Sarà anche super turistico e banale, ma come essere a New Orleans senza salire sul mitico battello? Dove lo mettiamo l'immaginario collettivo? Certo, come spesso succede, la realtà non corrisponde alle aspettative della fantasia e il giro di qualche ora lungo il grande Mississippi non è stato così entusiasmante come avevo vagheggiato. Moderna la zona dell'imbarcadero, bello il barcone con la ruota a pala perfettamente rispondente alle immagini che siamo stati abituati a vedere, ma sono le sponde del fiume nei dintorni della città a non comunicarmi particolari emozioni, da un lato i grattacieli della moderna New Orleans, dall'altra cantieri navali e un vecchio zuccherificio, il Domino Sugar, totalmente in disarmo che sta a ricordare, con la lavorazione del cotone, l'altra redditizia attività economica del periodo coloniale e schiavista.
Durante il tragitto sul fiume era prevista una sosta al Chalmette Battlefield, un'area che fa parte del Jean Lafitte National Historical Park and Preserve. E' il sito dove si è svolta la cosiddetta battaglia di New Orleans nel gennaio 1815, l'ultimo atto della guerra che per tre anni, a partire dal 1812, ha visto contrapporsi in campi avversi americani e inglesi. Un mese dopo, nel febbraio 1815, la ratifica da parte del Congresso Americano del Trattato di Gand sancirà definitivamente il controllo degli Stati Uniti sul fiume Mississippi, sullo strategico porto di New Orleans e sui territori della Louisiana e della Florida. Finite una volta per tutte le rivendicazioni coloniali degli stati europei (gli inglesi avevano sempre sostenuto che l'acquisto statunitense della regione, il Louisiana Purchase del 1803, fosse illegittimo). Questa battaglia, non ingente per il numero di forze sul terreno, ha però assunto un grande significato simbolico nella storia americana, la resistenza e la vittoria a stelle e strisce contro ogni ingerenza straniera ed ha segnato anche l'inarrestabile ascesa politica del comandante delle forze americane sul campo Andrew Jackson, celebrato come eroe nazionale e futuro presidente degli Stati Uniti nel 1829. La foto mostra la villa ad arcate di ispirazione greca Malus-Beauregard, dai nomi dei primi e degli ultimi proprietari che hanno abitato la magione costruita negli anni '30 sul sito della battaglia, prima che tutta l'area divenisse patrimonio storico nazionale.
E dai campi insanguinati della Storia passo senza colpo ferire alla religione, sissignore, la religione voodoo, una religione dai caratteri sincretici e fortemente esoterici, africana all'origine e poi, via la tratta degli schiavi, approdata in America (da Vodu, termine africano che letteralmente significa "spirito", "segno del profondo"). A dire il vero zombi, scheletri e teschi fanno parte integrante del panorama cittadino e si ritrovano simpaticamente agghindati in ogni foggia e nelle più svariate situazioni nelle vetrine del French Quartier, ma questo è solo business, lo sfruttamento mercantile di simboli e stereotipi. Il nipote David, invece, aveva la curiosità di saperne di più e ci ha portati al 724 di Dumaine street per visitare il Museo del Voodoo. Chiamarlo museo è una parola grossa, diciamo che si trattava di un appartamento poco illuminato, forse per creare l'atmosfera un po' misteriosa e magica, alcune stanze polverose e sovraccariche dove si alternavano immagini, santini, altarini, bambole, sculture africane, strani talismani, ex-voto, un bric-a brac composito che potrebbe fungere da primo approccio ravvicinato dell'universo voodoo.
Per profonda ignoranza e superficialità, l'occidente ha spesso interpretato i riti voodoo solo come stregoneria, nefasta manifestazione di magia nera, ma si tratta di un'irrispettosa semplificazione, come sempre la realtà è molto più complessa e articolata. Nell'incontro fra credenze, riti ancestrali e tradizioni orali secolari di varie etnie africane con le diverse spiritualità locali dei paesi di approdo e con l'imposizione della conversione cristiana da parte dei colonizzatori, risulta inevitabile il formarsi di sincretismi religiosi. Nel suo drammatico percorso in catene lo schiavo africano non ha portato con se le valigie, ma la sua storia e l'ha integrata con la storia dei nuovi paesi in cui si è trovato costretto a vivere e con la religione dei "padroni". A Cuba e in particolare a Santiago, per esempio, era questione di Santeria. http://www.saranathan.it/2010/03/santiago-de-cuba-barbaro.html
Non me la sento di avventurarmi a scrivere di terreni che non conosco, propongo due link che mi sono sembrati sinteticamente chiari per delle informazioni di base e mi limito a mostrare le bambole voodoo del museo. Nella panoplia generale, ho avuto piacere di incontrare anche Santo Espedito, molto amato in Brasile, che mi ha fatto conoscere anni fa il mio amico Simone suo grande devoto. Espedito, come dice il suo nome, è un santo molto attivo e intraprendente, leggo che a New Orleans è il più invocato e ci si rivolge a lui per tutti i piccoli problemi del vivere quotidiano. Per finire questo post mostro una scultura vista in una galleria d'arte in Bourbon street. Non so chi rappresenti e chi ne sia l'autore, ma la trovo davvero bellissima.
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