Evviva evviva! Finiti pranzi, cene, festeggiamenti e auguri di Natale, Capodanno, Befana si ritorna alla beata normalità del quotidiano. Sul lungo fiume di Bordeaux, approfittando dell'unico raggio di sole durato mezz'ora in una settimana di soggiorno, si smonta l'immensa giostra a forma di albero di Natale e tutti i protagonisti della saga allineati sul marciapiede aspettano di andarsene e per 12 mesi non si potrà più infilare nessun desiderio nella casella delle lettere a Santa Klaus, finalmente si riposerà anche lui. Come al solito sono venuta a fare il mio dovere-piacere di nonna e visto il tempo di merda, pioggia e cielo coperto sempre, nessuna scoperta particolare dei dintorni, ma giochi casalinghi e cinema col mio amore di ormai quattro anni. Bellissimo il film di Ferdinando, un toro colossale dall'animo gentile che si rifiuta di immolarsi alla corrida e preferisce innaffiare i fiori, brucare nei prati e salvare tutti gli amici suoi simili da un'orribile fine. Comunque a Bordeaux il 2018 mi è sembrato iniziare sotto dei buoni auspici, si balla dovunque, tonicamente la zumba sulla Garonna e mimicamente davanti al Grand Théâtre da parte di un gruppo di artisti di strada, mentre i gabbiani, spossati forse anche loro dai bagordi natalizi, preferiscono scivolare sull'acqua appollaiati su ceppi di legno trasportati dalla corrente, piuttosto che volare. Invece di questi ultimi giorni bordelesi e per iniziare l'anno mi sembra più interessante raccontare del penultimo soggiorno fatto da quelle parti due mesi fa e mi scuso per il ritardo.
Era stato molto bello quel volo di fine ottobre: prima le cime innevate delle Alpi e una mezz'ora dopo la vista della Garonna e della Dordogna che si incontrano per formare l'estuario della Gironda. In un'ora di volo ero a Bordeaux, i ragazzi e soprattutto il mio Noam non mi aspettavano a casa, ma già all'aeroporto per iniziare un nuovo viaggio insieme, destinazione Paesi Baschi, francesi e spagnoli. Trovo azzeccata e didatticamente più equilibrata la ripartizione delle vacanze scolastiche in Francia: invece degli interminabili mesi estivi e le uniche soste di Natale e Pasqua come da noi, oltralpe la scuola si interrompe per almeno una settimana ogni due mesi, accorciando naturalmente il periodo estivo. Francesco ed Alex lavorano entrambi nel mondo della scuola e io approfitto con loro di queste interruzioni salutari, ideali per conoscere lo stupendo sud-ovest della Francia. A maggio mi avevano regalato la scoperta del Périgord e in autunno è stata la volta dei favolosi Paesi Baschi.
Prima la bucolica monotonia della campagna delle Lande, sabbia e alberi a mai finire, poi dopo due ore di macchina, i Pirenei si annunciano, il paesaggio diventa movimentato, monti e colline, infinità di greggi, il verde della natura ancora intenso nonostante sia fine ottobre e, fortuna immensa, un sole splendente. Faremo la strada lungo l'oceano al ritorno, all'andata il nostro capitano ha previsto l'interno dei Paesi Baschi, tre notti in un paesino francese di 600 anime a nome Bidarray dove si trova l'airbnb prenotato. Prima comunque di arrivarci, subito un bella sosta, il giro alla Bastide Clairence, l'incontro con le case basche e la loro architettura così specifica, costante di tutti i luoghi visitati durante questo viaggio.
Fondata nel 1312, questa cittadella fortificata stupendamente conservata dell'antica Navarra, assicurava un prezioso sbocco marittimo verso il nord e la città di Bayonne per via fluviale dopo che gli spagnoli avevano conquistato la limitrofa costa oceanica impedendone l'accesso. Guasconi, baschi e pellegrini francesi sul cammino di San Giacomo di Compostela sono stati i primi abitanti della Bastide. In questo bel borgo vivace dalle molteplici attività artigiane tuttora in funzione, ebanisti, vetrai, decoratori, corniciai, tessitori, due cose mi sono sembrate particolarmente degne di nota, la storia dei "cagots" e il cimitero ebraico.
I "cagots", mai sentita questa parola peraltro introducibile, chi sono? Nella chiesa del XIV° secolo (poi ricostruita nel '700) Notre-Dame-de-l'Assomption ci sono due porte d'accesso, quella grande centrale riservata ai fedeli e una laterale piccola, appannaggio esclusivo dei "cagots", i paria, gli intoccabili del medioevo, una minoranza particolarmente concentrata su entrambi i versanti dei Pirenei. Il termine infamante "cagot" marchiava i discendenti dei lebbrosi e degli appestati, tenuti ai margini della vita sociale. Il termine designerà in seguito lo straniero in generale, per esempio gli ebrei che fuggivano dalla Spagna e dal Portogallo dell'Inquisizione o i gitani. L'esclusione risultava anche visiva perché i "cagots" dovevano portare un segno distintivo sull'abito, l'immagine di una zampa d'anitra cucita su un drappo rosso (come non pensare alla stella di Davide gialla di qualche secolo dopo o all' intollerabile casta dei dalit indiani? ), certi mestieri erano preclusi, nascere in una famiglia di "cagot" determinava a vita la condizione di una persona; in chiesa, una barriera li teneva separati dagli altri, un'acquasantiera diversa era loro riservata. Solo la rivoluzione francese abolirà il marchio infamante ed i "cagots" diventeranno cittadini a pari diritti. Altra particolarità, meno aberrante, di questa e di altre chiese basche, le gallerie di legno interne; meravigliose quelle di Saint Jean de Luz dove Luigi XIV° convolerà a nozze nel 1660 con l'Infanta di Spagna e di cui scriverò in un prossimo post. Queste gallerie, destinate ad aumentare la capienza ricettiva, faranno la loro apparizione nelle chiese dei paesi baschi nel '600 ed erano destinate esclusivamente agli uomini, le donne dovevano pregare in basso perché avevano tradizionalmente la cura delle vicine tombe all'esterno sotto le arcate.
Proprio accanto alla chiesa che da sempre registra nascita e morti, c'era il cimitero ebraico, a testimonianza di una comunità israelita di 70-80 famiglie in fuga da Spagna e Portogallo rifugiatasi a Bayonne, alla Bastide-Clairence e nell'area basca in generale. Sprofondate nella terra sono visibili 62 pietre tombali, la più antica risale al 1620 e la più recente al 1785. Grazie all'autonomia accordata, una comunità molto attiva nell'esercizio della medicina e negli scambi commerciali per due secoli, il 600 e il 700, una comunità che si è poi esaurita con la Rivoluzione e il progressivo declino economico del borgo.
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