Siete un po' imbranati come la sottoscritta?
Non avete dimestichezza con le moderne tecnologie?
Avete installati in casa linea fissa, telefono portatile e internet e tutto funziona?
Fermi lì, per amor del cielo, non toccate niente, non cambiate niente, lasciate tutto così com'è per l'eternità, il mio è un consiglio da vera amica.
Non è che pensassi a chissà quale rivoluzione, avevo semplicemente due contratti diversi, uno con Vodafone per il telefonino e uno con Telecom per il fisso e internet; in un momento di ordinaria follia ho pensato di razionalizzare il tutto con un unico gestore e mal me ne incolse, chi cambia contratto, chi cambia gestore è perduto, si ritrova in una bolgia dantesca, sono in ballo da due mesi e il tormentone non è ancora finito.
Non ho la stoffa del romanziere, ma vi assicuro che il materiale per riempire almeno cento pagine bianche ci sarebbe. Eppure inizialmente sembrava tutto così facile...due firmette e via andare.
Non mi sono potuta permettere, purtroppo, una segretaria per gestire il mio rapporto divenuto ormai esclusivo con Vodafone, forse avrei dovuto farne richiesta, perché è praticamente un lavoro a tempo pieno con una media di 10 messaggi e 5 telefonate al giorno più sette tecnici che si sono alternati al capezzale agonizzante del mio vecchio modem Telecom ADSL per installarmi la FIBRA OTTICA, aiuto... la FIBRA. La prima cosa terribile è che la raffica di messaggi ti tempesta di sim, codici segreti, possibili applicazioni e mille altre diavolerie di cui non capisco un acca; la seconda cosa terribile è che non solo il referente cambia ogni volta, ma non è abilitato a ricevere telefonate, può solo farle lui e se tu vuoi ricontattarlo, ti attacchi al tram. Terzo trauma è stato il corteo dei vari tecnici, ogni volta diversi che si sono succeduti. La visita durava in media 15 minuti, giusto il tempo di constatare che il telefono fisso non funzionava perché non arrivava la linea, che la FIBRA non si poteva installare in studio dove era ubicata quella precedente e di piazzarmela infine sul pavimento in sala sotto il divano. Già, la FIBRA, prima una cassetta nera, poi una bianca con tanto di nomi da Star Trek "power station" e "station revolution" sul parquet fra un groviglio di cavi, cavetti e fili elettrici manco fossimo alla Nasa.
Presi singolarmente, tutti carissimi ragazzi questi giovani che hanno sfilato per casa, età massima 25 anni, ma nell'insieme l'impressione di una armata Brancaleone con una gran fretta di stilare un rapportino e andarsene e poi ho capito il perché: lavorano per ditte in subappalto e sono retribuiti a intervento, una volta si diceva "a cottimo", più visite fai e più soldini guadagni, quindi toccata e fuga, né tempo né voglia di gestire il problema. Uno solo, un certo Nicolas, un po' incazzato ma competente e che ringrazio vivamente, si è preso la briga di restare due ore per mettermi finalmente tutto in funzione. A onor del vero, l'avevo minacciato: - chiudo la porta a chiave e non esci di qui fino a quando non mi metti tutto in funzione-, forse si è spaventato, non so, comunque sta di fatto che San Gennaro il miracolo l'ha fatto, la cornetta si è rimessa a trillare, le spie rosse del Modem sono diventate verdi e la "station revolution" è entrata in orbita .
A un certo punto l'ho intuito di essere diventata "un caso delicato", anche senza essere un gran manager è evidente che una pratica che dura due mesi con annessi e connessi non è redditizia, ma ne ho avuto la conferma quando, invece dei più svariati interlocutori, hanno iniziato a telefonarmi tutti i giorni sul portatile sempre due, sempre gli stessi, Marco da Milano e Dario da Lecce, i paladini di un tanto sospirato coordinamento. Lo so perché la frequentazione giornaliera seppur telefonica finisce per creare un rapporto, per favorire uno scambio meno asettico. Non conosco le specifiche competenze, ma credo siano addetti entrambi a gestire i casini, a risolvere le grane e quando non mi telefoneranno più un po' mi mancheranno, in fondo mi ci sono abituata, sono così gentili e vorrei invitarli a prendere un caffé da me.
