venerdì 27 dicembre 2019

Una riflessione per il 2020

Ho diversi amici psicanalisti e Massimo Recalcati non gode della simpatia e dell'approvazione di tutti, forse è diventato troppo guru, non so, ma hanno le loro riserve e non le sto a raccontare, anche perché non sono una addetta ai lavori ed è più opportuno che stia zitta. A me è molto piaciuto questo suo intervento televisivo e mi sembra proponga una riflessione attuale sempre e ancora di più in questi anni socialmente difficili.
A ognuno di noi il mio augurio di armarsi di piccozza e martello per incrinare i "nostri muri" interni ed esterni ed aspettare, con quella fiducia che non deve mai mancare,  il 2020 alle porte.



venerdì 20 dicembre 2019

Napoli passato e presente: dal Duomo al Madre

Come si fa ad andare a Napoli e non visitare "la casa" di San Gennaro, il venerato Santo Patrono della città che nel Duomo conserva le sue reliquie e che, dal 1389 secondo il primo testo documentato, tre volte all'anno compie il miracolo della liquefazione del suo sangue? In odore di santità, a dire il vero, a Partenope c'è qualcun altro che fa di nome Diego Armando Maradona, ma questa è un'altra storia e la racconterò in una prossima occasione. Sorto per volere di Carlo II d'Angiò nel 1272 e consacrato nel 1315, il Duomo è stato in gran parte distrutto da due terremoti fra la metà del '300 e il '500, il monumentale complesso attuale è quindi il risultato di più rifacimenti e svariate modifiche dei secoli successivi. Il positivo di questi due eventi catastrofici è che hanno reso indispensabili i superbi interventi rinascimentali e barocchi di cui stupiamo oggi. L'ultimo cambiamento in ordine di tempo è la facciata neogotica portata a termine nel primissimo '900.
Ma come spesso succede quando è una storia lunga di secoli e in particolare per i luoghi di culto religiosi che di frequente si sovrappongono, il Duomo non è la prima costruzione del sito dove lo aveva preceduto Santa Restituta, la Basilica paleocristiana del IV° secolo e.v. che, a sua volta, era sorta su resti Romani dell'antico tempio di Apollo, nume tutelare di Partenope; quando si dice la stratificazione della storia. Al tempo di Carlo II d'Angiò, l'edificazione della nuova grande cattedrale ha privato la basilica di Santa Restituta (martire berbera africana) della facciata esterna e  delle prime campate riducendola ad essere la terza magnifica cappella della navata sinistra dell'attuale Duomo. E le è andata ancora bene perché, benché ridotta, la chiesa tuttora esiste mentre non c'è più traccia della Basilica Santa Stefania edificatale accanto un secolo più tardi e andata completamente sacrificata  e distrutta. Nella  Cappella di Santa Maria del Principio (sempre nella Basilica di Santa Restituta)  è bellissimo il mosaico absidale del 1322 che rappresenta la Madonna seduta con in braccio il Cristo e con ai lati San Gennaro e Santa Restituta di Lello da Orvieto, pittore e mosaicista attivo fra Napoli e il Lazio nella prima metà del XIV° secolo.
 
