venerdì 16 agosto 2019

note benacensi


« Stasera avrei potuto raggiungere Verona, ma mi sarei lasciato sfuggire una meraviglia della natura, uno spettacolo incantevole, il lago di Garda ; non ho voluto perderlo, e sono stato magnificamente ricompensato di tale diversione » scriveva Goethe nel suo « Viaggio in Italia » nel settembre del 1786. Da Rovereto infatti si era diretto a Torbole e poi a Malcesine. Qui l’aveva affascinato il Castello Scaligero e tirati fuori colori e cavalletto aveva iniziato a fare degli schizzi suscitando intorno a lui il sospetto di essere una spia austriaca. Capitava anche allora di finire in prigione senza aver fatto nulla, per fortuna lo scrittore se la cavò in fretta, spiegando il malinteso, ritrovò la sua libertà.

E’ la gita sul traghetto da Gargnano a Limone e la sosta mediana a Malcesine che mi fa tirar fuori dai cassetti della memoria lontani ricordi letterari liceali. « Kennst du das Land, ….wo die Zitronen bluehn…..Kennst du es wohl ? Dahin ! Dahin moecht’ich mit dir, O mein Geliebter, ziehn…..Conosci tu forse il paese dove fioriscono i limoni ? Lo conosci ? Laggiù ! Laggiù ! O amato mio, con te vorrei andare….. Era « Mignon », studiata all’epoca a memoria come didatticamente si usava. E il paese di cui vagheggia il poeta è proprio quello che scivola sull’acqua e davanti agli occhi : tripudio di bouganville in fiore e capperi spontanei negli anfratti delle pietre, limoni e cedri dal profumo e dal giallo intenso, l’architettura così particolare delle limonaie, austere cattedrali ormai in disuso, Sagrade Familie incompiute, che come sentinelle di cemento grigio caratterizzano tutto il territorio a ricordare la storia e l’economia passata di questo angolo di mondo.

E quale significato attribuire a quel « dorthin » ? Un « laggiù reale inondato di sole che certo manca nei brumosi e freddi cieli del nord tedesco ? L’armoniosa classicità di vecchie pietre di un mondo greco-latino di cui l’umanista Goethe va ghiottamente alla ricerca ? O forse, lavorando di fantasia, si potrebbe trattare di nostalgia, « Sehnsucht » traduce il tedesco con una bellissima parola, nostalgia di un « laggiù » che non esiste in nessuna carta geografica, un « laggiù » ideale, vago e indefinibile, aspirazione e rifugio dell’io profondo, quello più segreto e misterioso.
                                                                                 

L’anima di ogni poeta è sempre in ricerca e a quel « dorthin » farà eco un secolo più tardi, a fine ‘800, il « là-bas » dell’ermetico francese Mallarmé che, guarda le coincidenze, ho studiato proprio a Gargnano dove l’Università Statale di Milano, a Villa Feltrinelli, aveva una sede staccata. In « Brise Marine » il poeta dice…. »La chair est triste, hélas ! Et j’ai lu tous les livres. Fuir ! Là-bas fuir….. »Un nuovo "laggiù" velato di disperazione che assomiglia più a un abisso perché il mestiere di vivere è duro ? Oppure sempre quello stesso insopprimibile anelito verso un mitico, onirico « laggiù » pieno di promesse ? Chi lo sa, forse poi non tanto mitico, forse non così impossibile, in fondo il Doganiere Rousseau nella « Charmeuse des serpents » il suo Eden se l’è dipinto, Gauguin e Jacques Brel sembrano averlo trovato per davvero alle isole Marchesi. Ricordi e pensieri vagabondi a filo dell'acqua, accontentiamoci del vaporetto che va e del superbo Benaco che già è un gran dono.  




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