Resto ancora un "grana" perché dopo i disguidi vari, tutto l'ambaradan tecnologico ora finalmente funzionante è piazzato in brutta mostra in sala, manco fosse un quadro di Modigliani da esibire mentre io lo vorrei nel mio studio dove è sempre stato, c'è un tavolino apposta accanto alla scrivania col computer. Mi dicono che l'impianto della FIBRA in camera non è possibile e io non riesco a capire: ma come, andiamo sulla luna e la FIBRA nel mio studio non ci può stare, solo in sala la FIBRA OTTICA, ma chi si crede di essere? E allora sai che c'è? C'è che la FIBRA non la voglio più e aspetto fiduciosa l'ultimo tecnico della serie perché mi ripristini l' ADSL al suo vecchio posto, quello giusto per lui e per me. Sissignore, rinuncio alla Ferrari dell'etere e mi riprendo la Topolino secondo il vecchio proverbio che chi va piano va sano e lontano. Ecco, scherzandoci sopra perché incazzarsi fa male alla salute, vi ho raccontato le mie ultime vicissitudini, non ero in giro per il mondo, ho solo avuto un incontro ravvicinato con la FIBRA.
Ma dove sono finiti la vecchia macchina da scrivere, penna e calamaio, i papiri, gli amanuensi e gli scribi, la scrittura cuneiforme sumerica su pietra e persino le incisioni rupestri dei primi uomini? Li ho rimpianti e alla faccia della modernità e della FIBRA, che bei tempi dovevano essere quelli.
sabato 21 aprile 2018
giovedì 5 aprile 2018
Blaye: il chiavistello della Gironda
I ragazzi hanno approfittato di sabato, l'unico giorno senza pioggia torrenziale, per portarmi a vedere due nuove località dei dintorni bordelesi, Bourg e Blaye, entrambe cittadelle fortificate, entrambe storiche località fluviali portuali sulla riva destra della Gironda, il più esteso estuario d'Europa, là dove la Dordogna e la Garonna si incontrano per sfociare nell'oceano. Direzione est, l'anno scorso siamo stati nel Périgord, direzione sud la scoperta di Hossegor nelle Lande e soprattutto i Paesi Baschi fra ottobre e novembre, mancava all'appello la direzione nord con il Médoc a ovest lungo la costa oceanica, che sarà la meta della prossima vacanza di qualche giorno e più modestamente il nord-est con questa gita di un giorno nei due borghi. Lungo il percorso ci accompagnano sempre distese infinite di campi coltivati a vite e il gigantesco estuario.
Come le case di tutta la regione e i palazzi di Bordeaux stessa, Bourg è fatto di un dedalo di stretti vicoli e di vecchie case di pietra da taglio (arenaria e granito) estratta fino al XX secolo dalle numerose cave dei dintorni, la rinomata "pierre de Bourg". Il suo porto sulla Dordogna che oggi ha solo vocazione turistica, è stato molto attivo nel Medio Evo per trasportare mercanzie quando la navigazione fluviale era ben più battuta delle strade. Vediamo lungo il fiume un castellotto, nel passato dimora vacanziera arcivescovile che adesso è più prosaicamente un ristorante, visitiamo il parco e ciò che resta dell'antica fortificazione del XVI secolo intorno al borgo che il Re Sole fece distruggere un secolo dopo come risposta punitiva nei confronti della Fronda, quel movimento di rivolta dell'aristocrazia francese contro la politica di Mazzarino e del potere centrale. Che tristezza, per i vicoli di Bourg non c'è davvero anima viva, nemmeno nella sua imponente chiesa neo-gotica di San Geronzio e meno male che Noam si diverte a correre sotto la tettoia della piazza del mercato.
Con le pittoresche casette per la pesca e le grandi reti sospese pronte ad essere gettate in acqua, è ricca di fascino "la route de la Corniche fleurie" che per una decina di chilometri da Bourg in direzione di Blaye costeggia il fiume. Credo sia un tipo di pesca cinese, ricordo di averne viste molte di questo genere in India nel porto di Cochin.
A Blaye c'è più animazione, forse perché l'immensa fortificazione di Vauban, come altri 13 progetti di questo grande ingegnere militare francese, rientra nei siti Patrimonio Unesco e sono in molti ad avere la curiosità di visitarli. Pare che fin dall'antichità il promontorio roccioso di Blaye, che domina l'estuario della Gironda, sia stato occupato da un campo militare romano, nel Medioevo poi al castrum subentrerà una prima fortificazione fino ad arrivare agli anni 1686-89 quando Vauban ne fa una vera e propria cittadella fortificata protetta da più mura come ad incastro. Altre due costruzioni fortificate, il Fort Pâté su un'isola in mezzo alla Gironda e il Fort Médoc sulla riva opposta, costituiranno, secondo i piani dello stratega Vauban, tre sentinelle allineate sull' estuario uniche nel loro genere, un sistema difensivo che verrà chiamato il "Verrou de l'estuaire", il chiavistello dell'estuario e i nemici da tener lontani sono soprattutto la flotta "angloise", ovvero inglese e olandese che in passato si era già spinta fino a Bordeaux.