Incredibile poi, nell'adiacente museo, scoprire la magnificenza del tesoro di San Gennaro che testimonia dell'incrollabile devozione religiosa dei napoletani e anche della loro spettacolare fantasia creativa; oggetti  di inestimabile fattura e valore salvati da saccheggi e spoliazioni e giunti intatti fino a noi. Leggo che l'arte orafa partenopea ha origini molto antiche conosciuta sin dai coloni greci e proseguita poi in epoca romana. Si va dalla  pisside  gemmata del 1831 donata da Re Ferdinando II di Borbone a quella in oro, corallo e malachite (creata a Torre del Greco insuperabile per il corallo) del 1931 offerta da Umberto II di Savoia, dalla portantina dorata usata per trasportare la statua del santo in processione nei giorni di pioggia  alla straordinaria mitria di fattura settecentesca. Il copricapo episcopale sarebbe tempestato di 3694 gemme, in maggioranza diamanti  e poi smeraldi e rubini, (immagino pesantuccia da portare in testa). Personalmente sono stata colpita dalla collana per il busto-reliquario del Santo, felice mix di alcuni gioielli già presenti nel Tesoro più altri che si sono aggiunti nei secoli successivi.  E' esposta una tabella con l'elenco delle pietre preziose e accanto il nome dei singoli donatori. Con tutte le dinastie reali di mezza Europa che hanno fatto per secoli la travagliata storia di Napoli, logicamente i donatori sono soprattutto re, regine e illustre nobiltà, ma non mancano, ed è la cosa più bella,  semplici devoti. 
Al primo piano del museo è  imperdibile la visita delle due sacrestie e dell'Antisacrestia  della Cappella del Tesoro di San Gennaro, semplicemente FAVOLOSO. Nella Sacrestia dell'Immacolata e nella Sacrestia Nuova è un tripudio di ex-voto, di marmi pregiati e di stucchi ma soprattutto degli affreschi vivi e cangianti di quel secentesco Luca Giordano reso famoso dal suo capolavoro, ovvero la Cappella San Severo. Iniziata lo scorso novembre e fino al 20 gennaio 2020 ho visto che al parigino Petit Palais si tiene per la prima volta in Francia una retrospettiva dedicata all'artista con la mostra "Luca Giordano (1634-1705). Le triomphe de la peinture napolitaine". E' certamente l'attuale bravissimo direttore francese del museo di Capodimonte l'artefice di questo rinnovato interesse d'oltralpe per le nostre bellezze. 
Basta fare circa 400 metri a piedi lungo via Duomo ed ecco, girando un angolo a destra, il Madre, il museo d'Arte Contemporanea. Mi rendo conto che passare da ori, argenti, marmi, stucchi, putti, santi e Madonne all'ingresso con la coloratissima installazione " Axer/ désaxer" di pannelli a specchio dell'artista  concettuale Daniel Buren,  dagli affreschi che ricoprono pareti e soffitti  al rigore di stanze con i muri asetticamente bianchi, dalle opulenze rinascimentali e barocche  alla scabra essenzialità del contemporaneo,  può fare l'effetto di un pugno in pancia, ma mi piacciono i contrasti e soprattutto la totale libertà espressiva di cui  gli artisti cominciano a godere solo nella modernità.  Qualcosa di antico comunque è presente anche al Madre ed è l'ottocentesco Palazzo Donnaregina che ospita le collezioni,  restaurato e adibito a museo su progetto dell'architetto portoghese Siza Vieira.   
Sfilano al primo piano opere ed istallazioni di artisti, alcuni li conosco e li riconosco, altri nomi mi giungono nuovi come del resto le loro opere.  Michelangelo Pistoletto ( "Venere di stracci" 1967),  Léa Lublin ( "Senza titolo" 1977 acrilico su tela), Jannis Kounellis ( "Senza titolo" 2005 tecnica mista), Joseph Beuys ( "Casa Orlandi" 1971 serigrafia su pellicola - "La rivoluzione siamo noi" 1971 copia eliografica ),  Yeesookiung: (Whisper only to you" Christian Leperino ("L'altro me stesso" 2014 gesso), Yeesookyung ("Translated Vase 2018 TVG 3" frammenti di ceramica, epossido, foglia d'oro), Mimmo Paladino ("Senza titolo" 2015).
Sempre difficile orientarsi nell'arte contemporanea,  alcune opere non le capisco e non le so apprezzare, però mi è piaciuto molto il lavoro di Paul Thorel "Passaggio della Vittoria" del 2016 mosaico in grès porcellanato e smaltato, fatto di 1.832.400 tessere. Per la conoscenza dell'artista e la presentazione della sua installazione propongo questo link:  http://www.madrenapoli.it/collezione/paul-thorel/













