« Stasera
avrei potuto raggiungere Verona, ma mi sarei lasciato sfuggire una
meraviglia della natura, uno spettacolo incantevole, il lago di
Garda ; non ho voluto perderlo, e sono stato magnificamente
ricompensato di tale diversione »
scriveva Goethe nel suo « Viaggio in Italia » nel
settembre del 1786. Da Rovereto infatti si era diretto a Torbole e
poi a Malcesine. Qui l’aveva affascinato il Castello Scaligero e
tirati fuori colori e cavalletto aveva iniziato a fare degli schizzi
suscitando intorno a lui il sospetto di essere una spia austriaca.
Capitava anche allora di finire in prigione senza aver fatto nulla,
per fortuna lo scrittore se la cavò in fretta, spiegando il
malinteso, ritrovò la sua libertà.
E’
la gita sul traghetto da Gargnano a Limone e la sosta mediana a
Malcesine che mi fa tirar fuori dai cassetti della memoria lontani
ricordi letterari liceali. « Kennst
du das Land, ….wo die Zitronen bluehn…..Kennst du es wohl ?
Dahin ! Dahin moecht’ich mit dir, O mein Geliebter,
ziehn…..Conosci
tu forse il paese dove fioriscono i limoni ? Lo conosci ?
Laggiù ! Laggiù ! O amato mio, con te vorrei andare…..
Era « Mignon », studiata all’epoca a memoria come
didatticamente si usava. E il paese di cui vagheggia il poeta è
proprio quello che scivola sull’acqua e davanti agli occhi :
tripudio di bouganville in
fiore e capperi spontanei negli anfratti delle pietre, limoni e cedri
dal profumo e dal giallo intenso, l’architettura così particolare
delle limonaie, austere cattedrali ormai in disuso, Sagrade Familie
incompiute, che
come sentinelle di cemento grigio caratterizzano tutto il territorio
a ricordare la storia e l’economia passata di questo angolo di
mondo.
E
quale significato attribuire a quel « dorthin » ? Un
« laggiù reale inondato di sole che certo manca nei brumosi e
freddi cieli del nord tedesco ? L’armoniosa classicità di
vecchie pietre di un mondo greco-latino di cui l’umanista Goethe va
ghiottamente alla ricerca ? O forse, lavorando di fantasia, si potrebbe trattare
di nostalgia, « Sehnsucht » traduce il tedesco con una
bellissima parola, nostalgia di un « laggiù » che non
esiste in nessuna carta geografica, un « laggiù »
ideale, vago e indefinibile, aspirazione e rifugio dell’io
profondo, quello più segreto e misterioso.
L’anima
di ogni poeta è sempre in ricerca e a quel « dorthin »
farà eco un secolo più tardi, a fine ‘800, il « là-bas » dell’ermetico francese Mallarmé che, guarda le coincidenze, ho
studiato proprio a Gargnano dove l’Università Statale di Milano, a
Villa Feltrinelli, aveva una sede staccata. In « Brise Marine »
il poeta dice…. »La
chair est triste, hélas ! Et j’ai lu tous les livres. Fuir !
Là-bas fuir….. »Un
nuovo "laggiù" velato di disperazione che assomiglia più a un abisso perché il mestiere di vivere è
duro ? Oppure sempre quello stesso insopprimibile anelito verso
un mitico, onirico « laggiù » pieno di promesse ? Chi lo sa, forse poi non
tanto mitico, forse non così impossibile, in fondo il Doganiere
Rousseau nella « Charmeuse des serpents » il suo Eden se l’è
dipinto, Gauguin e Jacques Brel sembrano averlo trovato per davvero alle
isole Marchesi. Ricordi e pensieri vagabondi a filo dell'acqua, accontentiamoci del vaporetto che va e del superbo Benaco che già è un gran dono.
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