Dresda prima e a Berlino est poi, non deve essere certo stata una passeggiata indolore e il lavoro dell'artista ne porta visibili le cicatrici. Non a caso avversato dal regime comunista, perché ritenuto elemento sovversivo e non in linea con l'arte politicamente ammessa, gli verrà negata sia l'ammissione all'Accademia di Belle Arti della sua città natale che poi a quella di Berlino est. Artista troppo scomodo, nel 1980 verrà costretto ad espatriare all'ovest e nell'83 si stabilirà a Londra prima e in Irlanda in seguito. ("Ritratto di Jurgen Schweinenbraden II " 1962 - "Testa inglese" 1987 bronzo patinato)
"Comparazione- Stop" 2002 acrilico su tela
Quello di Penck sarà dunque un percorso da autodidatta, sperimentazioni artistiche che lo orienteranno verso i campi più disparati, dalla pittura alla filosofia, dalle scienze alla storia delle religioni fino alla musica, un misto di jazz, rock e musica contemporanea che l'artista suonerà in un gruppo. Un ricco e composito background culturale, il suo, che confluirà nelle diverse fasi della sua eterogenea produzione artistica. Con un centinaio di pitture, sculture, incisioni e libri d'artista che abbracciano le varie fasi creative a partire dal '57 per un arco di cinquant'anni, l'esposizione alla Fondation vuole rendere conto di questo percorso estetico, esistenziale e filosofico. (" Donna Arlecchino" 1977 Resina sintetica su tela)
"Cena al Brown's Hotel" 1984 acrilico su tela
Complesso il personaggio, complessa la sua visione artistica, complesse le sue riflessioni teoriche e complesse pure le spiegazioni offerte dalla mostra; ho pensato allora di non fruirne, di non avventurarmi in intellettualismi a me ostici limitandomi sia per ignoranza che per scelta ragionata a un approccio "basic", puramente istintivo e soggettivo, che in fondo dovrebbe essere l'obbiettivo primo di un opera d'arte, suscitare emozioni, il resto eventualmente viene dopo. Certo la conoscenza serve e pure la contestualizzazione di opera e autore, ma fondamentalmente quel che conta mi sembra essere il dialogo fra l'opera e chi la osserva, certe semplicemente ci parlano e noi rispondiamo. ("Cambiamento 1" 1982 resina sintetica su tela)
E diverse opere di A.R. Penck mi hanno parlato, eccome! Che si tratti di figurativo espressionista, ritratti e autoritratti o di opere astratte, mi hanno colpito la forza del suo gesto e l'incisività del tratto, la potenza del colore anche quando è solo bianco e nero, questo continuo interrogarsi lavoro dopo lavoro sullo spazio e il ritmo della composizione sulla tela, sul mondo, sull'uomo, su contraddizioni e utopie senza arrogarsi il diritto di conoscere le risposte, una riflessione visiva dell'artista che invita alla riflessione dello spettatore. I lavori di Penck mi hanno fatto pensare a un viaggio a ritroso nel tempo alla ricerca di archetipi universali, un alfabeto elementare fatto di segni, lettere, geroglifici, simboli elementari, figure stilizzate, rappresentazioni rupestri come i primi graffiti agli albori della cosiddetta civiltà; il ritorno a un primitivismo essenziale per costruire un futuro diverso, forse per ricordarci chi siamo e da dove veniamo. (" Terminare la X, problema" 1996 acrilico su tela)
"Più/Meno" 1969 "Senza titolo" 1968 circa
Di fortissimo impatto ed esemplare a questo proposito il quadro " Tract" (Potenza- Proprietà)" 1974 resina sintetica su tela). Schemi, segni matematici e soprattutto parole singole come riposo, tensione, integrazione, illusione, guerra e pace, possesso, potenza, progresso, campi di concentramento, scienza, miti, legge, tecnica, ideologia, fissate sulla tela senza alcuna connessione lessicale e come dei macigni di pietra, mi sono apparse in qualche modo un riassunto della nostra storia di uomini, la fotografia di un alfabeto essenziale che conosciamo bene, ma che forse l'artista invita a declinare diversamente, per ripensare un nuovo significato e uso delle parole.
"The Battlefield" 1989
Per i pittori provenienti dal nord, Renoir, Van Gogh, Soutine, Matisse e tanti tanti altri, sono stati la Francia della Costa Azzurra, il Mediterraneo, i vari sud del mondo a regalare la scoperta del colore, a illuminare di nuova luce le loro tele. A.R. Penck deve invece il suo entusiasmo cromatico al passaggio dall'est all'ovest, è la nuova libertà, creativa e non solo, a far esplodere il colore. Finiti gli scontri frontali delle parole, i violenti bianchi e neri dell'epoca della Germania dell'est, il quadro ("Avvenimento a N.Y 3" 1983) propone sulla tela un momento dionisiaco dove quel suo alfabeto primordiale è sempre presente ma non grida né contesta più, malgrado la croce dei morti, sembra danzare in un caos primordiale riempiendo di colore ogni interstizio bianco della tela. Semplicemente splendido poi quel trittico in cui Penck rende omaggio a Jean-Michel Basquiat
E per finire con questa interessante scoperta di Ralf Winkler alias A.R. Penck, un angolo bellissimo per allestimento e contenuti: un insieme di carnet fitti di disegni, schizzi, testi, poesie, ritratti, come un excursus visivo del percorso dell'artista nel corso degli anni dove Penck si è servito di più strumenti e tecniche, inchiostro, pennarelli, acquarelli, pastelli a cera, biro, pittura, matite