lunedì 16 dicembre 2019

La reggia di Caserta e Casertavecchia

Mi è sempre piaciuto l'inaspettato e di feste a sorpresa per gli altri nel corso degli anni ne ho organizzate a bizzeffe, davvero tante, per i figli, la famiglia, per amici cari, ma quando si trattava di me, allergica alle feste comandate, ho sempre preferito tagliar la corda, farmi un bel viaggio per esempio. Una bellissima sorpresa una volta l'ho avuta anch'io per la verità, quando per i 60 anni entrambi i miei ragazzi mi hanno inaspettatamente raggiunta a Tel-Aviv e abbiamo trascorso una settimana  insieme andandocene in giro per il paese, se ci penso mi commuovo ancora. E' stato un dono stupendo, una settimana del loro preziosissimo tempo tutta dedicata a me, per noi insieme. Il tempo passa e le situazioni pure, adesso hanno anche loro famiglia, figli, responsabilità e io, gli anni che avanzano vorrei fermarli, altro che festeggiarli con le candeline che sulla torta non ci starebbero nemmeno . Un regalone comunque me lo sono fatta da sola, e che regalo, nientepopodimeno che la Reggia di Caserta. Sissignore, per il mio compleanno ho realizzato uno dei miei tanti sogni nel cassetto, la visita della Versailles di casa nostra che non ha davvero niente da invidiare a quella d'oltralpe, così spettacolare che di più non si può. 
        
Facilissimo andarci, a Napoli si prende il treno alla stazione Garibaldi e in 45 minuti si è arrivati. La Reggia è proprio accanto alle rotaie. Vista la giornata, come prima cosa ci siamo fiondate a visitare i giardini e per chi vuole risparmiare le forze, non c'è bisogno di farsi a piedi gli oltre 3 chilometri del viale centrale, è messa a disposizione una navette.  Il parco reale come del resto la Reggia è stato progettato  da Luigi Vanvitelli e si ispira ai giardini dei grandi palazzi del tempo in una felice sintesi fra la tradizione del giardino rinascimentale italiano e le nuove soluzioni introdotte dal celeberrimo André Le Nôtre, il demiurgo del giardino di Versailles. La strepitosa panoramica dei giardini che sembrano perdersi nell'infinito viene definita dal Vanvitelli, "effetto cannocchiale" ottenuto grazie al lunghissimo dritto viale che dalla Reggia si dilata fino al termine del parco. L'acqua viene fornita dall'Acquedotto Carolino fatto costruire ad hoc a partire dal 1753 in concomitanza con i lavori del giardino. L'Acquedotto, prodigio di ingegneria idraulica, è una limitrofa struttura di 38 chilometri che non alimenta solo le piscine, le fontane, la Reggia, ma anche Caserta, il vicino comune di San  Leucio, dove Carlo di Borbone aveva fatto creare una manifattura di seta, le fattorie del territorio e  Napoli stessa, migliorandone l'approvvigionamento idrico. 
Ho insistito con le foto delle arcate esterne alla reggia e dell'ingresso per dare l'idea della magnificenza e della grandiosità del luogo. Non si è ancora all'interno, ma guardandosi intorno, salendo quelle scale, ci si sente subito proiettati in un posto d'eccezione. Come giustamente sottolinea il sito ufficiale, lo Scalone d'onore è il biglietto da visita della Reggia, dà immediatamente la misura della lungimirante, grandiosa visione del Vanvitelli, perfetta sintesi di classicismo e di scenografia teatrale barocca. Se non vado errata il verbo molto in voga dell'epoca è "stupire", come molto più modestamente, s'intende, vorranno fare in Lombardia lungo il Naviglio Grande e la Martesana le nostre cosiddette "ville di delizia", per non parlare della bellissima villa reale di Monza, anche lei "villa di delizia" concepita come residenza di campagna per l'arciduca Ferdinando d'Asburgo. http://www.saranathan.it/2011/03/bellitalia.html
Non mi sogno lontanamente di mettermi a descrivere e commentare quanto si dipana alla vista: sale, saloni, gli appartamenti reali privati, la Real Cappella, la biblioteca, la sala del trono, tappezzerie, sculture, arredi, affreschi, quadri, mobili, stucchi, un patrimonio inestimabile di straordinari saperi architettonici, artistici e artigianali, dovrei studiare una vita e scrivere 10 volumi e poi ci sono siti documentatissimi in proposito. Mi limito a qualche cenno storico giusto per contestualizzare il palazzo commissionato dal re di Napoli Carlo di Borbone a Luigi Vanvitelli  con l'ordine che fosse uno dei più belli d' Europa e in grado di rivaleggiare con Versailles e siamo a metà '700.  Comprensibilmente i lavori sono durati diversi anni con alcuni dettagli incompiuti perché nel 1759 Carlo di Borbone sale al trono di Spagna e lascia Napoli per Madrid. La Reggia vedrà come "inquilini" Gioacchino Murat, (cognato di Napoleone Bonaparte avendone sposato la sorella Carolina) durante la breve parentesi napoleonica (1806-1815)  e con la Restaurazione sancita dal Congresso di Vienna, nuovamente la dinastia dei Borbone.  Leggo che la reggia dispone di 1200 stanze, 1742 finestre, 1026 camini e 34 scale, giusto bene come residenza di caccia dei re borbonici che si sono succeduti e che ne hanno segnato la decadenza. Incorporato nel 1860 nell'appena nato Regno d'Italia, il palazzo verrà  usato occasionalmente da alcuni membri di casa Savoia fino a quando Vittorio Emanuele III non lo cederà allo stato italiano nel 1919.
Francesco Guardi: Venezia. Una veduta di Santa Maria della Salute con la Punta della Dogana   Canaletto: Venezia. Veduta del molo verso ovest con Palazzo Ducale e Santa Maria della Salute.

