Terribile e straordinario il '900, "Il secolo breve"
come lo definisce lo storico Eric J. Hobsbawm in un suo interessante saggio.
Terribile per le due guerre mondiali e altri conflitti, i Balcani per esempio,
che hanno insanguinato il mondo. Straordinario non solo per le conquiste
scientifiche e tecnologiche, ma per la libertà totale che ha offerto per la
prima volta nei secoli al corso dell'arte. L'esperienza traumatica delle guerra, l'analisi iniziata da Freud dei meandri della psiche e dell'inconscio che offre nuovi percorsi di indagine e la ricerca delle varie avanguardie rivoluzionano lo statuto dell'artista e di conseguenza le prospettive del suo lavoro. Tramontati i canoni classici
della bellezza, integrata collettivamente la consapevolezza della precarietà delle cose umane e che la realtà non è solo
quella che appare in superficie, per chi si cimenta nel creare l'orizzonte si dilata e tutto diventa possibile: rifiutare gli accademismi, dissacrare i valori costituiti,
deformare le forme, giocare col colore e con i materiali, cogliere il
movimento di un mondo che va sempre più veloce, andare oltre il soggetto (Fontana docet tagliando la tela), o
eliminarlo completamente come farà l'astrazione. E perché no? Diventano possibili anche sculture di fiori che camminano e Fernand Léger ne approfitta. ("L'enfant à l'oiseau" 1953. Bassorilievo in ceramica smaltata composta di 4 elementi)
"La Fleur qui marche" 1953 circa. Terracotta smaltata
Di questo nuovo approccio alla realtà che spalanca le porte all'immaginazione e alla libertà creativa, Fernand Léger percorre tutte le tappe, ne esplora
ogni declinazione. A partire dal 1912 col pittore Robert Delaunay conduce la "bataille pour libérer la couleur. Avant nous le vert c'était un arbre, le bleu c'était le ciel, etc. Après nous, la couleur est devenue un objet en soi". Sensibile al cubismo di Braque e di Picasso che frammentando il reale offre molteplici sfacettature del soggetto, attento alla semplificazione delle forme del rigoroso purismo di
Ozenfant e di Le Corbusier, affascinato osservatore, come i futuristi, della modernità industriale con le rutilanti macchine nelle fabbriche (a partire dal 1918 si parlerà di un suo
"periodo meccanico" con la serie dei suoi "motori"),
manipolatore di matite e pennelli, ma anche di ceramica, terrecotta smaltata, vetro, mosaico, ne ha fatta di strada e di cambiamenti l'artista rispetto a quei
primi oli di sapore impressionista come "Le jardin de ma mère" del
1905 o le "Fortificazioni di Ajaccio" del 1907.
"Les hommes dans la ville" 1925 - "Sans titre"(composition) 1924 crayons sur papier
"Autoritratto" 1930. Matita su carta
E funziona certo da ulteriore conferma teorica, ma in fondo non servirebbe leggere cosa pensa Fernand Léger del colore : “La couleur
est une nécessité vitale. C’est une matière indispensable à la vie comme l’air
et le feu”. " La couleur est un puissant moyen d’action. Elle peut
détruire un mur, elle peut l’orner, elle peut le faire reculer ou avancer. Elle
crée un nouvel espace ". Oppure cosa pensa della bellezza e del contrasto : " La beauté est partout, dans l’objet, le fragment,dans les formes
purement inventées " " La loi des contrastes domine la vie humaine
dans toute ses manifestations sentimentales, spectaculaires ou dramatiques". L'incisività, la forza materica e cromatica delle sue opere sono molto eloquenti, parlano da sole, ulteriormente sottolineate da quella linea nera che circonda ogni suo profilo. ( nella foto Jean Badovici, Léger e Le Corbusier a Vezélay nel 1938).
Negli anni '20, al ritorno dalla guerra dove al fronte sarà ferito e poi riformato, Léger si concentra sulla rappresentazione della figura umana e ricompone il corpo secondo forme geometriche semplici. Figure anonime dallo sguardo fisso al di fuori del tempo come ne "Les Femmes au bouquet" del 1921 o corpi e visi addirittura spersonalizzati senza occhi né bocca, ridotti a semplici oggetti di grande impatto plastico come nell'olio del 1921 "Déjeuner", studio di una parte del quadro "Le grand déjeuner" oggi esposto al Moma di New York. Secondo Léger: "L'oggetto ha rimpiazzato il soggetto, l'arte astratta è arrivata come una liberazione totale, si può allora considerare la figura umana non come un valore sentimentale ma unicamente come un valore plastico"."L'Homme au chapeau bleu" 1937. Olio su tela
E se il soggetto non è più il protagonista della tela, se soggetto e oggetto finiscono per coincidere poiché per l'artista hanno la stessa valenza plastica, scompare la rappresentazione tradizionale con i suoi vasi di fiori, le corbeille di frutta, il bicchiere mezzo pieno di vino o il piatto vuoto a cui la storia dell'arte ci aveva abituati. Le sue nature morte risulteranno composizioni di figure umane e di oggetti in associazioni sorprendenti. Léger sovverte la scala dei valori, la divisione dei generi, i corpi umani contano per la loro rappresentatività, oggetti come gli altri, oggetti che navigano nello spazio bianco della tela, ciò che conta è la composizione nel suo insieme, l'armonia plastica dell'opera. "Per me la figura umana non ha più importanza che dei chiodi o delle biciclette. Non sono altro che degli oggetti di valore plastico che devo utilizzare secondo il mio estro". ("Nature morte" 1925. Acquarello, matita e gouache su carta. - "Nature Morte, Composition à la feuille" 1927. Olio su tela
"Le Grand Remorqueur" 1923. Olio su tela
Non è casuale che il museo nazionale completamente dedicato all'opera di Fernand Léger si trovi a Biot, perché l'artista soggiorna regolarmente in questo vecchio villaggio dell'entroterra della Costa Azzurra dalla fine degli anni '40 e nel '55, proprio l'anno della sua morte, vi acquista un terreno. La vedova Nadia Léger, aiutata dall'assistente e amico dell'artista Georges Bauquier, utilizzerà l'area per costruirci nel 1960 un museo privato che ripercorre tutta la carriera artistica del marito e che nove anni dopo vorrà generosamente donare allo stato francese. Delle 450 opere di Léger che costituiscono l'attuale fondo museale, la maggior parte proviene dalla collezione privata dell'artista, lavori conservati tutta una vita accanto a se, nel suo atelier. ("La Grande Parade sur fond rouge" 1953 olio su tela - "Les Femmes au perroquet" Bronzo realizzato dalle Fonderie Tesconi nel 1985).
E a fine visita non potevamo certo mancare di farci un giretto nel centro storico di Biot, rinomata per le sue vetrerie d'arte e atelier di ceramiche. Affollata di negozietti e laboratori e turistica come quasi tutti i borghi della Costa Azzurra, ma sempre capace di offrire un piacevole pasto seduti al sole in piazza, anonimi angoli di poesia, pigri gatti e sculture en plein air di artisti in attesa di fama. (foto in basso Sophie Hustin: "J'y retourne" Bronzo)
E invece è bello e assolutamente non "troppo dotto"! Vivace e colto il giusto! Bac
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