Abbiamo fatto tutto il periplo interno ed è un'area vastissima, ben 33 ettari, proprio come quella cittadella che doveva essere in passato, spalti e cannoni che vedono lontano, costruzioni, strade, una delle quali si chiama "Avenue du 144° R.I. en Garnison à la Citadelle" perché dal 1874 al 1914 qui ci stava fisso di stanza un reggimento. La cittadella viene venduta dall'esercito a Blaye dopo la seconda guerra mondiale. Da allora si tenta di proteggere il sito e di restaurare tutte le costruzioni, fra cui quelle due torri che restano del castello medievale di Jaufré Rudel, famoso trovatore e cantore in lingua occitana dell'amor cortese. In estate si aprono per i visitatori botteghe artigiane e si fanno dimostrazioni di vecchi mestieri.
Come le case di tutta la regione e i palazzi di Bordeaux stessa, Bourg è fatto di un dedalo di stretti vicoli e di vecchie case di pietra da taglio (arenaria e granito) estratta fino al XX secolo dalle numerose cave dei dintorni, la rinomata "pierre de Bourg". Il suo porto sulla Dordogna che oggi ha solo vocazione turistica, è stato molto attivo nel Medio Evo per trasportare mercanzie quando la navigazione fluviale era ben più battuta delle strade. Vediamo lungo il fiume un castellotto, nel passato dimora vacanziera arcivescovile che adesso è più prosaicamente un ristorante, visitiamo il parco e ciò che resta dell'antica fortificazione del XVI secolo intorno al borgo che il Re Sole fece distruggere un secolo dopo come risposta punitiva nei confronti della Fronda, quel movimento di rivolta dell'aristocrazia francese contro la politica di Mazzarino e del potere centrale. Che tristezza, per i vicoli di Bourg non c'è davvero anima viva, nemmeno nella sua imponente chiesa neo-gotica di San Geronzio e meno male che Noam si diverte a correre sotto la tettoia della piazza del mercato.
Con le pittoresche casette per la pesca e le grandi reti sospese pronte ad essere gettate in acqua, è ricca di fascino "la route de la Corniche fleurie" che per una decina di chilometri da Bourg in direzione di Blaye costeggia il fiume. Credo sia un tipo di pesca cinese, ricordo di averne viste molte di questo genere in India nel porto di Cochin.
A Blaye c'è più animazione, forse perché l'immensa fortificazione di Vauban, come altri 13 progetti di questo grande ingegnere militare francese, rientra nei siti Patrimonio Unesco e sono in molti ad avere la curiosità di visitarli. Pare che fin dall'antichità il promontorio roccioso di Blaye, che domina l'estuario della Gironda, sia stato occupato da un campo militare romano, nel Medioevo poi al castrum subentrerà una prima fortificazione fino ad arrivare agli anni 1686-89 quando Vauban ne fa una vera e propria cittadella fortificata protetta da più mura come ad incastro. Altre due costruzioni fortificate, il Fort Pâté su un'isola in mezzo alla Gironda e il Fort Médoc sulla riva opposta, costituiranno, secondo i piani dello stratega Vauban, tre sentinelle allineate sull' estuario uniche nel loro genere, un sistema difensivo che verrà chiamato il "Verrou de l'estuaire", il chiavistello dell'estuario e i nemici da tener lontani sono soprattutto la flotta "angloise", ovvero inglese e olandese che in passato si era già spinta fino a Bordeaux.
Abbiamo fatto tutto il periplo interno ed è un'area vastissima, ben 33 ettari, proprio come quella cittadella che doveva essere in passato, spalti e cannoni che vedono lontano, costruzioni, strade, una delle quali si chiama "Avenue du 144° R.I. en Garnison à la Citadelle" perché dal 1874 al 1914 qui ci stava fisso di stanza un reggimento. La cittadella viene venduta dall'esercito a Blaye dopo la seconda guerra mondiale. Da allora si tenta di proteggere il sito e di restaurare tutte le costruzioni, fra cui quelle due torri che restano del castello medievale di Jaufré Rudel, famoso trovatore e cantore in lingua occitana dell'amor cortese. In estate si aprono per i visitatori botteghe artigiane e si fanno dimostrazioni di vecchi mestieri.
Per chi poi a Bordeaux volesse allenarsi alle scalate al coperto mentre fuori diluvia, ho l'indirizzo giusto. Credo fosse una vecchia fabbrica con annesso deposito, ma adesso, per grandi e piccini, propone pareti colorate su cui inerpicarsi. Noam si è cimentato alla grande, io comoda su una sedia a guardare, sic!
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