Erano le 6 e mezza di sera, avevamo finito il nostro periplo, ma tornando alla stazione abbiamo guardato a che ora partiva l'ultimo treno per Napoli, le 22. C'era il tempo  per fare una scappata e cenare pure a Casertavecchia, l'antico borgo medievale su in collina a una quindicina di chilometri. All'andata ci avevano raccomandato di farlo i nostri vicini di carrozza; da queste parti e, mi piace tanto, treno o metro sono come dei salotti, la gente ti parla, ti racconta, ti dà consigli.  Detto fatto ci siamo messe d'accordo con un taxista, ci avrebbe accompagnate e tornate a prendere alle 9. Il primo regalo di Casertavecchia è stato il suo tramonto che domina la vallata. 
Casertavecchia, circondata dai monti Tifatini, adagiata sul pendio del monte Virgo a 400 metri di altezza, è il vero cuore di Caserta. Le sue origini sono longobarde, dallo scritto di un monaco benedettino si apprende che già nell'861 esisteva questo villaggio d'altura. Quando nell' 841 i saraceni distruggono  l'antica Capua, i superstiti cercano rifugio fra le colline circostanti, fra cui Casa Irta, ovvero Casertavecchia. Con l'arrivo di tanti nuclei familiari il luogo diventa d'interesse anche per la Chiesa che vi trasferisce la sede vescovile. Vari conti e signori si alterneranno nel governo della cittadella, ma nel XVI° secolo, il loro trasferimento nella città nuova in pianura, seguiti anche dall'istituzione ecclesiale, segnerà la progressiva decadenza del borgo. Nel 1970 Casertavecchia viene scelta da Pasolini per girare alcune scene del "Decamerone" e da allora il borgo ha iniziato un percorso di rivalorizzazione culturale e mi viene da pensare alla splendida Matera, altro luogo dimenticato e "riscoperto" grazie al poeta, scrittore, regista. 
Ho iniziato e chiudo questo post con la Reggia di Caserta, con il sole del mattino e con le luci della notte.